Chi decide di usare servizi cloud cerca soprattutto semplicità e riduzione dei costi, ma non sempre riesce a ottenerli al livello desiderato. Ecco perché.
Se chiedete a un'azienda perché ha deciso di utilizzare servizi cloud avrete probabilmente
tre motivazioni complementari: poter attivare applicazioni e servizi nuovi, avere una maggiore semplicità, spendere meno. Le tre ragioni insieme delineano la ricerca di
una maggiore flessibilità nell'uso dell'IT, che poi è una delle ragioni storiche del successo del cloud. Ma questa flessibilità non arriva automaticamente, per raggiungerla bisogna considerare il passaggio al cloud per quello che effettivamente è - una
evoluzione strategica dell'azienda, non solo un tema da tecnici - e ponderarlo attentamente. Combinando i pareri di analisti e osservatori, gli errori da evitare sono in particolare i seguenti.
Scegliere il provider troppo in fretta - Certo, è difficile sbagliare se si sceglie come cloud provider uno dei
grandi hyperscaler come Microsoft o AWS. Ma non è detto che la scelta "sicura" sia anche la migliore in base alle nostre specifiche esigenze. Il numero di cloud provider potenziali è comunque elevato e ciascuno ha le sue peculiarità. Potrebbe esserci anche qualche
provider locale che offre i servizi che cerchiamo e che può far valere elementi particolari come la vicinanza geografica o un supporto personalizzato.
Non sviluppare competenze cloud interne - Spesso ci si affida a un cloud provider anche per non dover affrontare direttamente la gestione delle nuove risorse IT, questo però non vuol dire che non servano
esperti cloud all'interno dell'azienda. A meno di non demandare al cloud provider qualsiasi decisione e operazione legata al cloud - e non lo farebbe nessuno - è necessario avere in azienda personale adeguatamente formato. Personale cioè che sappia come
avere una visione puntuale delle risorse in cloud e del loro funzionamento, ma soprattutto che sappia come armonizzare l'evoluzione dell'IT aziendale con il mondo cloud.
Non controllare le spese - Il bello del cloud è che si pagano solo le risorse che si attivano effettivamente. Il brutto è che tutto quello che resta attivo si paga. Senza un
controllo preciso e costante delle risorse attivate in cloud la bolletta di fine mese può salire vertiginosamente e senza un motivo apparente. Anche per questo servono le competenze citate prima, ma in generale bisogna mettere in atto processi ben precisi per il monitoraggio dei costi. E procedure il
più possibile automatiche per controllare l'allocazione delle risorse in cloud, con audit periodici che evitino
overprovisioning o l'attivazione di risorse che poi non si usano davvero. Le piattaforme di gestione dell'IT in cloud permettono di fare tutto questo ed evitare di spendere inutilmente.
Puntare sul modello sbagliato - Tra SaaS, IaaS, PaaS e tutte le altre offerte variamente "as-a-Service" più o meno di tendenza (serverless computing,
machine learning, container...) un'azienda può avere qualche perplessità di scelta, specie se parliamo di imprese che non hanno nella tecnologia il loro core business e non possono diventare di colpo esperte dell'IT in cloud. In alcuni casi la scelta del servizio da acquistare è automatica ma in molti altri no: bisogna mettere in atto una sorta di "due diligence" per ogni possibile servizio cloud e stabilire quale
porti davvero un beneficio. Il difficile è trovare il giusto equilibrio tra valutazioni tattiche (quello che potrebbe servire già ora) e strategiche (quello che riflette la direzione futura dell'impresa).
Non fare propri i principi del cloud - Al cloud si arriva di solito per una ricerca di elasticità, ma è difficile sfruttare appieno le potenzialità del cloud in questo senso se non è anche
la stessa azienda utente a farsi "elastica". Bisogna cioè essere pronti e predisposti a implementare nuove applicazioni o nuovi servizi assemblando gli elementi cloud che si hanno a disposizione, senza paura di sbagliare e adottando i modelli di sviluppo agile come
DevOps.
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