Il pioniere dell’open source, da vent’anni partner di IBM, viene acquisito da Big Blue nel segno del cloud ibrido e del multicloud
190 dollari per azione. Per un totale di 34 miliardi di dollari, che ne fanno
l’acquisizione fin qui più costosa nella storia di Big Blue. E una delle maggiori dell’IT, non lontana dall’affare Dell-EMC di un paio d’anni fa, di 67 miliardi di dollari. L’annunciata
acquisizione di Red Hat da parte di IBM fa notizia per più di un motivo, a cominciare dal premio per azione, superiore del 63% alla chiusura di venerdì scorso.
Ma sono i risvolti di mercato a colpire maggiormente gli osservatori dell’ICT, che nei
primissimi commenti fanno notare come questo deal, arrivato invero come un fulmine a ciel sereno, “
out of the blue”, si potrebbe dire,
riscriva di colpo la mappa degli equilibri tecnologici in ambito cloud, come del resto enfaticamente evidenziato nella home page del sito IBM, secondo cui il deal “
cambia completamente il panorama cloud creando il provider numero uno al mondo nell’ambito hybrid cloud”, il tutto condito da una foto dei numeri uno delle due aziende rigorosamente in tenuta da weekend.
Al di là delle simbologie corporate, il comunicato ufficiale evidenzia che
il vendor di software open source enterprise diventerà un’unità distinta della divisione Hybrid Cloud di IBM, che attualmente vale 19 miliardi di dollari, mentre
Jim Whitehurst, President e CEO di Red Hat, entra a far parte del senior management team di IBM riportando direttamente alla numero uno Ginni Rometty. Ma soprattutto, sì è affrettato a sottolineare il comunicato congiunto,
le due aziende continueranno a sviluppare le partnership di Red Hat, comprese quelle con i maggiori cloud provider, quali Amazon Web Services, Microsoft Azure, Google Cloud, Alibaba e altri, oltre ovviamente a IBM Cloud.
La stessa Rometty ha voluto spiegare
le ragioni del deal citando la penetrazione del cloud sul mercato, evidenziando come “
la maggior parte delle aziende sia oggi solo al 20 per cento del loro viaggio verso il cloud, dove il restante 80 per cento riguarda la parte più direttamente connessa allo sviluppo del valore di business e alla spinta verso la crescita: questo è il prossimo capitolo del cloud, che comporta il passaggio delle applicazioni aziendali al cloud ibrido, per estrarne più dati e per ottimizzare ogni aspetto del business, dalla supply chain alle vendite”.
L’acquisizione, il cui completamento è previsto nella seconda metà del prossimo anno,
manterrà l’indipendenza e la neutralità dell’impegno di Red Hat nell’ambito open source, recita sempre il comunicato ufficiale, così come non cambierà l’attuale portafoglio prodotti e la strategia di go-to-market della società. Non solo: l’attuale management team di Red Hat è confermato, così come lo saranno le sedi, i marchi e la cultura aziendale. Del resto,
25 anni di storia di una società che oggi è capace di esprimere un fatturato complessivo non lontano dai 3 miliardi di dollari, con una crescita superiore del 20 per cento nell’ultimo anno, richiedono una certa cautela, anche da parte di un colosso ultracentenario come IBM.
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