I principi della tecnologia blockchain possono colmare le lacune nella sicurezza IoT, alcune aziende ci stanno già lavorando
Non c'è settore applicativo per cui non si ipotizzi l'applicazione
delle tecnologie e delle piattaforme blockchain. In ambito Finance le realizzazioni pilota sono già molte e sperimentazioni sono state avviate in comparti che vanno dalle
assicurazioni alla gestione dei dati personali. L'
Internet of Things è uno degli altri settori per cui si prevede una diffusione importante di blockchain.
Secondo i sostenitori di blockchain in campo IoT, infatti, il modello dei
ledger distribuiti potrebbe portare vantaggi concreti alle applicazioni Internet of Things dal punto di vista della
sicurezza. Il caso
Mirai in primis (ma non c'è solo quello) ha dimostrato che molti device IoT sono
intrinsecamente vulnerabili e la situazione
difficilmente migliorerà nel prossimo futuro, nonostante le
numerose spinte in tal senso.
C'è quindi bisogno di un
maggiore controllo sulle attività dei device IoT di oggi e soprattutto del futuro, controllo che alcuni pensano non sia possibile solo attraverso piattaforme centralizzate in cloud che si troverebbero a gestire magari milioni di dispositivi. La
decentralizzazione potrebbe essere la risposta, almeno in alcuni casi.
Con
i ledger distribuiti e gli smart contract si potrebbero realizzare sistemi in grado di controllare la correttezza delle interazioni fra i dispositi IoT. L'idea di fondo è quella di realizzare reti in cui un numero indefinito di device IoT, dal singolo sensore a un sistema di Smart Home,
condividono dati utilizzando ledger distribuiti e non un sistema centralizzato. Questo permetterebbe di gestire un numero elevato di transazioni senza (teoricamente)
rischi di sovraccarico e mantenendo il controllo il più possibile vicino alla periferia.
Il modello dei ledger distribuiti in questo senso ha il vantaggio di garantire la
correttezza nella gestione dei dati e, attraverso gli smart contract, del funzionamento "attivo" dei dispositivi. Questo concetto avrà più importanza in futuro, quando i device IoT saranno sempre meno passivi collettori di informazioni e sempre più unità capaci di
prendere decisioni in autonomia.
È importante tenere presente che il modello futuribile di blockchain in campo Internet of Things vede i dispositivi IoT come
nodi attivi di una rete blockchain e non semplicemente l'utilizzo di ledger distribuiti per conservare dati e azioni (in senso lato) dei device stessi. Questo è possibile già oggi e se ne hanno
diversi esempi.
Cosa manca ancora
Per trasformare un dispositivo da "fog computing" in anche un nodo blokchain servono elementi che adesso non sono granché diffusi, come ad esempio chip in grado di garantire la privacy nelle comunicazioni tra device e la
non-modificabilità del loro firmware e del loro software. In questo campo si muovono diverse startup come ad esempio
Filament, con una sua piattaforma hardware e software, o la svizzera
Modum, con una applicazione mirata per il controllo della supply chain nel
settore farmaceutico.
Ci sono peraltro già alcune applicazioni pratiche che danno spunti interessanti. Da qualche tempo il carrier australiano
Telstra usa una infrastruttura blockchain privata per
garantire la sicurezza dei suoi prodotti Smart Home. Il firmware e la configurazione di ogni dispositivo hardware installato sono trasformati in un codice hash che viene memorizzato in una blockchain, in modo da poter
verificare velocemente eventuali tentativi di modifica impropria dei dispositivi stessi. Lo stesso viene fatto per le caratteristiche
biometriche (riconoscimento facciale e vocale) dell'utente del sistema Smart Home, che lo configura attraverso un'app per smartphone.
Resta sullo sfondo il
dibattito anche concettuale tra le soluzioni IoT che puntano su una piattaforma centralizzata e quelle che, in prospettiva, puntano sulla maggiore elasticità del peer-to-peer e della decentralizzazione. Nessuna delle due strade è la migliore a priori, evidentemente, e il
confronto fra i due approcci si annuncia interessante.
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