Il fondatore e CEO di In-Site spiega come si progetta un data center moderno. Che dev'essere green, progettato e realizzato a regola d’arte con tecnologie innovative, e "human centric".
I data center hanno subito importanti evoluzioni negli ultimi anni. Non si tratta solo di luoghi in cui vengono stipati dei server, ma di spazi che vedono protagoniste soluzioni tecnologiche evolute all'insegna del
risparmio energetico, dell'impiego di
energia pulita e di
ottimizzazione dei consumi.
Per questo, lo sviluppo di un
nuovo data center coinvolge sempre più spesso architetti, ingegneri e figure professionali specializzate nell'ottimizzazione degli spazi, degli ambienti e dei consumi, oltre al personale tecnico. Un esempio di questa evoluzione è rappresentato da
In-Site, società di ingegneria integrata focalizzata sulla progettazione e realizzazione di infrastrutture complesse, che fra gli altri ha
progettato anche il polo tecnologico siciliano di Carini, voluto dal consorzio Open Hub Med (OHM).
Per capire come nasce il progetto di un data center moderno e human-centric, e come si sviluppa, abbiamo incontrato
Pietro Matteo Foglio, fondatore e CEO di In-Site.
Pietro Matteo Foglio, fondatore e CEO di In-Site
Come lavora In-Site
In-Site è una società di ingegneria integrata che dispone al suo interno di tutte le competenze necessarie per gestire a 360% il processo progettuale. Una peculiarità di In-Site è il focus sulle infrastrutture e su quegli ambienti in cui la valenza tecnologica è rilevante,
con un approccio ‘human centric’: parliamo ad esempio di alcune tipologie di data center, dei
Security Operation Center o di certi tipi di infrastrutture ospedaliere particolarmente critiche. In questi ambienti In-Site si occupa dell’ingegneria degli impianti, che deve essere del tutto ineccepibile, e
dà una nuova rilevanza all'uomo, inteso come persona che vive quegli spazi, anche se solo temporaneamente o parzialmente, come nel caso dei data center.
Per presenza umana si può anche intendere quella di potenziali clienti, che visitano gli spazi nell'ottica di compiere una scelta e decidere di affidarsi a un fornitore di tecnologia piuttosto che a un altro. Senza dimenticare gli spazi in cui è ancor più rilevante la presenza umana e, lì, subentrano
elementi di psicologia ambientale. I Security Operation Center, e in generale gli spazi preposti alla cyber security, rientrano in quest'ottica perché li vediamo come una sorta di "cabina di regia" che sarà sempre più vicina ai data center.
Un'altra peculiarità di In-Site riguarda i tempi di risposta. La conoscenza delle infrastrutture e la capacità di intervenire in tempi rapidi ha portato quest'azienda ad avere un ruolo primario nella realizzazione di data center e nel supporto tecnico ai facility manager. Questo aspetto ha avuto grande importanza durante l'emergenza COVID-19, in cui le persone, lavorando da remoto, dovevano poter contare sulla massima disponibilità dei data center. La nostra
capacità di risposta e di ottimizzazione dei tempi ci ha permesso di soddisfare prontamente le richieste di ampliare i servizi di gestione di ospedali e delle realtà che gravitavano attorno al coordinamento di una situazione di emergenza.
Da diversi anni, In-Site adotta la metodologia BIM (Building Information Modeling) per la progettazione, realizzazione e conduzione delle infrastrutture complesse di cui si occupa. Questo metodo è in linea con l'approccio integrato alla progettazione che distingue una società come In-Site, in quanto permette di governare l'intero progetto nella sua complessità e di rendere molto più efficiente ed efficace sia il processo progettuale dell'infrastruttura sia il facility management.
A volte è difficile associare i data center ad ambienti confortevoli per l'uomo, soprattutto dal punto di vista delle temperature, del rumore di fondo e dell'illuminazione interna. Che cosa fate sotto questi aspetti?
