Il mercato Internet of Things è spinto dalle applicazioni tradizionali ma si sta diversificando. Con alcuni ritardi importanti.
Una crescita confortante e una distribuzione del business su applicazioni ben diversificate. È il ritratto della
Internet of Things italiana secondo l'Osservatorio IoT della School of Management del
Politecnico di Milano. Il mercato IoT italiano ha toccato nel 2019 quota
6,2 miliardi di euro. Con una crescita del 24% rispetto all'anno precedente. Una cifra che ci mette al livello delle altre nazioni occidentali, dove si cresce del 20-25%.
Un elemento interessante del mercato Internet of Things italiano è che
si sta diversificando bene. La fetta maggiore è ancora delle applicazioni tradizionali su rete cellulare. Hanno mosso nel 2019 circa 3,2 miliardi di euro, crescendo del 14%. Ma sono quasi alla pari le applicazioni basate
su tecnologie più evolute. A quota 3 miliardi con una crescita del 36%. In questo ambito le tecnologie più promettenti sono il
nuovo 5G e le più note reti LPWA.
Segno della crescente maturità del mercato è la distribuzione del business tra le soluzioni e i
servizi che abilitano. I
servizi abilitati dagli oggetti connessi hanno generato business per 2,3 miliardi di euro. In questo senso – spiega
Angela Tumino, Direttore dell'Osservatorio Internet of Things - il trend è chiaro. "
Si assiste a un vero e proprio processo di servitizzazione dei modelli di business tradizionali, che evolvono sempre più verso logiche di pay-per-use o pay-per-performance". Il che apre nuove opportunità di mercato. Ma richiede anche "
un radicale cambio di passo da parte di tutti gli attori della filiera".
Internet of Things: le filiere chiave
Ma quali sono le filiere coinvolte? In primis quelle del mercato
Smart Metering. Che insieme allo Smart Asset Management nelle utility ha fatto
1,7 miliardi di euro nel 2019. Una crescita spinta dalle normative. Che nel 2019 hanno portato ad installare nelle case italiane quasi nove milioni di contatori smart. 3,2 milioni per il gas (il 58% del totale) e 5,7 per l'elettricità (37%).
La crescita del mercato Smart Metering continuerà anche nel 2020.
Sempre sulla spinta della normativa sui contatori gas ed elettrici. Ma nei prossimi anni anche per i contabilizzatori di calore. Più indietro, ma comunque in crescita, gli smart meter idrici.
Dietro lo Smart Metering c'è il business delle
Smart Car. O meglio, dei veicoli connessi. Vale 1,2 miliardi di euro e conta 16,7 milioni di veicoli connessi. Bei numeri, anche se le applicazioni in questo ambito sono magari poco appariscenti. E meno "futuristiche" di quelle che mediaticamente si associano al mondo IoT.
Un ragionamento simile si può fare per altri due ambiti importanti, per il business generato. Sono lo
Smart Building (670 milioni di euro nel 2019) e lo
Smart Home (530 milioni). Qui ci sono moltissime potenzialità. Ma per ora i progetti sono legati ad applicazioni
concettualmente semplici. La videosorveglianza e la gestione dei
consumi energetici per gli edifici, la domotica e gli assistenti vocali nelle case.
Il nodo della Smart Factory
Sin dal lancio del Piano Nazionale Industria 4.0, si è pensato che la Internet of Things italiana sarebbe stata
soprattutto una Industrial IoT. In parte è stato così. I progetti
Smart Factory hanno mosso 350 milioni nel 2019. E si sono dedicati in particolare al controllo in tempo reale della produzione e alla manutenzione preventiva e predittiva. Ma anche alla tracciabilità dei beni in magazzino e lungo la filiera. Un riflesso "industriale", questo, del fatto che la
Smart Logistics in generale è un segmento chiave. Con un giro d'affari di 525 milioni del 2019, legati soprattutto alla gestione delle flotte aziendali.
Sono segnali positivi che
nascondono un divario importante tra grandi aziende e PMI. Secondo i dati dell'Osservatorio, il 97% delle grandi imprese conosce le soluzioni IoT in logica Industry 4.0 e il 54% ha attivato almeno un progetto di Industrial IoT nel triennio 2017-2019. Ma
solo il 39% delle PMI ha sentito parlare di queste soluzioni e appena il 13% ha avviato iniziative.
