La stretta creditizia, in Italia, ha meno valore delle rigidità. A confermarlo, un’analisi condotta da Experian sui bilanci di migliaia di aziende italiane fallite negli ultimi due anni.
La
difficoltà di accedere al credito preoccupa le imprese italiane, ma il suo peso va molto ridimensionato rispetto alle rigidità che impediscono di adeguare prontamente la struttura dei costi a una domanda fiacca.
Ad affermare ciò,
Experian, che ha condotto in Italia un’
analisi sui bilanci di oltre 8000 aziende fallite nel 2010 e oltre 9000 fallite nel 2011 (l’ultimo per il quale sono disponibili bilanci completi). L’analisi è stata estesa a circa l’80% delle aziende fallite negli ultimi due anni. Da essa emerge che l’elevata incidenza dei costi fissi e la capitalizzazione limitata hanno accentuato gli effetti della crisi e che il tentativo di ridurre i tempi di incasso dalla clientela non è servito a migliorare le disponibilità correnti (cash flow.)
L’analisi Experian evidenzia come con l’avvento della crisi gli effetti della gestione finanziaria siano diventati marginali rispetto a quelli delle variabili reali.Più in particolare, per gli analisti di Experian sia le aziende fallite nel 2011 che quelle fallite nel 2010 hanno visto
peggiorare la situazione quasi esclusivamente per il calo d’attività.
Le prime, per esempio, hanno visto
calare il valore della produzione del 30% nel 2009 (e del 55% nel 2010, e le seconde del 59% nel 2009, e in entrambi i casi senza ridurre l’indebitamento.
Le aziende fallite già avevano
segnali chiari sugli effetti del calo d’attività sin dai 3 anni precedenti il fallimento.
Per esempio, nel 2009 e nelle aziende fallite nel 2011, il calo del 30% del valore della produzione aveva innescato un netto peggioramento del grado di copertura delle immobilizzazioni (-90%), l’indicatore che più di ogni altro dà conto di una rigidità strutturale dei costi.A poco è servito il tentativo di far meno credito ai clienti. Infatti anche solo a guardare le fallite nel 2011, si rileva una
contrazione dei crediti commerciali (es. -12% nel 2009 e -35% nel 2010 ) e una riduzione dei tempi di incasso delle fatture (-11% nel 2009 e -29% nel 2010), ma anche che l’esposizione è calata assai meno della produzione (-30% nel 2009 e -55% nel 2010).Le aziende poi fallite hanno continuato nei limiti del possibile a far ricorso al credito bancario, senza però trarne beneficio.
L’incremento del credito bancario sul capitale (+ 37,2% nel 2009 per le fallite 2010, +15 nel 2009 e +30% nel 2010 per le fallite 2011) non vuol dire che le aziende in sofferenza abbiano avuto più credito, ma mostra comunque che le banche
non hanno chiuso tutte le porte alle aziende in difficoltà.
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