E una dashboard non basta per stanare i colli di bottiglia applicativi, parola di Rick McConnell, CEO di Dynatrace.
Autore: Valerio Mariani
C’è il Gartner Magic Quadrant for Application Performance Monitoring and Observability che da qualche anno vede Dynatrace primeggiare. È stata un’ascesa veloce che, nel 2023, posiziona l’azienda – americana di adozione – lassù in alto tra i leader a diverse lunghezze dai concorrenti.
Durante il suo incontro con la stampa italiana, Rick McConnell non ha contenuto l’entusiasmo: “in un mercato, quello dell’APM (Application Performance Monitoring), che vale circa 50 miliardi di dollari, Dynatrace oggi fattura 1,5 miliardi di dollari e ha l’obiettivo di un raddoppio in pochi anni”. Un raddoppio di fatturato possibile visto che, sempre secondo i dati dichiarati di McConnell, il tasso di crescita dell’azienda dal 2022 al 2023 è stato del 20%.
Nel quadrante magico in cui Gartner riunisce sotto lo stesso cappello i vendor che propongono monitoraggio e chi, come Dynatrace, va oltre e propone osservabilità giocando quasi un’altra partita, perché, come chiarisce il CEO, monitoraggio non è osservabilità. “La diffusione del cloud ha portato a un enorme incremento della complessità delle architetture applicative – spiega McConnell – e a un’esplosione di dati da gestire. Per questo diventa sempre più necessario per le aziende clienti avere uno strumento di APM. Perché oggi i problemi sulle performance applicative possono giungere da infinite fonti: un firmware, righe di codice non chiaramente imputabili, librerie open source”.
In questo contesto così complesso il “monitoring” della classica dashboard non è sufficiente: “Le dashboard forniscono una prospettiva di come funziona l’architettura software – spiega ancora il CEO di Dynatrace -, ma non individuano realmente il problema, richiedendo un intervento umano particolarmente oneroso in termini di tempo e di risorse impegnate”.
Una soluzione di osservabilità, come Dynatrace e poche altre, non solo individua puntualmente il problema ma suggerisce le attività per la risoluzione immediata, fino a, con l’aiuto della onnipresente Intelligenza Artificiale, correggere automaticamente, in prospettiva ed entro certi limiti. “Dynatrace è una piattaforma di osservabilità end-to-end – prosegue McConnell – capace di agire sull’intera infrastruttura distribuita”, e questo è un altro grande differenziale della piattaforma. Inoltre, va da sé che osservare e intervenire è un bene, anche in termini di sicurezza. Se, infatti, le applicazioni risultano gruviere per i cybercriminali, va da sé che un servizio di APM può dimostrarsi efficace e utile anche nell’individuare le falle di sicurezza.
Dynatrace, segnala sempre il manager, è in grado di fornire il proprio contributo alle risposte che si attendono le grandi aziende: come si fa a incrementare le entrate più velocemente? Come si fa a risparmiare sui costi? Come si fa ad aumentare la produttività e a perseguire l'innovazione? Con uno strumento che agisce sulla componente tecnologica primaria per un’organizzazione, il software, promettendo di stanare i colli di bottiglia risparmiando su tempi e costi, snellendo i processi grazie a un’architettura performante e, soprattutto, evitando perdite di fatturato.
Già perché il software nella sua globalità oggi è direttamente responsabile di un’entrata perduta. Perché all’interno di un contesto applicativo sbrigativamente liquidato con il termine “software” ci sono, per esempio, le piattaforme di ecommerce. Così, diventa ancora più stretto il legame tra software e business. Negli anni le aziende hanno compreso che a un blocco dei sistemi di produzione governati dal software, o degli applicativi per l’amministrazione, per la logistica, per il CRM o per la gestione delle attività corrisponde una perdita di fatturato, forse recuperabile con un’accelerazione successiva al ripristino. Ma, in un mondo di servizi applicativi di interazione diretta con il cliente, non ci si ferma solo a questo: le applicazioni reputabili mission critical sono sempre di più.
