Partita come realtà specializzata nell’It service management, la società, forte di un forsennato ritmo di crescita, sta ampliando orizzonte e ambizioni.
ServiceNow è una di quelle realtà che, in determinati periodi storici, si guadagnano il ruolo di “fenomeni”. Sono i numeri a certificarlo: l’esercizio 2016 si è chiuso con una crescita del 40%, nel 2017 la previsione non abbassa di molto il dato (32%) e il volume d’affari, già arrivato al miliardo di dollari nel 2015, dovrebbe superare quest’anno gli 1,84 miliardi, per arrivare a 4 nel 2020. Il fresco country manager della filiale italiana (che esiste da quattro anni), Rodolfo Falcone, fornisce una lettura molto lineare di questo andamento: “Ci occupiamo di portare in cloud quello che sta nei data center. Mettiamo a disposizione delle aziende una piattaforma unica e condivisa fra chi chiede e chi eroga i servizi, attraverso workflow standardizzati e puntando su velocità e semplicità”. Di fatto, ServiceNow sta raccogliendo i frutti di un oculato processo di diversificazione. Partita circa dieci anni fa con un’offerta PaaS per l’It service management, da almeno tre anni il posizionamento è andato verso l’industrializzazione dei processi aziendali, allargandosi progressivamente verso il Crm, le risorse umane, la sicurezza, gli asset software e, ovviamente, i servizi cloud: “I nostri clienti possono usare la piattaforma anche per sviluppare propri processi o applicazioni di business – sottolinea Falcone -. Circa il 70% di essi utilizza già ora ServiceNow su diversi processi”. Per provare a tenere il ritmo della crescita fin qui conseguito, i prossimi passi in Italia riguarderanno l’ampliamento del target e del canale. Nel primo caso, il radicamento nel mid-enterprise (da 500 postazioni in su) dovrà essere rafforzato dalla fascia Smb, che, a detta di Falcone, appare sempre più servita dai carrier Tlc (capaci di offrire connettività, sicurezza, cloud e altro) con il supporto di realtà come ServiceNow. Sul fronte partner, alla nomina di Bernardo Palandrani come responsabile per il Sud Europa, fa da contrafforte la volontà di espandersi verso la fascia alta del canale e i system integrator, dove peraltro c’è già una presenza di rilievo. D’altra parte, le competenze su ServiceNow fanno gola anche a consulenti e società di servizi, come dimostra Accenture, che in meno di due anni ha acquisito quattro realtà specializzate (Cloud Sherpas, Nashco, Solid-SerVision e Focus Groupe).
In crescita la domanda di automazione
L’efficacia delle scelte operate da ServiceNow è testimoniata anche dallo studio “Today’s State of Work: At the Breaking Point”, realizzato in casa, ma su un campione di oltre 1.850 C-level, vicepresidenti, director e manager di aziende in sette Paesi (701 in Europa). Tra i risultati emersi, il 40% delle aziende afferma che nel 2018 avrà bisogno di un’automazione maggiore per gestire il volume dei task lavorativi, il 75% afferma che i dispositivi mobili e IoT contribuiscono a questo sovraccarico e il 50% ha già iniziato a utilizzare l’automazione intelligente in uno o più processi di business, mentre l’84% ha intenzione di servirsene prossimamente. Fra i processi più automatizzati, ci sono supporto e help desk It, ordini di acquisto e di tecnologia. A supporto delle tendenze emerse dallo studio, sono arrivati gli annunci della recente manifestazione Knowledge 17, a cominciare da Intelligent Automation, un nuovo sistema che applica tecniche di machine learning. Ci sono poi, tra gli altri, Enterprise Onboarding and Transitions, che velocizza i processi di integrazione dei neoassunti, il sistema di monitoraggio Trusted Security Circles e un rafforzamento della componente di accesso alle risorse cloud aziendali con ServiceNow Cloud Management.
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