Ne è passata di strada dai primi anni sessanta quando il
mainframe fece la sua prima comparsa imponendosi come il computer de facto della prima generazione informatica. Nel corso di questi cinquantanni si sono attraversate le più diverse fasi in un alternarsi continuo tra
architetture centralizzate e distribuite. La dialettica
mainframe-terminale si è mutata con l’affermazione del
minicomputer prima e del
personal computer poi per traghettare successivamente all’era di
internet e, in ultima istanza, all'ecosistema
mobile e cloud, paradigma, quest'ultimo, che in qualche modo riporta alla logica centralizzata dei primi anni sessanta.
Cosa ne è stato del mainframe? Chi ne profetizzava la scomparsa ha avuto torto. Il mainframe, pur confinato in una sorta di limbo informatico, è ancora vivo e vegeto e continua ad essere il
forziere dei dati delle grandi e grandissime aziende a difesa di quella che può essere considerata la riserva aurea
, soprattuttto in ambiente finanziario. Secondo stime di analisti circa il 70% dei dati transazionali delle top 500 risiede su mainframe.
La sostenibilità della piattaforma è stata garantita da una continua evoluzione. Nulla di quanto è stato è più come prima. Il mainframe è un sistema che, pur mantenendo le caratteristiche di sempre – di
sicurezza, di
scalabilità e di
affidabilità –, garantisce quella flessibilità indispensabile per essere parte dei data center degli anni duemila.
La terza generazione mainframe è ora allineata ai requisiti di business del comparto enterprise con un’enfasi sulla
sicurezza e sulla
gestione del dato, su ambienti di sviluppo e scenari applicativi di nuova generazione, vedi
devops,
analytics e
blockchain, così come
automazione intelligente grazie all’impiego di algoritmi di
machine learning. Ne è una testimonianza l’annuncio dello
Z14, il sistema dalle super performance presentato in questi giorni che consolida ed estende quanto già delineato con l’introduzione del suo predecessore Z13.
L’enfasi primaria – come decritto da
Enrico Cereda, Ceo di Ibm Italia – è la sicurezza che diventa una risorsa embedded by design. Il nuovo sistema assicura infatti la
crittografia completa dei dati proteggendo gli asett aziendali da possibili violazioni e associando questa capacità a qualsiasi livello applicativo,
on premise o in
cloud. La protezione avanzata (fino a
32 TB la memoria supportata) non va a scapito delle performance: il sistema – affermano gli esperti di Ibm – è in grado di gestire fino a
12 miliardi di transazioni crittografate al giorno.
Con questo annuncio Ibm vuole quindi rassicurare gli utenti mainframe sulla capacità di far evolvere questa tecnologia assecondando le
esigenze primarie di livello enterprise mettendo in luce caratteristiche superiori a quanto disponibile su architetture Intel. “Mantenete le vostre applicazioni core su mainframe, è la piattaforma più sicura in assoluto” è il messaggio implicito di Big Blue.
Certo, una strategia difensiva. Gli investimenti su mainframe sono negli anni progressivamente diminuiti: carichi di lavoro sono definitivamente andati su
architetture x86 e l’utilizzo di risorse as as service in
cloud – a livello sofware, di piattaforma e di infrastruttura - sta metabolizzando capacità che una volta risiedevano all’interno del perimetro aziendale.
Eppure, se il mainframe continua a presidiare le componenti core di molte aziende - perché non si vogliono
delocalizzare in cloud i dati, considerati un bene assoluto, o per la semplice ragione che non si vuole rinunciare a un certo tipo di affidabilità -
un posto a tavola per il mainframe continuerà ad esserci.