Si presenta al mercato la Community volta a valorizzare il ruolo della donna nella cyber società. Presentata nel corso del Security Summit Streaming Edition, è sostenuta dal Clusit - Associazione per la Sicurezza Informatica in Italia. Tre i tavoli di lavoro attualmente aperti: cyber bullismo, sensibilizzazione e divulgazione nelle scuole e revenge porn
Nasce
Women for Security, la
community di cyber ladies impegnata nell’
accrescere il valore del ruolo femminile e, di conseguenza, provare a
chiudere il gender gap nell’ambito della cybersecurity italiana.
Competenze, Condivisione e Crescita i valori fondanti della community tutta al femminile che punta a coinvolgere le professioniste italiane della
sicurezza cyber.Presentata nel corso del
Security Summit, la community è stata costituita lo scorso marzo, a partire da un primo nucleo di professioniste nell’ambito di
Clusit, l’Associazione per la Sicurezza Informatica in Italia. A raccontarla al pubblico virtuale la fondatrice,
Cinzia Ercolano, Ceo di Astrea e membro dell’Advisory Board delle Women For Security, che ha radunato intorno a sé le prime esperienze nei vari ambiti professionali: dalla ricerca, alle tecnologie, alla divulgazione scientifica e culturale, agli aspetti legali, alla comunicazione e al marketing, senza escludere quello personale, prettamente legato alla professione come opportunità di crescita individuale.
Accanto a lei
nell’Advisory Board Cristina Gaia, Regional Marketing Manager di CyberArk e Carmen Palumbo, Country Sales Manager Italy di F-Secure. Tra le altre speaker nel corso dell’evento di presentazione:
Anna Vaccarelli, Responsabile delle relazioni esterne, media, comunicazione e marketing del Registro.it; Sofia Scozzari, Ceo &Founfer Hackmanac, Comitato Scientifico Clusit; Anna Italiano, Associate Partner, Legal Pratice Leader Partnership4Innvoation.
I profili delle
partecipanti alla community delle Women For Security sono molto variegati: dalle professioniste ricercatrici, ai profili tecnici, a quelli in ambito legale, della comunicazione e del marketing, a quelle di vendita.
C’è ancora molto da fare. Non mancano i segnali positivi
Se, da un lato, la cyber security è oggi un’emergenza anche a causa della carenza di competenze e figure professionali a livello globale, dall’altro appare molto grave
la mancanza di rappresentanza femminile all’interno del settore: i dati rilevati da
Women in Cybersecurity, iniziativa della Commissione Europea, evidenziano che le donne che operano nell’ambito cyber security a livello europeo sono solo il 7%.
“
Nel mio percorso professionale mi sono imbattuta in donne straordinarie, che dimostrano continuamente il valore della loro preparazione, delle competenze abbinate a pragmaticità e capacità di analisi tipicamente femminili. Da qui l’idea di creare uno spazio di condivisione, che abbiamo attivato già prima dell’inizio della pandemia. Questi mesi, ci sono poi serviti per consolidare conoscenze e modus operandi. Soprattutto, abbiamo avuto dimostrazione della grande versatilità e capacità di resilienza delle cyberladies”,
afferma Cinzia Ercolano. “
Abbiamo avuto modo di rilevare anche un dato incoraggiante: diversamente dal passato, diverse delle giovani professioniste si approcciano alla cybersecurity già nelle loro prime esperienze lavorative: sappiamo che la strada per colmare il gender gap sarà lunga, ma questo ci fa ben sperare”, prosegue Ercolano.
Alcune testimonianze"Se il marketing nella sicurezza è donna – dice Cristina Gaia, anche a livelli manageriale e C-Level – il cammino da fare per colmare il gender gap è ancora lungo: le percentuali infatti sono ancora basse come emerge da molte ricerche di mercato". Cosa fare per
diminuire il gender gap? Come suggerisce l'azienda Ivanti, dopo aver svolto un sondaggio Women in Tech 2019:
“Occorre garantire parità di retribuzioni e benefit tra uomini e donne; le aziende devono assicurare di trattenere i talenti femminili; garantire la presenza di più donne speaker negli eventi di alto profilo; collaborare con scuole e università per formare la prossima generazione nel settore tecnologico”, rimarca Cristina Gaia.
Interessante la sfida affrontata di
Carmen Palumbo, oggi Country Sales Manager di F-Secure in Italia: “
Una scommessa e al contempo opportunità: da responsabile marketing con 20 anni di esperienza a guida della filiale italiana di un’azienda finlandese, capace di riconoscere ruoli manageriali alle donne, grazie anche alla cultura nazionale più moderna". E la manager
cita qualche numero: "
Secondo l’ultimo report di Women in Business 2020, stilato da Grant Thornton International, la percentuale di Ceo donne è aumentata nei 32 Paesi presi in esame nella ricerca, arrivando al 20% rispetto al 15% del 2019 – afferma.
Anche la rivista Fortune mostra uno scenario simile. Nella classifica, stilata ogni anno, che premia le migliori aziende Usa per fatturato, quest’anno hanno trionfato 33 strutture con a capo donne Ceo, un vero e proprio record mai raggiunto prima. Se questi dati restituiscono un’immagine positiva, dal momento che rivelano un cambiamento in corso nel mondo del lavoro a favore delle donne, finalmente impegnate in ruoli apicali, è evidente che c’è ancora tanto da fare per raggiungere una parità di genere effettiva e reale e superare il gender gap. Le donne all’interno della sopraccitata classifica di Fortune rappresentano infatti solo il 6,6% di tutte le nomine. Un valore, che ci incoraggia ma non è tutto”. “Essere leader è difficile ma essere una leader donna lo è ancora di più. Secondo la ricerca Woman at the Top, redatta dal Boston Counsulting Group e da Valore D nel 2017 in Europa la media delle donne leader era pari al 29%. In Italia solo il 22% delle aziende aveva una leadership femminile, mentre nel 2018 – stando al report Woman in Business – la percentuale era salita al 34% nella nostra Penisola – riporta Carmen Palumbo.
E conclude: "
Se negli anni il dato è cresciuto non va dimenticata la disparità numerica che contraddistingue uomini e donne ai vertici delle aziende, che si mantiene uno dei dati più nel gender gap internazionale. La cultura aziendale, infatti, è ancora oggi legata a stereotipi che relegano la donna a ruoli marginali o puramente esecutivi. Le cause sono in parte da imputare al diffuso pregiudizio di un’iper-emotività e di un’acuta sensibilità riferita all’ambito femminile, considerate incompatibili con la gestione di un’azienda. Inoltre, vige ancora lo stereotipo secondo cui per le donne è indispensabile dover scegliere tra carriera e famiglia”.
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