L’approccio all’open banking delle istituzioni finanziarie italiane si sta trasformando. Inizialmente molti istituti lo hanno affrontato esclusivamente come una questione di conformità alla PSD2, più che come un'opportunità strategica; oggi le cose stanno cambiando. Ne parla Marie Johannson, Country Manager di Tink per l’Italia
In un mondo che sta diventando sempre più complesso, sia i consumatori che le aziende sono
alla ricerca attiva di provider di servizi finanziari che possano aiutarli nel raggiungere i propri obiettivi finanziari. “
L'open banking offre ai provider un'opportunità unica in questo senso: trasformare il modo in cui persone e aziende gestiscono il denaro e rivoluzionare il settore dei servizi finanziari”, dichiara
Marie Johannson, Country Manager di Tink per l’Italia - piattaforma di open banking svedese arrivata sul mercato italiano nel dicembre del 2019 - ha indagato il fenomeno per poter disporre di dati specifici a riguardo e i risultati sono stati molto incoraggianti.
Marie Johannson, Country Manager di Tink per l’Italia TinkNel
primo report realizzato nel 2020 e legato all’
atteggiamento delle banche nei confronti dell’open banking si è appreso come oggi le istituzioni finanziarie siano positive come mai prima d’ora verso l’open banking. Nel Bel Paese, infatti, è il 60% degli intervistati a mostrarsi positivo, segnando un +3% rispetto all’anno precedente. Dati confermati nel corso dell’
ultimo report secondo cui la spesa media in open banking in Europa è compresa tra i 50 e 100 milioni di euro, con il 45% degli istituti finanziari che dispone anche di budget superiori ai 100 milioni di euro.
“Il rischio è che alcuni istituti finanziari perdano un’occasione, affrontando l'open banking esclusivamente come una questione di conformità alla PSD2, più che come un'opportunità strategica che riguarda l'azienda in modo più ampio e che può creare valore sia per le imprese che per i clienti”, afferma parla Marie Johannson
.
Si va oltre la complianceIn Italia per cogliere i
benefici a breve e lungo termine legati all’open banking, gli istituti finanziari hanno iniziato a guardare
oltre la compliance, preparandosi ad innovare rapidamente. “
In questo modo, c'è un'enorme opportunità per anticipare la concorrenza e soprattutto migliorare la customer experience. Questo è uno degli elementi di maggior rilievo in Italia, basti pensare che l'opportunità di migliorare la customer experience è stata la principale fonte degli investimenti in open banking, secondo il 53% degli istituti finanziari intervistati”, sostiene Marie Johannson. Ma
come si può raggiungere questo obiettivo?“Sebbene i dati raccolti da Tink dimostrino che c’è ampia fiducia nell'open banking, è anche vero che molti istituti finanziari non ne comprendono pienamente i vantaggi. In definitiva, le istituzioni che sono in grado di tradurre in una chiara strategia le opportunità dell'open banking sono quelle che possono già realizzare rendimenti concreti”, spiega parla Marie Johannson.
La buona notizia è che
in Europa il 58% delle istituzioni finanziarie indica di avere già una chiara strategia legata all’open banking. Ciò dimostra che mentre alcuni istituti finanziari considerano l'open banking come un gioco strategico a lungo termine, ci sono anche un numero crescente di dirigenti d'azienda che vedono l'opportunità di creare valore a breve termine e guadagnare rapidamente. La verità è che
l'open banking offre notevoli opportunità sia nel breve che nel lungo periodo: si può partire con casi d'uso più basilari e passare poi a quelli più sofisticati nel tempo.In particolare, i casi d'uso a cui molte istituzioni stanno dando la priorità sono relativi alle prime fasi del percorso del cliente. In Europa,
sono molti gli istituti finanziari che stanno cercando servizi di open banking per migliorare il processo
KYC (know your customer), semplificare l’onboarding ed effettuare il
credit scoring in tempo reale, accelerando così l'accesso dei clienti ai servizi finanziari.
“Oltre ad avere strategie chiare, gli istituti finanziari devono anche investire tempo e sforzi nella creazione di partnership con il mondo fintech. Queste sinergie possono fornire agli istituti finanziari la tecnologia, l'esperienza e la visione per guidare la creazione di valore dell’open banking”, dice la country manager.
Per questo è particolarmente incoraggiante vedere che in
Europa, il 69% degli istituti finanziari ha aumentato il numero di partenership fintech nel 2019. Non solo, la stragrande maggioranza dei dirigenti indica che sta lavorando con più di un partner - alcuni anche con più di cinque - per raggiungere gli obiettivi della propria azienda.
Ma come dice
Marie Johannson, “prima di avviare una partnership fintech, tuttavia, è importante che gli istituti finanziari valutino attentamente l'offerta tecnologica in ballo, esaminando al contempo le capacità del possibile partner in termini di supporto, sicurezza e integrità”.C’è ancora molto da fare:
Marie Johannson tira quindi le conclusioni:
“L’atteggiamento positivo nei confronti dell'open banking banking è la prova dell'incredibile lavoro che le aziende hanno svolto per rispettare le scadenze normative, tuttavia c'è ancora molto da fare prima di poterne sfruttare pienamente i benefici. Il Covid-19 ha accelerato il passaggio ai canali digitali, e una situazione straordinaria di necessità ha portato ad una nuova normalità, quella in cui gli istituti finanziari si concentrano sulla trasformazione digitale di prodotti e servizi. Ora che la digital transformation è così centrale nei business di tutta Europa, è il momento dell'open banking e questa rivoluzione non è che all’inizio”.
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