Gli hyperscaler hanno portato i server "no logo" a essere il principale segmento di mercato, ai produttori tradizionali servono anche altre strade
Il
campanello d'allarme per i produttori tradizionali di server lo ha suonato IDC nella sua
analisi più recente sull'andamento del mercato, modificando i criteri per l'identificazione delle vendite dei cosiddetti Original Design Manufacturer (ODM). Gli
ODM rappresentano un gruppo particolare di produttori perché realizzano server standard x86 su progetto specifico dei loro clienti e questi server vanno nella stragrande maggioranza di casi a popolare i datacenter
dei grandi hyperscaler come AWS, Google o Facebook. Che i server hanno infatti cominciato già tempo fa a
progettarseli da soli, in base alle loro esigenze specifiche.
Gli ODM sono quindi produttori specifici per un mercato specifico, con la particolarità che questo mercato è
l'unico che stia crescendo a doppia cifra percentuale. E i nuovi numeri di IDC lo rimarcano: +48 percento anno su anno in valore e un giro d'affari che complessivamente supera quello del produttore top (HPE). Il segmento ODM è quindi il
principale, ormai, anche se sinora era stato lasciato in secondo piano perché si frammenta in molti produttori che sono spesso sconosciuti ai più (Quanta, Wistron, Inventec, Foxconn...). Ma il ricalcolo di IDC ha portato qualcosa come un miliardo di dollari in più di business a trimestre (mediamente, andando indietro sino al 2013) e le crescite attuali sono
troppo significative per essere ignorate.
Certo non esiste una equivalenza tra business degli ODM e acquisti degli hyperscaler e, in seconda battuta, dei più semplici cloud provider. Le AWS e le Microsoft del caso comprano ancora molti server dai produttori tradizionali, ma l'impressione è che le loro tendenze di acquisto siano
troppo difficili da seguire per questi ultimi se si vogliono garantire margini interessanti.
Il tipico hyperscaler ha standardizzato
i suoi datacenter su decine di migliaia di macchine
x86 a doppio socket, dato che questa configurazione è un buon equilibrio di potenza, consumo e densità. E non a caso è la configurazione che
AMD cerca di "smontare" offrendo processori ad elevato numero di core per realizzare server potenti ma single-socket e quindi a più basso consumo. Non esistono dati ufficiali su quanti server comprano gli hyperscaler e ogni quanto, è però opinione diffusa e ragionevole che i grandi nomi comprino qualcosa come
200-250 mila macchine per trimestre.
A questi volumi e con la concorrenza degli ODM è davvero molto difficile
mantenere i margini di guadagno che servono a compiacere gli azionisti, motivo per cui molti vendor stanno concentrandosi più sul segmento delle imprese. Qui i prezzi di listino possono essere tutelati meglio e si può anche puntare su configurazioni
a valore aggiunto (più memoria, socket, storage, GPU) che aumentano il prezzo medio di vendita quando i volumi non sono elevati. E soprattutto vale ancora il modello del server potente e ben carrozzato, perché sono relativamente poche le imprese con le risorse e le competenze necessarie a puntare verso l'elaborazione
fortemente distribuita scelta dagli hyperscaler.
Si tratta di una strategia non banale - servono competenze, tecnologie e prodotti convincenti - ma che può funzionare. La crescita (quasi 20 percento) del
segmento midrange stimata da IDC per il secondo trimestre di quest'anno potrebbe esserne un sintomo, considerando anche che quel segmento era in declino da anni.
Al di fuori di questo comparto è difficile al momento prevedere stravolgimenti. I server a volume x86 fanno sempre la grande maggioranza delle vendite (12,9 miliardi di dollari su 15,7) e hanno le dinamiche descritte in precedenza, che non lasciano ai vendor classici
nemmeno la strada dei "brite box" (
branded white box) che alcuni hanno seguito nel mondo del networking. All'altro capo del mercato, poi, il comparto dei grandi sistemi da oltre 250 mila dollari è stabilmente predominio delle soluzioni in stile mainframe. E qui davvero non può cambiare granché.
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