Fin dai primi progetti sono stato sempre affascinato dalla dicotomia tra questi spazi obiettivamente invivibili da tutti i punti di vista e una logica "olivettiana". Pensiamo che
un data center non sia solo un contenitore di impianti. Le persone che ci lavorano hanno anche la necessità di stare in uno spazio che possa essere più vivibile da un punto di vista cromatico e di illuminazione.
Sul fronte delle temperature, ad esempio, sfruttiamo le nuove tecnologie per compartimentare il freddo, che rendono il data center un ambiente molto caldo. Sotto questo punto di vista e facendo attenzione all’acustica, abbiamo cercato di lavorare sull'elemento simbolico. Tendiamo a concepire questi spazi un po' come delle grandi astronavi, ossia ampi spazi realizzati modularmente, con percorsi che aiutano a percepire il data center come un "organismo" pulsante di cui l'uomo abbia il controllo dei vari organi. In questo scenario, il tema acustico rappresenta un elemento affascinante e stimolante dal punto di vista simbolico.
Gli ambienti compartimentati sono uno degli argomenti "caldi" dei data center green, perché favoriscono il risparmio energetico grazie all'impiego del raffreddamento passivo.
Qualsiasi elemento impiantistico (così come le soluzioni IT), se recepito nella fase iniziale di concepimento di un progetto, può influenzare tantissimo anche il layout e gli spazi a disposizione. Si tratta di un approccio fondamentale per noi: ecco perché reputiamo importante che al tavolo di progettazione siedano tutte le componenti e tutte le menti pensanti che potrebbero governare un data center: IT, facility manager, gli addetti all'elettronica, alla meccanica, al cablaggio.
Sono tutti elementi che influiscono molto, anche se talvolta in modo meno evidente, sulla tipologia degli spazi. Ecco che in questo senso pensiamo che il tema della compartimentazione del freddo possa entrare anche nella percezione psicologica degli spazi. Oltre a questo, naturalmente permette davvero di efficientare i costi.
Se dovessimo evidenziare un punto di svantaggio, possiamo dire che quando un cliente o anche un semplice utente entra nella sala, effettivamente la percezione termica non sia delle migliori: questo è normale, ci sono temperature che arrivano addirittura a 40 gradi. In questo senso, c'è una criticità intrinseca, più che altro culturale: se ad esempio si fa un sopralluogo ad agosto a Palermo, non si riesce ad associare il caldo che viene percepito a una soluzione performante.
Sfruttate anche le energie pulite?
Certo. Sempre più, sin dalla fase iniziale, vengono considerati questi aspetti. Uno dei progetti a cui abbiamo lavorato tempo fa utilizza il sistema geotermico, prelevando l'acqua di falda dai corsi limitrofi nell'area e sfruttando lo scambio termico per il raffreddamento. Però bisogna sempre vedere tutto in una logica di intelligenza e di compromesso.
Nel momento in cui si adotta un sistema geotermico, è necessario usare un sistema idraulico che richiede un consumo energetico, quindi si va sì a risparmiare per la parte termica o di condizionamento, ma si spende in altro. Bisogna sempre bilanciare e valutare il compromesso migliore. Esistono dei criteri generali di buona progettazione che sono sicuramente l'involucro edilizio, la copertura e il fotovoltaico, che sono assolutamente imprescindibili.
Quasi tutti i data center pensati, progettati e realizzati con qualità non perdono mai di vista questi principi. Tant'è che incominciano a esserci anche in Italia siti che beneficiano della certificazione Leed. Poi esistono anche aspetti più georeferenziali, in cui si utilizzano fonti rinnovabili o fonti di energia alternativa.
In termini di approccio ‘green’ anche l'illuminazione fa la sua parte. In genere si collega a un concetto di comfort mentale, quando invece ha anche un ruolo importante nel risparmio energetico.
Puoi citare delle case history?
In-Site nel corso del tempo si è evoluta nella sua offerta di servizi. Nello specifico nei data center è diventata anche
general contractor. Abbiamo talmente familiarizzato con il processo della progettazione e della governance dei data center che molti clienti hanno cominciato a chiederci se fossimo in grado di occuparci di
tutta la governance, di realizzare anche attività di edilizia e impiantistica.
