Autore: f.p.
Gli operatori mobili stanno cominciando a fare pubblicamente i primi ragionamenti concreti sullo sviluppo del 6G. Se sembra troppo presto, si deve comunque tenere conto che del 6G si discute già da tempo all'interno delle organizzazioni che definiscono gli standard delle telecomunicazioni e, ovviamente, nei board degli operatori che devono decidere come investire nell'evoluzione delle tecnologie mobili dopo la doccia (relativamente) fredda del 5G.
Uno dei principali temi conduttori del Mobile World Congress 2024 è stato infatti l'ammettere senza remore che la promessa rivoluzione del 5G non ha soddisfatto le aspettative né delle aziende utenti né degli operatori. I primi non hanno visto concretizzarsi diverse delle applicazioni tanto promesse, i secondi non hanno raggiunto gli obiettivi commerciali che sembravano così a portata di mano.
Per carità, nessuno dice - e nemmeno pensa - che il 5G vada archiviato come uno sviluppo tecnologico fallito: sta crescendo e darà moltissimo nei prossimi anni, specie ora che le imprese lo stanno vedendo in una luce sempre migliore. Quello che il mercato ha dato, però, è un avvertimento evidentemente sentito al MWC 2024: con il 5G sono stati fatti errori che è importante evitare per il futuro del 6G.
L'aspetto chiave è che il 5G non ha avuto nessun vero problema tecnologico - almeno, non problemi tecnologici imprevisti - ma solo un problema di percezione. In mancanza di un vero "killer service" chiaro, le imprese non hanno capito perché, come e quanto valesse la pena investire nel 5G. Gli utenti potenziali hanno visto demo e prototipi che però non sono bastati a generare investimenti massivi nel momento in cui gli operatori hanno cercato concretamente di vendere servizi.
Il messaggio "avrete più banda" è stato l'unico chiaro e percepibile, ma non era sufficiente per gli ambiti applicativi che alle imprese sembravano più interessanti. Gli altri plus del 5G - in primis, la bassa latenza - non sono stati altrettanto convincenti perché le applicazioni che li richiedevano erano ancora in embrione (come molta parte dell'ambito Industrial IoT) o sono rimaste al palo sommerse dal loro hype (parlare di auto a guida autonoma oggi è imbarazzante).
Un peccato, perché quando il 5G può crescere nei giusti tempi e modi, convince e viene sfruttato. Mediamente, gli utenti 5G generano il 50% in più del traffico dati degli utenti LTE, con un costo per gigabyte inferiore del 70%. Lato imprese, il successo del Private 5G dimostra che le aziende il 5G lo accettano volentieri, quando ha una utilità percepita e costi sensati. È qui che gli operatori stanno ora lavorando: coprire i casi d'uso più pragmatici con soluzioni a costi - d'acquisto e operativi - ragionevoli. E l'innovazione, stavolta, si percepisce meglio.
Da un certo punto di vista, si può anche considerare il 5G come il primo passo di una evoluzione da continuare con la diffusione vera del 5G SA e da terminare con il 6G. Senza puntare su servizi rivoluzionari e roboanti, cioè, il 6G viene più pragmaticamente proposto come il completamento e l'estensione delle premesse - e delle promesse - del 5G. Anche se alcune sue caratteristiche peculiari permetterebbero un approccio più aggressivo, meglio non rischiare.
D'altro canto bisogna anche stabilire che cosa "è" il 6G, nel senso di quali caratteristiche peculiari di una rete 6G la distinguono da una rete 5G. Da questo punto di vista le idee degli operatori possono essere anche molto diverse fra loro, meglio quindi limitarsi ai punti che hanno in comune. Al di là delle caratteristiche strettamente tecniche, come le porzioni coperte dello spettro radio o le bande teoriche previste.
Di certo le reti 6G saranno AI-native, nel senso che useranno costantemente l'AI come tecnologia al proprio interno, ad esempio per l'ottimizzazione delle coperture radio e la previsione dei pattern di traffico dati. L'AI è importante anche perché sarà presentata come la vera "killer app" del 6G, cioè come l'applicazione - o meglio, il complesso di applicazioni - che davvero richiede le prestazioni del 6G.
Le future reti 6G saranno anche "green native", nel senso che il loro impatto ambientale sarà un criterio sempre presente nel design del loro funzionamento. Questa considerazione si collega soprattutto agli ambienti IoT massivi che si prevede saranno connessi dalle reti 6G. Reti con centinaia e anche migliaia di dispositivi che necessariamente devono consumare poca, pochissima energia anche per la parte di comunicazione. Il 6G quindi deve essere estremamente efficiente dal punto di vista energetico.
Un altro elemento importante è che il 6G è pensato per garantire connettività ovunque, molto più del 5G, e per questo prevede di gestire in maniera omogenea connessioni non solo da/verso le normali celle radiomobili ma anche aerei, palloni aerostatici, droni, satelliti. La parte "aerial" del 6G è quindi molto più variegata di quanto non lo siano state le generazioni precedenti delle tecnologie mobili, anche grazie a quanto si è sviluppata, nel frattempo, la Space Economy privata.
A guidare la concezione stessa del 6G è anche un'altra considerazione: le reti 6G saranno le prime a supportare davvero sistemi ciberfisici massivi. Che si tratti di smart manufacturing, smart city, IoT estesa o chissà quale altra appplicazione, il 6G sarà il nuovo collante tra fisico e digitale. Il che si porta dietro considerazioni di affidabilità, sicurezza, performance, resilienza - e persino fiducia - che vanno "integrate" direttamente nel 6G e nelle tecnologie di contorno. E non sarà facile.
Per verificare come si concretizzeranno le premesse del 6G c'è da aspettare qualche tempo. Di 6G se ne parla concretamente da circa un anno ma il primo standard ufficiale su cui i produttori di apparati potranno lavorare arriverà a metà 2028. Mediamente servono circa 18 mesi per passare dalla teoria ai prodotti, quindi potremo vedere le prime commercializzazioni del 6G agli inizi del 2030.
Da qui ad allora, sarà assai meglio fare tesoro delle lezioni imparate con il 5G. Mai come oggi le aziende sono disposte a investire in innovazione solo se questa presenta vantaggi concreti. Spingere il futuro 6G presentando, come è stato per il 5G, applicazioni d'impatto sì teoricamente fattibili, ma praticamente poco sostenibili e dal dubbio interesse di mercato, non serve e non aiuta.