La logistica del futuro deve imparare dalle conseguenze dell’emergenza coronavirus sulle supply chain globali
Le industrie e le
supply chain che ne regolano i flussi non saranno più le stesse nel post-coronavirus. Nella fase di emergenza della pandemia "
Come in ogni crisi, sono emersi i punti di forza e le debolezze del sistema. Per migliorare, è importante imparare da queste situazioni di emergenza. Se ora la vostra supply chain è rimasta invariata rispetto a prima, forse c’è qualcosa di sbagliato", spiega
Richard Wilding, Professore di Supply Chain strategy all’Università di Cranfield.
Proprio Wilding e DHL hanno condotto uno studio sui
possibili cambiamenti che coinvolgeranno le supply chain globali a seguito della pandemia. Mettendo in luce possibili strategie e azioni per improntare le catene logistiche del futuro e portarle a una nuova normalità. "
Siamo convinti che in futuro il modo di fare logistica cambierà radicalmente e in cima alle priorità nei prossimi mesi ci deve essere un piano strutturato, a partire da indicazioni sull’export delle merci dall’Italia, alla riorganizzazione dei magazzini, all’efficientamento dei viaggi", commenta
Mario Zini, amministratore delegato di DHL Global Forwarding Italy
Ora si riescono a vedere solo i confini di questa nuova normalità
che si sta delineando, ma le industrie non entreranno immediatamente e a pieno regime in una fase post-Covid19, né torneranno a operare come prima.
Le aziende stanno ancora cercando di gestire la crisi, e qualsiasi ritorno alla normalità rimane – ad oggi – un obiettivo lontano. Adesso, si vive una fase di pre-nuova normalità che sta cercando di colmare il divario tra l’isolamento e la ripresa.
Alcuni settori industriali sono stati più colpiti di altri e quindi si riprenderanno più lentamente. Ma le varie implicazioni per le imprese e le supply chain
possono essere distinte e divise in quattro categorie: i problemi legati alle capacità di ripresa delle aziende, quelli che riguardano la domanda, quelli che coinvolgono i trasporti e i magazzini e, ovviamente, quelli legati ai posti di lavoro.
In questa fase di pre “nuova normalità”, le supply chain s
aranno via via rimodellate perché siano più resistenti. Per esempio, il solo fatto che sia le sedi di produzione sia i magazzini siano stati ugualmente colpiti dal lockdown e abbiano dovuto uniformarsi alle diverse normative, si tradurrà in un aumento della produzione, dello stoccaggio, del dual sourcing, del re-shoring e del near-shoring. I più importanti attori delle supply chain globali, invece che concentrarsi esclusivamente sui fornitori Tier 1, dovranno esaminare più da vicino anche quelli Tier 2 e Tier 3 per verificare
se sono in grado di tenere il passo con il flusso delle merci.
Tra gli altri fattori che dovranno essere presi in considerazione,
l’irregolarità della domanda e dei gusti dei consumatori inevitabilmente si ripercuoteranno sulla necessità di trasporti e reti di magazzino più flessibili. La realtà degli
ecommerce, per esempio, sarà
sempre più diffusa e le
vendite dirette ai consumatori
aumenteranno, mentre altri canali di vendita al dettaglio rimarranno fortemente colpiti.
Anche le nuove normative sul
distanziamento sociale influenzeranno il flusso di lavoro dei magazzini e degli uffici. Per chi potrà fare smart working saranno necessari
sistemi informatici affidabili, in grado di gestire una forza di lavoro maggiore con sistemi di accesso e gestione dei dati appropriati.
I processi di magazzino dovranno essere adattati ai nuovi standard: bisognerà rivederne l’intera organizzazione, dai punti di prelievo alle aree di imballaggio, ogni cosa dovrà rispettare le nuove norme. Il passaggio alla nuova normalità perturberà gli equilibri che fino ad oggi hanno tenuto in piedi l’industria logistica, ma fornirà una nuova spinta verso processi sempre più digitalizzati e
automatizzati.
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