La nuova Business Intelligence ai nastri di partenza, coadiuvata anche da un’iniziativa specifica: il Data Literacy Project
“
Stiamo per entrare nell’era degli analytics post moderni”, esordisce
Dan Sommer, Senior Director Global Marketing Intelligence Lead di Qlik, di passaggio a Milano, prima di spiegare in dettaglio quella che definisce la “
nuova generazione della Business Intelligence moderna”, resa necessaria dallo scenario di oggi, governato dai dati. “
La BI tradizionale era molto centralizzata, ed era prodotta dall’IT con strumenti specializzati, con competenze molto specifiche e con metadati predefiniti. Poi siamo passati alla BI moderna, abilitata dall’IT ma rivolta anche agli utenti non IT: questa è quella che domina attualmente”, sottolinea Sommer, spiegando che la BI post moderna, che sta cominciando ora ad affacciarsi sullo scenario tecnologico, si basa invece su un’architettura distribuita, ma soprattutto è “embedded” ovunque, dai processori ai sensori, e permette di
passare dagli analytics agli insight.
Trend univoci
Secondo Dan Sommer, che è da quattro anni in Qlik, “
non arriveremo ad avere l’analytics post moderna già nel 2019, ma si vedono chiaramente già ora dieci trend che puntano decisamente verso la piattaforma postmoderna”. Alcuni esempi di questi trend sono, in primo luogo, i
carichi di lavoro sempre più distribuiti, con l’avvento di microservices, container, docker e altri paradigmi, che fanno sì che solo i dati ma anche i carichi di lavoro possano essere spostati, in modo che si possano elaborare i dati localmente e in periferia, raggiungendo luoghi che le piattaforme BI del passato non potevano raggiungere.
Dan Sommer di QlikUn altro elemento è
l’evoluzione del cloud, che secondo Sommer porterà presto
multicloud, ibrido e edge a formare un continuum, perché “
non è sempre opportuno mettere tutti i propri dati su un solo cloud, tipo Azure o AWS, perché prima o poi questo potrebbe portare a fenomeni di lock-in, per non parlare dell’impatto di normative come il GDPR che richiedono di prestare ancora più attenzione a dove si mettono i dati”. Inoltre,
incorporare gli analytics nei processi di business sta diventando un’opzione sempre più adottata: addirittura,
Gartner parla di “continuum analytics”, in cui l'analisi in real time verrà integrata gradualmente all'interno dei processi aziendali e nei dispositivi IoT, elaborando i dati per suggerire azioni.
C’è un altro punto sul quale prestare attenzione: secondo Sommer,
l’Intelligenza Artificiale renderà gli analytics più umani e non meno, come si potrebbe credere intuitivamente. La ragione è presto detta: “
se oggi la BI comporta che l’80% del tempo sia speso nel preparare i dati, e il restante 20% nell’analizzarli, quando il compito di preparare i dati sarà appannaggio dell’AI, la quota di tempo che dedicheremo all’analisi passerà all’80%, rendendola quindi più umana”.
L’alfabetizzazione del dato
Infine, nel percorso verso la BI post moderna delineato da Dan Sommer è anche importante
non perdere di vista la “data literacy”, ovvero l’alfabetizzazione dei dati, che presto diventerà un KPI per le aziende. Per migliorare l'alfabetizzazione dei dati nelle aziende, è necessario innanzitutto determinare a che livello si trova l’azienda nella gestione dei dati. Ma oggi stanno emergendo nuovi metodi per misurare l'alfabetizzazione dei dati, e “
se si può misurare si può anche gestire”, fa notare Sommer, facendo in modo che sia le persone sia le aziende possano incrementare le competenze in un modo più preciso e mirato. Ciò che è ancora più interessante, si sottolinea in Qlik, è che ora
è possibile attribuire un punteggio sull’alfabetizzazione dei dati, che è in grado di mostrare l’esistenza di una correlazione diretta tra la data literacy e le performance aziendali. Anche perché, se la data literacy innalza le competenze dal basso verso l'alto, il suo divenire un KPI può aiutare il management a orientare le performance aziendali, come iniziativa strategica e differenziatrice.
Il Data Literacy Project
Non è quindi un caso se Qlik ha ideato un’iniziativa specifica, il
Data Literacy Project, promossa insieme a
cinque soci fondatori: Cognizant, Experian, Chartered Institute of Marketing, Pluralsight e Data to the People. Queste realtà, evidenzia Qlik, guideranno le varie iniziative, forniranno risorse educative e di formazione, e assicureranno che il progetto raggiunga la propria missione. In intesi, il
Progetto Data Literacy si impegna a ispirare le principali aziende a livello globale affinché l'alfabetizzazione dei dati sia un imperativo; creare un ecosistema di risorse globali educative sull’alfabetizzazione dei dati il più accessibile e completo possibile; e infine far sì che le istituzioni educative a livello globale inseriscano l'alfabetizzazione dei dati all’interno dei programmi di formazione. Inoltre,
la nuova piattaforma del Progetto Data Literacy fungerà da hub della community, fornendo strumenti di valutazione, informazioni e risorse di apprendimento sia per le persone sia per le aziende, aiutando a migliorare le competenze in materia di alfabetizzazione e cultura dei dati.
Italia in primo piano
“
Il tema della data literacy è molto importante, in quanto permette agli utenti aziendali di mettere valore nei dati”, conferma
Stefano Nestani, Regional Director di Qlik in Italia, sottolineando che uno degli aspetti principali degli analytics è anche quello che risponde alla domanda “
ma poi le mie persone sono in grado di trarre valore da questi strumenti?”. C’è però motivo per essere ottimisti: “
l’Italia è ai primi posti in questi ambiti, anche perché arriviamo da un anno molto positivo e come Qlik ci troviamo in prima linea sulla frontiera della BI post-moderna, con i nostri clienti italiani ben allineati con il mercato globale”, evidenzia Nestani.
Stefano Nestani di QlikE se qualcuno chiede come Qlik sta affrontando le nuove evoluzioni del mercato, la risposta è chiara: “
noi non ci limitiamo a fornire tecnologia, ma cerchiamo di creare valore per i clienti, come per esempio con la recente acquisizione di Attunity, che completa il nostro percorso verso l’end-to-end, cioè verso l’enterprise data management e non più solo sull’analytics classico, per creare questa alfabetizzazione del dato e permettere di aiutare al meglio il business user nelle sue analisi”, conclude Stefano Nestani.