Autore: Redazione ImpresaCity
Ormai ampiamente acquisito a più livelli, il lavoro ibrido vede al proprio centro svariate declinazioni, dalla collaboration al digital workplace, dalla mobility allo smart working e non solo. Ma quali sono le soluzioni e gli strumenti che il mercato mette oggi a disposizione per gestire la continua evoluzione dei modelli lavorativi, favorendo la produttività e la retention dei dipendenti?
Nell’inquadrare lo scenario, Erica Spinoni, Senior Research Analyst di IDC Europe, precisa che “oggi IDC tende sempre più a parlare di lavoro flessibile, ovvero flexible work, invece che di lavoro ibrido o hybrid work, proprio per uscire dallo schema di specifiche giornate prefissate in ufficio e di orari di lavoro 9-18”.
Ecco quindi che “con la definizione ‘lavoro flessibile’ andiamo a sottolineare una struttura lavorativa che si adatti maggiormente allo stile di vita dei lavoratori, oppure anche alle richieste specifiche del team, come per esempio collaborare con colleghi localizzati in fusi orari differenti”, prosegue Erica Spinoni. A supporto di questo punto, il 35% dei lavoratori europei sostiene che per migliorare la propria esperienza dipendente, la employee experience, è necessaria una maggiore flessibilità dei tempi e spazi di lavoro, rileva la Emea Future of Work Employee Experience Survey di IDC del marzo 2024, condotta su un campione europeo di 3645 rispondenti. Tuttavia, ascoltando la voce dei datori di lavoro, la principale difficoltà nell’attuare un modello di lavoro flessibile è legata alla cultura aziendale, come si vedrà più avanti. Per quanto riguarda l’Italia, l’ostacolo maggiore verso l’attuazione di un modello di lavoro flessibile si riscontra nell’assetto burocratico e legale, come rileva la Emea Future of Work Decision Maker Survey del maggio 2024.
Ma quando si parla di lavoro flessibile, un dato chiave da considerare è che “in due anni, dal 2022 al 2024, l’esperienza dipendente del lavoratore che lavora 5 giorni su 5 in ufficio è diminuita di 6 punti percentuali, a testimonianza che nonostante i cambiamenti agli spazi fisici degli uffici, questi non sono sufficienti a richiamare il lavoratore in sede”, rileva Erica Spinoni. Da notare che l’esperienza di coloro che hanno l’opportunità di avere un contratto flessibile invece è rimasta invariata, mentre per coloro che lavorano completamente da remoto è cresciuta, come riporta la survey di IDC del marzo 2024 poco sopra menzionata.
Un altro punto da tenere in considerazione è quello dei giovani che oggi stanno entrando nel mondo del lavoro: “a esclusione di alcuni lavori che richiedono una presenza fissa in sede, i giovani che si accingono a fare colloqui per lavori “knowledge-based” domandano a gran voce flessibilità di lavorare dove, come e quando vogliono”, spiega Erica Spinoni, sottolineando però che “purtroppo sono tanti gli esempi di grandi e piccole aziende che non riescono, o non vogliono, rispondere a queste richieste. Nel lungo periodo, questo potrebbe portare nuovamente a problemi inerenti all’employability dei più giovani nel nostro Paese, con conseguente ritorno alla fuga dei cervelli verso paesi più inclini a soddisfare richieste di lavoro flessibile”.
Tra le strategie che le aziende italiane devono attuare per riuscire a stare al passo con le richieste dei dipendenti per un modello di lavoro flessibile, troviamo “la necessità di nuovi modelli di leadership, basati sulla responsabilizzazione del dipendente invece che sul tradizionale command and control, dove linee guida e scelte pratiche vengono calate dall’alto”, evidenzia Erica Spinoni.
A questo si va a sommare la necessità di “cambiare anche l’approccio del middle management, che deve essere in grado prima di tutto di mettere in pratica la responsabilizzazione del dipendente ma anche di delegare nel processo di decision-making, al contrario di un più diffuso stile di micro-management. Non è un caso che in Europa, nel 2024, quasi un dipendente su tre sostiene che per migliorare la sua esperienza dipendente avrebbe bisogno di un manager che si fidi di lui e che lo supporti. Infine, sempre in merito a quello che deve cambiare, è anche il concetto di misurazione della produttività, che deve spostarsi dal concetto di output a outcome, ovvero da ciò che è stato prodotto ai risultati finali ottenuti. In questo modo, è possibile attuare anche un cambiamento radicale nella valutazione del dipendente e della qualità del lavoro svolto”, conclude Erica Spinoni.
Nelle pagine che seguono, le risposte alle nostre due domande
1 - In che misura l’hybrid working continua a cambiare le esigenze delle aziende?
2 - Quali soluzioni proponete alle aziende per affrontare lo scenario del lavoro ibrido?