Il caso Huawei sembra rientrato ma lo scenario commerciale USA-Cina si è fatto troppo rischioso. E c'è chi pensa di spostare le sue produzioni altrove.
Non è ancora del tutto chiaro se le
sanzioni contro la cinese Huawei siano state ritirate. Il Presidente Trump ha lasciato intendere che sarà così, ma per ora il Department of Commerce americano
considera l'azienda ancora "bandita" dal commercio delle tecnologie statunitensi. Comunque vada, è chiaro che
molte cose cambieranno nei rapporti tecnologici tra USA e Cina e anche tra Oriente ed Occidente. Il rischio che una decisione governativa metta in pericolo miliardi di dollari di business è troppo alto, da entrambe le parti.
Così molto probabilmente le aziende cinesi accelereranno lo sviluppo di componenti e software propri che le rendano meno dipendenti dalle aziende americane con cui comunque fanno affari. E, secondo quanto
riporta il Nikkei Asian Review, stiamo per vedere in atto
le contromosse delle imprese della Silicon Valley.
Secondo il Nikkei, infatti, molti grandi nomi dell'IT stanno organizzandosi per
portare fuori dalla Cina una parte delle produzione di hardware. In prima linea ci sono
HP e
Dell, che intenderebbero riallocare circa un terzo della produzione cinese
dei loro notebook in altre nazioni. HP potrebbe avviare già dal prossimo autunno nuove linee produttive in
Thailandia od a
Taiwan, mentre Dell potrebbe rafforzare le produzioni pilota che ha già lanciato a Taiwan, nel
Vietnam e nelle
Filippine.
Altri nomi noti che starebbero valutando lo spostamento delle loro produzioni sono, sempre secondo Nikkei,
Microsoft, Google, Amazon, Sony e Nintendo. In questi casi i prodotti coinvolti sono più di elettronica di consumo che propriamente di IT: console giochi, e-reader, smart speaker. Le nazioni che potrebbero conquistare queste produzioni sono quelle che nel Sud-Est asiatico potrebbero offrire condizioni simili alla Cina: Vietnam, Thailandia,
Indonesia.
Nikkei indica che anche altri produttori di PC e server si stanno attrezzando per ridurre la loro dipendenza dalla produzione localizzata in Cina:
Acer, Asustek e Lenovo. Lo hanno già fatto nomi meno noti al grande pubblico ma che muovono i
grandi volumi di server del mercato ODM, nomi come
Quanta e Foxconn.
I produttori ODM hanno già attivato produzioni a Taiwan, in
Messico e nella
Repubblica Ceca, per coprire meglio tutto il globo e per evitare le conseguenze negative di eventuali altri blocchi all'esportazione di tecnologia. O comunque i danni economici che porterebbe uno
scontro sui dazi applicati alle tecnologie estere da parte di USA o Cina. La spiacevole conseguenza per gli utenti è che qualsiasi "fuga" dalla Cina probabilmente comporterà un
aumento dei costi dei prodotti.
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