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Tra open source e politica: il caso Monaco

Monaco di Baviera vira verso l'open source. Dopo molti cambi di rotta che ne fanno un caso-simbolo del rapporto complesso tra politica e tecnologia.

L'opinione
La coalizione verdi-SPD che guiderà Monaco di Baviera ha presentato un suo programma per il periodo 2020-2026. C'è spazio al suo interno per una nuova virata dell'Amministrazione bavarese verso l'open source. Di per sé sarebbe un dettaglio, specialmente oggi che il software libero ha trovato casa praticamente ovunque. Ma diventa uno spunto interessante se si ricorda che, quasi venti anni fa, proprio Monaco era stata la città-simbolo delle scelte open source.

Un veloce ripasso storico. Nel 2003 Monaco decise che avrebbe migrato a Linux ed a OpenOffice qualcosa come 14-15 mila postazioni. La spinta derivava dal "fine vita" di Windows NT. E dalla volontà di risparmiare i costi di licenza del sistema operativo di Microsoft e delle sue applicazioni Office. All'epoca l'annuncio della migrazione fu un evento eclatante. Anche perché Monaco è uno dei principali centri economici europei.

La migrazione non andò esattamente come previsto. Ma fu comunque un caso molto rilevante. Simboleggiato anche dallo sviluppo di LiMux. Una distribuzione Linux studiata ad hoc. Per avere le certificazioni necessarie a operare integralmente nella PA tedesca.

Ha fatto meno scalpore, quasi 15 anni dopo, il dietrofront della città bavarese. La migrazione di LiMux era una iniziativa rosso-verde. Con il cambiamento degli orientamenti politici, poi, erano cambiati anche quelli tecnologici. A fine 2017 la nuova maggioranza SPD-CDU annunciava l'idea di uniformare tutte le postazioni nuovamente su Windows. Con un progetto, sostenevano i critici, proposto in precedenza da Accenture in quanto partner di Microsoft. Costo del ritorno verso Redmond, secondo i Verdi: almeno una novantina di milioni di euro.
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La partita del client

Davvero alla fine del 2017 aveva senso un dibattito pro o contro l'open source? In generale no. Ma il dibattito era una ripresa del vecchio classico "Linux contro Windows sul client". Più incentrato su Microsoft Office che sulla parte del sistema operativo.

Man mano che la migrazione procedeva i responsabili della parte IT spiegarono che "L'attuale sfida della digitalizzazione ha intensificato la pressione al cambiamento: Monaco dovrebbe e vuole tenere il passo con gli sviluppi globali e svolgere un ruolo guida nella digitalizzazione municipale. Ciò è difficilmente realizzabile senza un panorama IT moderno con prodotti standard sul mercato".

E comunque il ritorno al passato, si spiegava, "Riguarda solo il sistema operativo Windows 10 e l'uso di Microsoft Office. Molti server continuano a funzionare con il sistema operativo Linux. I prodotti open source continueranno a essere utilizzati". In sostanza, si diceva: il problema non è Linux ma le applicazioni di produttività. Microsoft Office è meglio.

Ora, solo qualche anno dopo, la nuova coalizione al governo della città bavarese preannuncia un cambio di rotta. Che certamente non influirà sulla migrazione verso Windows, che è ancora in corso. Ma segnala un punto di vista interessante. "Ovunque tecnicamente e finanziariamente possibile, la città si affida a standard aperti e software con licenza open source gratuita, evitando così prevedibili dipendenze da un produttore", si spiega nel programma.
windows7wpInoltre si introduce il principio "denaro pubblico, codice pubblico". In sostanza, l'intenzione è rendere sempre liberamente disponibile il codice del software acquistato dalle PA o sviluppato con fondi pubblici, "se non comprende dati personali o riservati". E per gli sviluppatori c'è uno stimolo in più: il Munich Open Source Sabbatical. "I programmatori professionisti che vogliono concentrarsi interamente sull'ulteriore sviluppo di un progetto open source per tre o sei mesi possono richiedere una borsa di studio retribuita". Sempre che il progetto abbia una utilità per l'amministrazione comunale.

La morale politica

Il caso di Monaco di Baviera sottolinea un elemento che viene spesso sottovalutato nel rapporto tra open source e PA. Non è sempre e solo una questione di investimenti. Le scelte fatte in campo tecnologico dalla PA sono comunque scelte politiche. Almeno in parte. Perché vengono fatte dalla politica e tengono per questo conto di una molteplicità di fattori. Tra cui ci sono anche - ma non solo - opportunità tecnologiche.

Lo abbiamo visto anche da noi, e di recente. Sappiamo che lo sviluppo dell'app Immuni per il contact tracing avrebbe potuto prendere strade diverse. Ma le scelte tecnologiche sono state condizionate dalla necessità politica di muoversi in fretta. Come altre scelte a livello di Unione Europea sono state influenzate dalla visione, anche politica, sul controllo delle informazioni.

Da questo punto di vista si ipotizza che l'ennesima "svolta" nelle scelte tecnologiche bavaresi sia anche legata alla visione attuale che l'Europa ha della criticità delle informazioni. Ai tempi di LiMux non erano una questione fondamentale. E in fondo nemmeno ai tempi dell'indietro tutta verso Windows 10. Oggi le cose sono cambiate. Aziende e cittadini sono sempre meno propensi a cedere il controllo dei propri dati. Un sistema tutto progettato da una PA nazionale potrebbe essere percepito come più affidabile di una piattaforma commerciale. Almeno fino al prossimo cambio di coalizione.
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