Autore: Redazione ImpresaCity
L’Italia è al primo posto in Unione Europea per tasso di conversione di domande in brevetti, e occupa il terzo posto per investimenti in Ricerca e Sviluppo. Ma sul trasferimento tecnologico fatica ancora e deve fare un salto di qualità per far evolvere il suo modello di Technology Transfer Office. Questo uno dei nodi cruciali del nuovo paper di Deloitte e del Politecnico di Milano intitolato “Il ruolo e il funzionamento dei Technology Transfer Offices europei”, realizzato nell’ambito del progetto MUSA (Multilayered Urban Sustainability Action), l'Ecosistema dell’Innovazione finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito del Pnrr.
L’Unione Europea continua a essere caratterizzata da frammentazioni e disuguaglianze: tale divario è evidenziato da fattori come la spesa in R&D, l’R&D Intensity e le domande di brevetto depositate. Queste dimensioni sono incluse in un indice che la Commissione Europea ha definito per valutare e confrontare l'innovazione nei paesi europei, denominato European Innovation Scoreboard (EIS). Complessivamente, la spesa in R&D mostra l’Unione Europea sull’ultimo gradino del podio globale dietro gli Stati Uniti d’America e la Cina, ma al primo posto sia per numero di brevetti depositati, sia per brevetti concessi, secondo i dati dell’European Patent Office.
L’EIS nel 2023 ha definito l'Italia come «Moderate Innovator» (Francia, Germania e UK sono Strong Innovator e i Paesi Bassi addirittura Innovation Leader). Il Bel Paese ha migliorato le sue prestazioni rispetto agli anni precedenti, ma è necessario aumentare il numero di laureati e incrementare gli investimenti in VC e R&D (l’Italia è solo 14° per spesa pro-capite in R&D nella UE a 27). Caratterizzata da un tessuto produttivo in gran parte costituito da microimprese (95%), l’Italia è in vetta alla classifica europea per tasso di conversione di domande in brevetti e si colloca al terzo posto per investimenti in Ricerca e Sviluppo (R&D). Oltre al freno del piccolo dimensionamento delle microimprese, inoltre, l’Italia sconta un disomogeneo livello di capacità di innovazione tra regioni e l’incapacità di esprimere Innovation Leader tra le sue regioni, con solo tre regioni (Emilia-Romagna, Friuli Venezia-Giulia e Provincia autonoma di Trento) Strong Innovator.
Per far evolvere il modello di trasferimento tecnologico italiano appare necessario adottare azioni correttive quali la definizione di una governance che separi in modo chiaro ruoli e responsabilità, l’incentivazione e la formazione del personale, l’adozione di KPI per monitorare progressi e identificare aree di miglioramento e un’attenzione specifica al change management e un’attenta mappatura degli stakeholder, favorendo una collaborazione sinergica tra i diversi promotori dell’innovazione per superare l’attuale frammentazione degli attori e le difficoltà di collaborazione tra accademie, istituzioni e imprese. Appare necessario il passaggio ad una visione sistemica della tematica, potenzialmente anche gestita da un soggetto no-profit costituito ad hoc per la gestione delle attività di terza missione e che favorisca la collaborazione tra gli attori coinvolti nel processo di trasferimento tecnologico per massimizzarne l’efficacia e sfruttare il massimo potenziale delle scoperte scientifiche sia dal punto di vista sociale che da quello economico.
“Partendo dalla descrizione del panorama del Technology Transfer (TT) e delle modalità operative dei Technology Transfer Office (TTO) la ricerca si propone di formulare dei primi spunti e considerazioni per potenziare l’impatto e l’efficacia dei TTO italiani nell’agevolare il passaggio di conoscenze e tecnologie dal contesto accademico a quello produttivo. Nonostante l’Italia abbia tutti i requisiti per eccellere, infatti, dalla nostra ricerca emerge come ci sia ancora un importante gap con i paesi europei leader nel trasferimento tecnologico. Ma la sfida dell’innovazione è cruciale per il nostro Paese e per tutta l’Europa: per questo dobbiamo collaborare per migliorare il nostro modello di trasferimento tecnologico e renderlo competitivo nello scenario globale”, commenta Gabriele Secol, Partner Deloitte – Officine Innovazione.