Alcune delle nostre case history hanno visto In-Site nel ruolo di main contractor, oltre che di progettista. Per noi è motivo di orgoglio perché non siamo una multinazionale, ma in quest'ambito siamo stati molto più performanti di realtà ben più grandi della nostra.
Un esempio di cui andiamo fieri è il
data center di Novartis in Toscana. Era un polo estremamente innovativo in cui venivano prodotti i vaccini. Da un punto di vista di processo di qualità, parliamo di un contesto di innovazione totale. Questo data center è partito con una serie di soluzioni estremamente interessanti ed è un esempio di processo virtuoso perché abbiamo ragionato sugli spazi da tutti i punti di vista, a partire da quello impiantistico fino all'interconnettività, per il collegamento con altri centri in cui venivano prodotti vaccini.
E anche da un punto di vista di immagine aziendale. Abbiamo seguito tutti i lavori, coordinando una serie di imprese estremamente innovative e molto avanzate. In-Site si è occupata della governance del progetto, realizzato
in tempi velocissimi, con soluzioni che per quel periodo erano molto innovative. È stato un caso di successo perché si è affermato anche come uno dei progetti più avanzati di tutto l'universo Novartis mondiale.
Un’altra case history che vorrei riportare riguarda il caso di
Ids & Unitelm a Roma, dentro al polo della Conferenza Episcopale Italiana. Parliamo del data center preposto alla gestione di tutto il patrimonio culturale ecclesiastico nella rete della CEI. Abbiamo trovato un cliente molto aperto all'innovazione e abbiamo potuto realizzare, in accordo con il cliente, un data center con soluzioni impiantistiche assolutamente all'avanguardia, estremamente flessibile, predisposto alla crescita in maniera direi quasi endogena, ma anche con un involucro molto ‘artistico’. È stato il primo di una lunga serie di progetti con loro: in questo momento stiamo progettando un data center a Messina.
Se dovessi entrare in una macchina del tempo e uscirne fra vent'anni, come immagini il data center del futuro?
Penso che in realtà l'evoluzione in termini fantascientifici o iper avanguardistici non sia così veloce. In una logica in cui la predisposizione culturale fa immaginare spazi e dimensioni nuovi, io vedo progetti legati a un elemento concreto, che è quello dell'Edge. E una nuova concezione - o futuro - degli spazi legata a un altro punto che ci affascina tantissimo: la cybersecurity.
Nella nostra visione, ci immaginiamo
slot e satelliti, piccoli data center (gli Edge appunto). Potrebbero assomigliare alle cabine telefoniche di una volta, di fatto sono dei micro data center che trasmettono il segnale e riducono la latenza. Nello scenario che ci raffiguriamo, vediamo spazi in cui le persone vivono, con una mentalità radicalmente nuova e diversa rispetto all’ambito commerciale e al retail.
Non ci sono più negozi, ma tante infrastrutture tecnologiche, tante piccole astronavi nel territorio che potrebbero avere anche conformazioni caratteristiche identificative: diverse forme di data center e di server che trasmettono i segnali a una struttura ramificata.
I grandissimi siti dislocati in zone remote che vengono costruiti oggi potrebbero rimanere appannaggio delle grandi multinazionali come le top 50 di Fortune. Il mercato italiano è frammentato, fonda le basi su migliaia di piccole e medie imprese, quindi potrebbe essere più adatto a
soluzioni piccole su tutto il territorio, che servono anche un ampio mercato consumer con e-commerce e contenuti in streaming.
È questo che si intende per flessibilità: la capacità di capire com'è il mercato, come sono le società o com'è la frammentarietà del contesto italiano. La flessibilità permette, in una logica in cui il progetto del data center è modulare, un approccio che ci consente di essere molto più capillari sul territorio rispetto al mercato delle grandi multinazionali, che a loro volta hanno una visione diversa, dominata da mercati completamente differenti dal nostro.