Con l'acquisizione Red Hat assorbe molte tecnologie collegate a Kubernetes, che andranno a rafforzare quelle già sviluppate in proprio
Red Hat ha acquisito
CoreOS investendo la somma tutto sommato contenuta di 250 milioni di dollari circa. Con questa cifra Red Hat
si porta in casa una gamma ampia di tecnologie collegate al mondo della virtualizzazione via container e in particolare per la loro orchestrazione attraverso
Kubernetes. La logica di fondo, evidente anche in
altre operazioni collegate a Kubernetes, è arrivare a una gestione il più possibile elastica dei container in ambienti di cloud ibrido e anche multicloud.
La crescente diffusione dei servizi cloud ha portato la maggior parte delle imprese utenti a due conclusioni principali. La prima, già nota da tempo, è che
lo scenario ideale è quello del cloud ibrido, con le informazioni e i servizi chiave localizzati ancora dentro il datacenter aziendale. La seconda è che per avere la massima elasticità applicativa serve una sorta di
"portabilità" dei carichi di lavoro per spostarli nel luogo (virtuale) di volta in volta più adatto, che sia il proprio datacenter o un particolare ambiente cloud esterno.
La virtualizzazione a container si sposa bene con questa idea ma
l'orchestrazione dei workload virtualizzati non è sempre semplice. Kubernetes si sta affermando come una soluzione di riferimento e CoreOS ha puntato decisamente su questa piattaforma, sviluppando diversi moduli correlati. Che ora Red Hat assorbe e che possono
potenziare OpenShift,
la sua "versione" enterprise di Kubernetes.
CoreOS porta in dote soprattutto la sua piattaforma Kubernetes denominata
Tectonic, che ha avuto un buon riscontro in ambito enterprise. È possibile che a lungo termine Tectonic si fonda con OpenShift - Red Hat non ha dato dettagli in questo senso - ma al momento le due piattaforme
sono abbastanza diverse da poter essere considerate offerte complementari. CoreOS è anche dietro
Container Linux, una versione "superleggera" di Linux ottimizzata per eseguire container.
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