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Assinform, il mercato digitale cresce dell'1,8%

Secondo i dati Assinform, la crescita è stata dell’1,8%, per un valore complessivo di 66,1 miliardi di euro contro i 64,9 miliardi del 2015. Per il 2017 previsto un ulteriore aumento del 2,3%

Trasformazione Digitale Cloud
agostino-santoni-bis.jpgPositivo il consuntivo del mercato digitale italiano del 2016. Secondo i dati Assinform, la crescita è stata dell’1,8%, per un valore complessivo di 66,1 miliardi di euro contro i 64,9 miliardi del 2015. Un risultato che va oltre le aspettative, stimate inizialmente all’1,5%. Prosegue, quindi, la tendenza emersa nel 2015 (+1%). Tuttavia, il presidente di Assinform Agostino Santoni, pur commentando positivamente i risultati, sottolinea la necessità di un’ ulteriore accelerazione. “Il gap accumulato negli anni rispetto alla media europea rimane elevato. Strategia Digitale, Industria 4.0 e creazione di nuove competenze devono continuare ad essere al centro dell’impegno di tutti”. Risultati, dunque, che sono una boccata di ossigeno, ma che per contribuire a una rinascita del Paese devono essere sostenuti nel tempo. Basti pensare che il valore di spesa complessivo del 2016 è ancora inferiore a quello raggiunto nel 2011, anno in cui in cui gli investimenti avevano raggiunto i 69,4 miliardi euro. Non solo, secondo i dati Desi, l’indicatore della Commissione Europea che misura la penetrazione della digitalizzazione, e soprattutto l’uso di Internet nell’economia e nella società degli stati membri della UE, l’Italia è al venticinquesimo posto su 28, peggio fanno solo Grecia, Bulgaria e Romania. Di strada da fare ce n'è dunque molta, moltissima. Le premesse sono comunque improntate all’ottimismo, tant’è vero che per il 2017 ci si attende un ulteriore passo in avanti e una crescita del 2,3% .

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Macrotendenze digitali
Giancarlo Capitani, presidente di NetConsulting Cube. coglie nell’attuale dimanica del mercato alcune importanti e positive evidenze: un incremento di fatturato doppio del Pil; la capacità di generare nuova occupazione (50 mila i posti lavoro creati nell’Ict dal 2011 a oggi); la crescita contestuale di startup innovative, oggi stimate in una cifra prossima alle 6mila unità, di cui il 40% operative nell’ambito dei servizi di informatica e del software.
Secondo Capitani, le ragioni di questa crescita, per certi versi inaspettata, sono da individuare nello sviluppo spontaneo di ecosistemi digitali. “Non siamo più in presenza di iniziative individuali e frammentate, ma si iniziano ad affermare filiere digitali, dove soggetti partner e fornitori interagiscono tra di loro. In qualche modo, dice Capitani, si sta assistendo alla trasposizione del modello di impresa estesa a una dimensione di impresa piattaforma con capacità di aggregare attorno a una logica collaborativa le componenti abilitanti l’ecosistema digitale”. Un comportamento virtuoso che trova conferma anche nei dati contenuti nell’ultimo Rapporto Istat sulla competitività delle imprese italiane in cui si afferma che nel corso dell’ultimo anno gran parte degli investimenti effettuati sono stati di natura Ict e che la quota di imprese che persegue obiettivi di cambiamento in un’ottica di maggiore efficienza e competitività è in espansione, soprattutto nelle organizzazioni medie e grandi.

I driver digitali
Le aree su cui si concentrano gli investimenti suggeriscono che le aziende hanno intrapreso un percorso di cambiamento strutturale, di natura business, che determina un modo diverso di fare impresa e di essere sul mercato”, aggiunge Capitani. Un processo che in qualche modo viene confermato dal diverso peso che hanno assunto le singole voci di spesa all’interno dei comparti che concorrono alla generazione del fatturato. Un dato su tutti: a fronte di una ulteriore contrazione in volume dei Pc (-4,4% per complessive 4, 14 milioni di unità notebook e desktop) e dei tablet (-7,1%) continuano ad aumentare le vendite di smartphone (16 milioni le unità vendute, +16%). Non solo, la contrazione in volume del personal computer non è accompagnata da una decrescita di fatturato, che invece aumenta. Il che vuol dire, secondo l’analisi di Capitani, che i dispositivi che aziende e utenti utilizzano sono sempre più a valore e coerenti con un workplace digitale avanzato. Sulla parte mobile si rileva, invece, un arretramento della pratica Byod: le aziende, per motivi di sicurezza e compatibilità, preferiscono dotare loro dipendenti con device aziendali.

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Il mercato del software e delle soluzioni ICT cresce del 4,8% per un valore di 6,2 miliardi. In questo segmento emerge da parte delle imprese la volontà di procedere a un refreshing applicativo con obiettivi di razionalizzazione e di ottimizzazione. Allo stesso tempo, servizi cloud e di data center si confermano sempre più strategici e archiviano il 2016 con crescita a doppia cifra (+16%) analogamente a quanto si riscontra nel comparto IoT (+14,3%), Cybersecuirty (+11,1%), Big Data (+24%) e Mobile Business (+ 13,1%), tutte componenti, queste ultime, che vengono viste come abilitanti la trasformazione digitale. Una dinamica che si riflette sul mercato del lavoro, dove le competenze più ricercate sono in gran parte concentrate all’interno di queste dimensioni applicative.
Da sottolineare, inoltre, la progressiva affermazione di un diverso sourcing tecnologico, dove la componente cloud vale circa il 10%, per un valore di 1,3 miliardi, contro i 5,7 generati della componente di on premise. Nonostante, in valore assoluto, la forbice tra investimenti on e off premise sia ancora ampia, il futuro appare ormai segnato: se la spesa in cloud manterrà un ritmo costante di crescita a doppia cifra ( + 23,9% a fronte dell’1,4% dell’on premise) è verosimile ipotizzare che nell’arco dei prossimi cinque si possa raggiungere una condizione di uguale peso tra le due diverse tipologie di sourcing tecnologico.

Outlook 2017
La proiezione di crescita stimata per il 2017 è dipendente da una serie di variabili e incognite. In particolare per tutto ciò attiene le iniziative governative in termini di attuazione del Piano Industria 4.0 e del Piano Triennale per la riforma digitale della Pubblica Amministrazione, grandi potenziali volani di investimento che se non decollano andranno a deprimere le opportunità di crescita.
Per quanto riguarda Industria 4.0, Capitani afferma che devono innanzitutto essere approvati i decreti attuativi entro la fine dell’anno e che occorra maggiore chiarezza. “Il piano deve essere delineato in rapporto alla realtà di mercato e sono necessarie iniziative a livello locale per dare modo alle imprese di sapere esattamente cosa è possibile fare”. A questo proposito cita l’esempio della Regione Emilia Romagna dove sono stati aperti sportelli informativi e avviati momenti di formazione sul tema.
In sintesi, se l’obiettivo è accelerare la rottamazione di un parco installato industriale obsoleto, Industria 4.0 può avere possibilità di successo. Azzardato, invece, pensare che si possano sviluppare investimenti diffusi coerenti con la tipologia di soluzioni incluse nell’iniziativa del Governo. “Sono progetti che non sono recepibili dalle piccole e medie aziende, se non in minima parte”. Di fatto, conclude Capitani, “è un percorso praticabile solo da aziende sane ovvero da quelle che sono in grado di finanziarsi e che hanno già in essere un progetto di sviluppo complessivo di aggiornamento tecnologico”.
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