Il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara: "Le micro, piccole e medie imprese italiane, sia direttamente sia come indotto, traggono profitti importanti dal business con la Cina e ciò non va sottovalutato”.
Ammonta a oltre 44 miliardi di euro l’anno il giro di affari tra l’Italia e la Cina. È su questa cifra, la somma di 13 miliardi di esportazioni e di quasi 31 miliardi di importazioni, che può avere conseguenze negative l’eventuale prolungamento o peggioramento dell’espansione del cosiddetto Coronavirus. Si tratta di un dato in crescita significativa negli ultimi anni (oltre 5 miliardi in più dal 2016 al 2018) che va tenuto in altissima considerazione nella gestione dell’emergenza mondiale del virus cinese: macchinari, alimentari e abbigliamento i settori più significativi. Lo sottolinea il Centro studi di Unimpresa. “La salute delle persone, in tutto il Mondo, è al centro dei nostri pensieri. Non vogliamo lanciare allarmi, ma invitare le autorità e le istituzioni, sia italiane sia estere, a occuparsi di questa complessa situazione con prudenza e con la massima attenzione, sapendo che l’emergenza sanitaria può avere effetti collaterali per le principali economie mondiali. In particolare, le micro, piccole e medie imprese italiane, sia direttamente sia come indotto, traggono profitti importanti dal business con la Cina e ciò non va sottovalutato” commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara. Nel 2018, secondo i dati delle camere di commercio rielaborati dal Centro studi di Unimpresa, il totale degli scambi commerciali Italia-Cina si è attestato a 44,1 miliardi: su tratta di 13,1 miliardi di esportazioni e di 30,8 miliardi di esportazioni. Il valore è in crescita di 5,6 miliardi (+14,6%) rispetto ai 38,4 miliardi del 2016, quando le importazioni arrivarono a 27,2 miliardi e le esportazioni a 11,1 miliardi. Nei primi nove mesi del 2019, le importazioni sono arrivate a 24,2 miliardi e le esportazioni a 9,4 miliardi per un totale di scambi pari a 33,6 miliardi.
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