“Parlando con i responsabili di una grande compagnia aerea – ricorda McConnell -, mi è stato ricordato che, quando qualcosa si rompe, non solo gli aerei non decollano, ma diventa impossibile acquistare i biglietti e i clienti possono non riuscire ad avere supporto. In quel caso il cliente poteva anche coinvolgere 100 risorse sull’attività, un effort esagerato in termini di tempi di risoluzione e di costi”.
L’approccio all’APM di Dynatrace si basa su una serie di tecnologie core. C’è OneAgent, che automatizza il monitoraggio dell’intero stack applicativo e c’è Smartscape che si occupa di fornire una mappatura automatica dell’architettura applicativa. C’è AppEngine per la realizzazione di app personalizzate e c’è AutomationEngine per l’automazione nella gestione del software.
Ma, soprattutto, ci sono Grail e Davis AI. Grail è la piattaforma di analisi dati istantanea basata sull’AI. Grail lavora su un unico Datastore che raccoglie e conserva tutti i dati raccolti dalle attività applicative. “In questo modo – prosegue il manager – possiamo fornire indicazioni specifiche su dove potrebbero verificarsi problemi, fornendo una prima accelerazione alla correzione dei problemi e lavorando, dunque, secondo un’ottica preventiva”.
In particolare, successivamente al raggruppamento delle informazioni si procede all’analisi dell’archivio dati sottostante, in modo da individuare rapidamente i problemi. “Per questo ci viene in aiuto l’AI ipermodale (Davis AI) – prosegue McConnell – che raggruppa tre tecniche di intelligenza artificiale: la causale, quella predittiva e l’AI generativa. E Dynatrace utilizza le prime due da più di un decennio”.
L’AI causale esegue l'analisi della causa principale utilizzando miliardi di punti dati per risalire alla causa dell’errore che si è manifestato. L'AI previsionale, evidentemente, ha l’obiettivo di prevedere le problematiche e l’ultima arrivata, la generativa, fornisce un'interfaccia in linguaggio naturale per l’interazione con la piattaforma ed “estende l'ambiente di analisi a una matrice più ampia”.
Tutto ciò è il vero fattore differenziante di Dynatrace: “fornire non solo dashboard, non solo dati, ma risposte da quei dati che ti permettano di essere molto più efficace nell'esecuzione del tuo ambiente software”.
Un approccio di questo tipo, segnala McConnell ha permesso a BT, British Telecom, di ridurre del 50% i blocchi e del 90% il tempo medio di riparazione per arrivare a ben 28 milioni di sterline di risparmi sui costi in tre anni. Niente male, insomma.
Gli accordi con i maggiori hyperscaler, l’ultimo con Google Cloud, che pure forniscono strumenti di monitoraggio e appaiono nel fatidico quadrante Gartner, dimostrano implicitamente che ciò che hanno in casa non è sufficiente. “Di fronte al rischio di blocchi di software mission critical – afferma il CEO di Dynatrace – e in ambienti di diversa natura oltre al cloud pubblico, Dynatrace si dimostra decisamente più adeguato delle pure soluzioni di monitoraggio che si fermano a un ambiente solo”.
In definitiva, Dynatrace si indirizza esclusivamente alle grandi aziende Fortune 500, non vede particolarmente attraente il mondo PMI e si attende una conversione verso l’osservabilità, grazie all’AI, che in breve elimini il termine “monitoraggio” dal quadrante Gartner di cui sopra. “Nel prossimo futuro vedo una maggiore accessibilità nella gestione dell’offerta Dynatrace – conclude McConnell – grazie all’AI generativa. Vedo un coinvolgimento sempre maggiore nelle attività di protezione dagli attacchi alle applicazioni e, infine, vedo una crescita di interesse sui moduli specifici per il monitoraggio delle attività degli utenti e, dunque, sull’analisi dei log delle applicazioni e sulla reazione automatica in tempo reale alle anomalie, sempre grazie agli strumenti di interpretazione e automazione possibili forniti dall’AI”.