Nutanix: come si semplifica il cloud-native

Non c'è vero cloud senza applicazioni cloud-native: Nutanix vuole semplificare l'adozione di questo modello e traguarda un futuro di infrastructure-as-code.

Autore: Redazione ImpresaCity

Se si confronta la Nutanix di oggi con quella che, dieci anni fa, faceva notizia entrando con decisione in un mercato - quello della virtualizzazione - che sembrava di fatto chiuso, si notano ovviamente molte differenze ma anche un fil rouge distintivo fondamentale. Oggi come allora, l'obiettivo "macro" di Nutanix è permettere ai suoi utenti di gestire e collocare dove e come meglio credono i propri workload, astraendosi quanto possibile dall'infrastruttura.

Chiaramente sono molto cambiati i modi in cui si può raggiungere questo obiettivo. Dieci anni fa Nutanix ha messo in discussione il predominio delle soluzioni VMware, oggi invece deve giocare su più tavoli tecnologici perché tra virtualizzazione, containerizzazione, cloud-native e quant'altro, è la tecnologia collegata all'infrastruttura IT che si è fatta essa stessa molto più articolata che in passato.

Questo metaforico giocare su più tavoli si è visto chiaramente all'evento Nutanix .Next di Barcellona dello scorso maggio, dove la società americana ha presentato - oltre ai frutti di importanti alleanze tecnologiche - diverse novità che rientrano tutte in una stessa visione omogenea della modernizzazione delle architetture IT, visione che è anche già proiettata verso un futuro basato completamente sul modello cloud-native e su tutta l'elasticità che questo potrà offrire con gli sviluppi che man mano lo caratterizzeranno.

Aiuta Nutanix anche il fatto che il tema della virtualizzazione sia passato di nuovo in primo piano per le note vicende di mercato riguardanti VMware. Il passaggio a Broadcom quantomeno ha spinto molti CIO a rimettere in discussione implementazioni di virtualizzazione anche consolidate, facendoli ragionare sia su opzioni alternative, sia sull'appeal di un passaggio più rapido al cloud-native.

Da parte sua, Nutanix è stata sempre piuttosto "agnostica" riguardo l'hypervisor da usare in ambienti di virtualizzazione e iperconvergenza. Ha il suo - AHV - ma supporta anche i principali altri. "Per noi - spiega Christian Turcati, Senior Director, Systems Engineering Southern & Central Europe di Nutanix - l'hypervisor sta diventando, se non è già diventato, una commodity. Il nostro messaggio è sempre stato che stiamo vivendo un grande periodo di transizione, in cui avremo bisogno del concetto della macchina virtuale ancora per molti anni, ma il futuro è quello dei container e delle applicazioni cloud-native. Non necessariamente nel public cloud ma come modello di sviluppo".

Premesso questo, ogni azienda ha tempi e modi (e budget) tutti propri per avvicinarsi al cloud-native, per cui più possibilità di implementare le nuove tecnologie le si offrono, meglio è. Specie in questa fase imprevedibilmente "fluida" del mercato. Così Nutanix ha pensato bene di potenziare AHV con nuove opzioni di implementazione (in particolare per ora su hardware Cisco, ma in futuro non solo) e nuove funzioni (specie lato cybersecurity e business continuity). E poi di offrire la possibilità di modernizzare le infrastrutture IT d'impresa usando tecnologia Nutanix ma anche riusando server già presenti in azienda.

La strada verso il cloud-native

Irrobustire AHV e le sue opzioni ha un senso ben preciso: renderlo più appetibile per gli utenti enterprise che stanno ora facendo nuove scelte sul futuro della loro IT. Chi non ha fretta di passare al cloud-native apprezzerà una maggiore "feature parity" con il mondo VMware, per gli altri si aprono comunque scenari in cui la modernizzazione applicativa diventa meno complicata.

Quanto la transizione al modello cloud stia accelerando o rallentando, poi, è difficile dirlo. L'impressione è che si sia mediamente compreso che il cloud senza sviluppo cloud-native è un vantaggio sino a un certo punto, il che spiega anche perché diverse aziende hanno ridotto o cancellato il loro impegno iniziale verso il cloud. Certo il cloud-native un po' spaventa, anche perché le piattaforme fondanti del nuovo modello applicativo non sono mai banali.

Va valutata in quest'ottica un'altra novità di Nutanix: la Nutanix Kubernetes Platform (NKP). L'idea di fondo della NKP è che la gestione degli ambienti cloud-native non viene risolta solo da Kubernetes in quanto componente di orchestration: bisogna circondarlo con una gamma ampia di altri componenti e servizi di livello enterprise che da un lato lo semplificano e dall'altro lo completano per aspetti che spaziano dalla gestione dei dati alla sicurezza. Il tutto con un elevato grado di automazione.

"La piattaforma - spiega Turcati - non gestisce solo Kubernetes, offre anche tutti quei servizi enterprise che servono per semplificare la migrazione, la gestione e il monitoraggio delle applicazioni cloud-native". Il tutto sempre con un approccio "agnostico" tipico di Nutanix: si può puntare sul Nutanix Kubernetes Engine (NKE) o scegliere una tra le varie distribuzioni di Kubernetes supportate, che comprendono OpenShift, Rancher, Amazon EKS e qualsiasi altra purché CNCF-compliant.

Obiettivo infrastructure-as-code

Al di là delle sue singole funzioni, la nascita di NKP è importante perché è un passo avanti significativo in un percorso che Nutanix ha intrapreso verso la realizzazione di un modello completamente infrastructure-as-code, in cui in particolare - e semplificando molto - una infrastruttura multicloud variamente articolata ed estesa si può idealmente gestire tutta via API.

È l'obiettivo che Nutanix aveva presentato circa un anno fa come Project Beacon: un insieme sinergico di componenti IaaS e PaaS attivabili a piacere in un generico ambiente di multicloud ibrido, con spiccate funzioni di automazione e in grado di astrarre lo sviluppo di applicazioni cloud-native dagli ambienti hardware sottostanti.

Nell'ultimo anno si sono concretizzate diverse componenti di Project Beacon, come più di recente i Nutanix Data Services for Kubernetes, che portano elementi di business continuity e disaster recovery alle applicazioni containerizzate, e l'estensione di Nutanix Database Service a PostgreSQL tramite una collaborazione con EnterpriseDB. Questa estensione al mondo dei dati strutturati affianca la gestione dei dati non strutturati e semistrutturati già svolta da Nutanix Unified Storage.

Nutanix ha quindi messo in fila, in poco tempo, molti lanci che vanno nella stessa direzione: una piattaforma per la gestione del Kubernetes, API-driven, una piattaforma per la gestione dei servizi storage non strutturati, anche questa completamente API-driven, e una parte Database-as-a-Service, ancora API-driven. Questo, spiega Turcati, "Permette di gestire tutto ciò che serve per le applicazioni cloud-native, completamente via API. Ora quello a cui stiamo lavorando è rendere disponibile tutto questo non solo su Nutanix, ma anche in modalità multicloud-native".


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