Il problema non è semplice da risolvere perché è in buona parte
slegato dalle tecnologie. E nemmeno gli incentivi statali sembrano contare più molto. Oggi solo il 38% del campione li vede indispensabili per attivare progetti IoT. Il freno è legato alle
competenze, che mancano nel 56% del campione. E
nell'approccio: il 44% delle aziende non apprezza chiaramente i vantaggi delle soluzioni IoT. Anche se un po' tutti, grandi e piccoli, vi vedono il potenziale per una maggiore efficienza dei processi.
C'è ancora molta strada da fare, insomma. Secondo
Giovanni Miragliotta, Responsabile Scientifico dell'Osservatorio Internet of Things, ora le aziende devono "
aumentare impegno e investimenti nell'acquisizione e sviluppo di competenze IoT e imparare a valorizzare al meglio i dati raccolti". Facendo questo diventa possibile "
estendere la propria offerta con servizi a valore aggiunto". E anche una vera e propria servitizzazione. Dato che stiamo già assistendo ai primi casi di macchinari non acquistati ma ricevuti in pay-per-use.
Verso le nuove Smart City
Le applicazioni Internet of Things in ambito
Smart City sono ormai molto importanti. Nel 2019 hanno mosso 520 milioni di euro, sulla spinta di una
buona intraprendenza dei Comuni italiani. Il 42% dei Comuni italiani con almeno 15 mila abitanti ha avviato un progetto di Smart City negli ultimi tre anni. Molti sono ancora in fase di sperimentazione, ma la maturità media è confortante. Il 39% dei Comuni ha realizzato iniziative estese a tutta l'area urbana e pronte a generare i risultati attesi.
Lo scenario descritto per le Smart City è abbastanza prevedibile. I Comuni puntano a
migliorare i servizi già offerti ai cittadini (79% del campione), a introdurne di nuovi (51%) e a garantire la
sostenibilità ambientale (38%). E sono frenati principalmente da
mancanza di competenze (56% del campione), carenza di risorse economiche (47%), complessità burocratica (38%).
Il problema peculiare di questo ambito è che la Smart City
è un ecosistema. E
non è facile coordinarne le varie componenti e iniziative. Pochi Comuni (il 20% di quelli che hanno avviato progetti) riescono a inquadrare le diverse iniziative all'interno di una
strategia Smart City estesa ad attori terzi. Che di solito sono municipalizzate, altri Comuni, università e centri di ricerca. In subordine startup e fornitori di servizi.
Uno scenario da migliorare. Lo dimostra anche
il ruolo che i Comuni vorrebbero assegnarsi nell'ambito delle collaborazioni estese. Il ruolo più citato (69% di citazioni) è quello del Promotore. Che avvia e gestisce in prima persona i progetti di Smart City. Viene dopo (51%) il ruolo di Abilitatore. Che mette a disposizione di terzi informazioni e infrastrutture del Comune per consentire l'offerta di servizi ai cittadini. In coda (31%) il ruolo di semplice "Utilizzatore" dei servizi di operatori privati.
La coda della Internet of Things
I comparti in coda al treno della Internet of Things italiana sono Smart Agriculture, Smart Retail e Smart Health. La
Smart Agriculture "cuba" relativamente poco. 120 milioni nel 2019, spesi perlopiù nel monitoraggio di mezzi e terreni agricoli. E le
applicazioni più evolute? Arriveranno. Lo
Smart Retail è definito come "molto promettente" ma è anche marginale. Dall'analisi del comportamento dei clienti nei negozi agli smart product, le potenzialità sono molte. Ma serve anche una visione precisa, il che giustifica la crescita lenta del settore.
Semmai brilla l'assenza, o per meglio dire la marginalità, del comparto
Smart Health. Qui è meglio guardare alle prospettive. Anche considerando che proprio l'attuale emergenza coronavirus
sottolinea le potenzialità della Sanità digitale. E quindi le possibilità di sviluppo. Tracciabilità dei farmaci e delle attrezzature mediche, monitoraggio dei parametri vitali da remoto, applicazioni sinergiche tra IoT e AI... sono alcuni esempi di come l'IoT può aiutare a migliorare il servizio ai pazienti. E le capacità di cura.
Tutte cose che oggi vediamo quanto siano importanti. Ma in generale tutto il mondo Internet of Things
potrebbe ricevere una spinta dalla pandemia. Quando le persone sono giocoforza lontane dal luogo di lavoro, qualsiasi funzione di telecontrollo e automazione è benvenuta. A patto di
poterci investire.