Le aziende italiane sono più attente alla protezione dei dati ma devono affrontare una IT che si fa sempre più variegata, tra cloud ed on-premise
Proteggere le informazioni critiche sembra quasi una ovvietà, ma la cronaca dell'informatica ci dice che l'approccio delle aziende alla tutela dei dati
è molto meno "ovvio" di quanto dovrebbe essere. E il cloud non ha portato solo semplicità ma anche qualche complessità in più di cui tenere conto. Ne abbiamo parlato con
Paolo Lossa, Country Lead Data Protection Italy in Dell Technologies
Le aziende italiane hanno compreso l'importanza di avere una strategia precisa per la protezione e il backup dei loro dati, specie ora che sono sparsi tra on-premise e cloud?Sicuramente il tema della protezione del dato è molto sentito in Italia, ne è la prova il livello di maturità della Data Protection che abbiamo riscontrato all’interno della
nostra ricerca: nel ranking globale definito, l’Italia è passata dall’undicesimo posto del 2016 al quarto posto odierno.
Accanto a questo dato incoraggiante,
rimane ancora molta strada da fare, anche perché la crescita dei dati è costante e soprattutto distribuita tra sistemi target tradizionali e cloud. Nel mondo il 98 percento delle aziende intervistate che ha adottato il public cloud, lo considera come
parte integrante della propria infrastruttura di data protection.
In Italia, osserviamo che le aziende sono molto attente a far sì che
il dato sia disponibile immediatamente, indipendentemente dalla sua allocazione fisica, e che questo sia il più possibile protetto da qualsiasi forma di cyber attacco, sia nella fase di
migrazione al cloud sia nell’ambito di una vera strategia di Data Protection multicloud, senza che ne venga pregiudicata l’integrità e la disponibilità.
Che problemi da risolvere, o più semplicemente questioni da affrontare, trovate più di frequente presso i clienti?In questo contesto di crescita, con l’allargamento del perimetro dei dati disponibili,
sono aumentati parallelamente i rischi per le aziende. Infatti, nel 2018, il 20 percento delle aziende italiane ha dovuto affrontare la perdita irreparabile dei propri dati, con un
danno economico medio di circa 1,5 milioni di dollari. Inoltre, dal report emerge come il cloud computing
stia cambiando lo scenario relativo alla localizzazione del dato e alla sua protezione sia in Italia sia nel resto del mondo.
Nel Belpaese l’utilizzo del cloud pubblico corrisponde ormai al 30 percento del totale degli ambienti IT delle aziende (contro il 40 percento a livello globale). Le aziende
hanno stratificato negli anni la loro strategia di Data Protection; questo ha creato ambienti estremamente complessi da gestire, con applicazioni legacy che comportano costi ingenti di backup, sia organizzativi sia di infrastruttura, fino alle più moderne applicazioni che necessitano di un supporto integrato e nativo di DPS, atto a garantire un recovery ”just in time” del dato, e un’automazione il più possibile integrata nei sistemi di orchestration in uso in azienda e a quelli che verranno utilizzati nel prossimo futuro.
Le aziende italiane
chiedono sempre di più consulenza ed un servizio di assessment di Data Protection in grado di abilitare la riduzione dei costi, il percorso evolutivo dei processi, dell’organizzazione e della tecnologia, nel rispetto delle normative e della compliance.
In che modo le soluzioni di Data Protection di Dell Technologies possono dare una risposta concreta a queste esigenze?Proteggendo i dati ovunque risiedano, con soluzioni di backup, ripristino, archiviazione e migrazione potenti e a costi contenuti, che migliorano i tempi di attività ed evitano la perdita di dati, sia tradizionale
che in multicloud. Dell Tecmologies entra in gioco dunque per offrire soluzioni che vogliono
colmare la distanza tra Data Protection e data management, contestualizzando il tutto sull’universo prettamente aziendale. E avendo come obiettivo sostanziale quattro ambiti di intervento – quello più tradizionale, quello virtuale, il mondo IaaS e quello PaaS – indirizzabili ‘costruendo’ in casa la data protection oppure ‘consumandola’ come servizio.
Questi due trend sono legati alla
tipologia dei workload da proteggere. Oggi il 90 percento delle strategie di data protection si sviluppa all’interno del cliente e solo il 10 percento viene acquisita as-a-Service. Per il 2023 si stima tuttavia un ribaltamento della situazione, passando rispettivamente al 30 e al 70 percento. Ecco che per colmare il gap oggi esistente tra queste due posizioni bisogna
automatizzare i processi in campo.
Nel mondo
tradizionale l’applicativo si protegge salvando in locale, e lo stesso accade per un’applicazione virtuale. Se si passa su
IaaS, il cliente richiede una macchina virtuale alla quale viene associato il servizio, e sopra il quale transita un’applicazione. Nel caso del
PaaS, l’applicazione viene invece erogata in modalità chiavi in mano.
Per far funzionare tutto questo è necessaria una
piattaforma di orchestrazione mentre gli SLA vengono regolati in automatico, con i concetti di RPO e RTO destinati via via a scomparire. Inoltre, lavorando in cloud od on-premise secondo logiche software-defined, abbiamo la garanzia di avere una Data Protection automatizzata ed auto-adattiva rispetto alle esigenze di cloud ibride dei nostri clienti, sia oggi che nel prossimo futuro.