TIM e Vodafone possono cedere parte delle loro quote nella futura nuova Inwit, anche a fondi di investimento
La partnership che
TIM ha definito con
Vodafone per mettere a fattor comune le infrastrutture wireless si fa più articolata. Almeno secondo le anticipazioni del CEO
Luigi Gubitosi espresse alla European Technology Media and Telecoms Conference di Morgan Stanley. Di fatto, la partnership si aprirebbe nel prossimo futuro anche ad
investitori finanziari. Non però ad altri attori del mondo delle telecomunicazioni.
L'ampliamento ruota ovviamente intorno al
controllo di Inwit. Nel piano previsto da TIM e Vodafone, attualmente al vaglio dell'antitrust europea, le due società conferirebbero a Inwit il controllo delle loro 22 mila torri di telecomunicazione. Inwit ora è controllata al 60% da TIM, dopo l'operazione sarebbe TIM e Vodafone ne manterrebbero il 37% circa ciascuna.
Come
fa notare Reuters, questa quota non è necessariamente fissa. Per garantire la stabilità dell'accordo TIM e Vodafone semplicemente
non possono scendere sotto il 25%. "Balla" un 12% che - questa è la novità - secondo Gubitosi TIM farebbe bene a vendere. L'idea è che questa quota sia acquisita da fondi di investimento alla ricerca di
ritorni più significativi di quelli garantiti dai mercati tradizionali. Le infrastrutture di comunicazione wireless sono appetibili da questo punto di vista, spiega Reuters, perché garantiscono un cash flow costante.
La partnership tra TIM e Vodafone dovrebbe superare i controlli dell'antitrust UE e concretizzarsi entro metà 2020. L'idea di un suo ampliamento ad altri investitori
è economicamente sensata, per TIM e Vodafone. Anche perché tutti gli operatori mobili attualmente sono di fronte ad investimenti importanti per il 5G. Investimenti certi che hanno ritorni per ora
tutti da dimostrare.
Resta semmai da vedere come questo ampliamento della partnership potrebbe essere giudicato dalla politica. Quelle di telecomunicazioni
sono infrastrutture comunque critiche. E in particolare il 5G sta diventando un terreno di confronto tra chi vede di buon occhio, o meno, l'entrata in campo di entità che potrebbero
andare contro un ipotetico interesse nazionale.
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