In Europa tutelare la privacy dei dati diventa un vantaggio competitivo per Google, da unire alla semplificazione del passaggio al cloud e della modernizzazione delle applicazioni
La strada di
Google verso l'affermazione nel mercato cloud europeo è sempre stata un po' più in salita, rispetto al mercato "di casa" degli Stati Uniti. In particolare se si pensa agli utenti enterprise, relativamente poco sensibili al fascino dei componenti infrastrutturali evoluti della
Google Cloud Platform - che invece hanno rapidamente conquistato gli utenti più tecnici e gli sviluppatori - se questi non si traducono rapidamente in vantaggi concreti ed evidenti.
Grazie anche all'esperienza maturata in Oracle,
Thomas Kurian - ora CEO di Google Cloud - sta man mano dando una connotazione più enterprise all'offerta di Big G. Puntando anche su un
ecosistema crescente di partnership tecnologiche e
strategiche. Dal Google Cloud Next 2019 UK arriva un messaggio anche più mirato per le grandi imprese europee. La presa di coscienza che
al di qua dell'Atlantico le regole del gioco si stanno facendo diverse. E che è bene recepirle, se non proprio cavalcarle.
Così il segnale forse più importante dell'evento è la promessa di garantire in tutti i modi la sicurezza e soprattutto la
privacy dei dati che le aziende possono affidare alla Google Cloud Platform. "
La nostra missione fondamentale è essere il cloud più affidabile", spiega
Suzanne Frey, Vice President Engineering, Security and Trust, Google Cloud. Secondo cui l'azienda è comunque consapevole che
la fiducia ce la si guadagna nel tempo, soprattutto offrendo trasparenza e controlli granulari nella gestione delle informazioni. Sono i due tasselli della "enterprise privacy" in cloud, ed è soprattutto sulla parte di data management che Google ha lavorato.
Le novità riguardano in particolare
External Key Manager, un componente che permette di integrare in alcuni servizi Google - principalmente BigQuery e Compute Engine - un sistema di terze parti per la
gestione delle chiavi di cifratura dei dati. In questo modo le chiavi stesse sono del tutto
al di fuori del controllo di Google. E tramite una funzione di
Key Access Justification è possibile ricevere una giustificazione del perché Google richiede l'accesso a determinate chiavi di encryption. Potendolo bloccare. Oppure subordinarlo a determinate condizioni.
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È un livello di controllo che nessun altro cloud provider offre", mette in evidenza Suzanne Frey. E questo, insieme alla possibilità di
non far uscire i propri dati dalle Region europee, diventa un elemento di
differenziazione da giocarsi con le aziende e le PA del Vecchio Continente.
Migrare e modernizzare
L'altra importante carta da giocare, in generale e non solo in Europa, per Google è quella della
semplificazione. Le aziende si trovano davanti ad architetture cloud certamente elastiche ma anche
sempre più complesse. E spesso, specie nel mondo enterprise, con il "peso" delle soluzioni tecnologicamente ormai considerate legacy. Da questo punto di vista la Google Cloud Platform mira a conquistare utenti presentando loro un percorso di
migrazione al cloud e modernizzazione delle applicazioni più semplice di altri cloud provider.
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Tutto fa parte di un impegno ad offrire una infrastruttura sicura ed affidabile - spiega Thomas Kurian -
con prestazioni prevedibili, in ambienti cloud ed ibridi. Grazie anche a diversi partner che consentono di semplificare le migrazioni dei workload".
Il riferimento è ad esempio per
VMware, con la quale - e grazie anche all'acquisizione di CloudSimple - è stata sviluppata nuova offerta per migrare workload VMware sulla GCP, senza modifiche. Oppure a
NetApp, i cui sistemi di storage possono essere usati per conservare on-premise i dati legati alle applicazioni in cloud. Ragionamenti simili possono essere fatti per i workload
SAP ed
Oracle o per il mondo
Windows. Con servizi di migrazione/gestione specifici o con il supporto bare metal.
Google Cloud promette semplicità anche al suo pubblico tradizionale, più tecnico e
più vicino alla parte di sviluppo ed operations. Da qualche tempo
Anthos è
la strada scelta da Google per portare l'approccio "
write once, run anywhere" al mondo del multicloud ibrido. E proprio per questo è stato molto ben recepito, spiega
Jennifer Lin, Vice President Product Management, Google Cloud: "
permette di creare un workload una volta sola, di eseguirlo ovunque senza modificare il codice, in maniera sicura e consistente".
Una spinta in più ora viene dalla disponibilità di
Migrate for Anthos, un tool per convertire le macchine virtuali istanziate in AWS o Azure verso ambienti containerizzati Anthos. E se si tratta invece di soli dati, il nuovo servizio
Cloud Data Fusion si propone come una soluzione ETL trasversale, per portare in cloud i dati conservati anche da data warehouse legacy.
Le novità di Google riguardano in generale
un po' tutto il ciclo di sviluppo. Per la generazione di codice vera e propria è ora disponibile
Cloud Code, con i suoi plugin e i suoi template da integrare nel proprio IDE. Per la parte di
Continuous Integration,
Cloud Build ha acquistato una funzione di Container Registry Vulnerability Scanning che cerca di rendere più sicuro il lancio automatizzato di nuove applicazioni e servizi. La parte serverless di
Cloud Run è in General Availability, anche in una versione integrata con Anthos. Stesso lancio per la versione hybrid cloud di
Apigee, da usare per mettere a disposizione via API il frutto del proprio sviluppo, anche in ambienti di cloud ibrido.