Manca oltre un anno all'entrata in vigore del Regolamento UE 2016/161 ma c'è da pensarci già adesso, meglio se in una logica Pharma 4.0
Le
normative comunitarie stanno più o meno indirettamente imponendo alle imprese di accelerare lo sviluppo delle loro infrastrutture tecnologiche. Il caso "caldo" in questi mesi è
quello del GDPR per gli obblighi che impone nella gestione e nella protezione delle informazioni, ma non è l'unico. Il
settore farmaceutico in particolare ha una scadenza nemmeno troppo lontana: a febbraio 2019 entra in vigore il
Regolamento UE 2016/161, che introduce una nuova visione della tracciabilità dei medicinali. Nasce come strumento per la lotta alla contraffazione ma i suoi impatti promettono di essere anche più ampi.
Moltissime imprese italiane del settore farmaceutico
non stanno pensando ora al nuovo regolamento perché la scadenza del febbraio 2019 può essere anche "estesa" fino al 2025. Il regolamento nasce infatti per imporre agli Stati membri la creazione di un sistema per identificare univocamente le singole confezioni di medicinali e per verificarne l'autenticità. Alcune nazioni, tra cui l'Italia, hanno già in funzione un sistema del genere e a loro è stato concesso un
periodo transitorio in cui adeguare il proprio sistema a quello nuovo comunitario.
Per buona parte delle aziende farmaceutiche italiane si tratta però di
un rinvio fittizio. Il nuovo sistema partirà comunque a febbraio 2019 in tutte le nazioni UE escluse Belgio, Grecia e Italia, quindi chi distribuisce medicinali a livello europeo dovrà aver recepito il Regolamento 2016/161. In caso contrario non saprà dialogare con la
nuova rete comunitaria di tracciabilità e non potrà svolgere il proprio business. Meglio dunque capire subito di che si tratta.
Il concetto chiave del regolamento è quello della
serializzazione: ogni confezione di medicinali deve riportare un codice
univoco di identificazione che viene generato in fase di produzione e stampato sulla confezione stessa come codice a barre bidimensionale. Il formato del codice è standard, per cui le informazioni in esso contenute sono leggibili e comprensibili da tutti coloro (produttori, distributori, grossisti, farmacie, ospedali...) che possono essere in possesso del farmaco prima del suo utilizzo.
Quando il produttore del farmaco genera il codice di identificazione, lo inserisce anche in una
rete di database nazionali e sovranazionali che copre tutto il territorio comunitario. Sintetizzando e semplificando il senso del Regolamento 2016/61, l'idea è che qualsiasi operatore della catena internazionale che va dal produttore all'acquirente del farmaco possa
verificare la validità del codice univoco consultando la rete di database. Se il codice è "attivo" il farmaco è lecito, se non lo è vuol dire che quella confezione è contraffatta (il codice probabilmente è falso) oppure è stata inserita in una blacklist di prodotti non vendibili.
Chi deve eseguire questo controllo? In linea di massima chi fornisce il medicinale al pubblico e nel momento in cui lo fa, quindi di solito un farmacista al momento della vendita. Questa forma di controllo si concentra
sui due estremi del ciclo di vita di una confezione: la produzione e la vendita. Per i medicinali più soggetti a contraffazione è previsto però un
controllo diffuso: tutti gli anelli della supply chain devono verificare che ciò che ricevono è "certificato", quindi non manomesso, scaduto o contraffatto. Chi verifica che una confezione di medicinale non sia più valida, per qualsiasi motivo, disattiva il suo codice univoco rendendola invendibile.
Appare ovvio come il nuovo regolamento abbia
impatti importanti sui sistemi IT e di produzione e distribuzione degli operatori farmaceutici. Soprattutto per le case produttrici, che devono gestire correttamente la serializzazione, integrarla con i processi produttivi e poi conservare tutte le informazioni collegate ai farmaci, tutelandole in modo opportuno. Anche per grossisti, distributori e farmacie si tratta comunque dell'introduzione di obblighi nuovi.
C'è ampio
tempo per pensarci? Dipende. Per le case farmaceutiche tecnologicamente più "virtuose" probabilmente sì, anche se c'è comunque da adattare il sistema attuale di tracciabilità alle nuove specifiche e predisporre una nuova gestione dei dati. Per le aziende meno digitali il tempo invece stringe, il proverbiale bicchiere mezzo sta nel fatto che adeguarsi al regolamento potrebbe essere l'occasione giusta per
recepire le evoluzioni tecnologiche in stile Industry 4.0 (Pharma 4.0, in questo caso). Anche puntando sulle agevolazioni per l'innovazione, che coprono questo frangente.
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