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Aumento di produttività da smart working: per tre aziende su quattro sostenibile anche post pandemia

Una ricerca di Capgemini rivela che il telelavoro ha incrementato la produttività in molti casi, ma i dipendenti si sentono condizionati dall’essere ‘always on’: il futuro si gioca su un modello ibrido

Trasformazione Digitale
Quello che più che una sensazione era quasi una certezza si è rivelato tale: la maggior parte delle aziende ha registrato un forte aumento della produttività nel terzo trimestre del 2020 grazie all’introduzione della modalità di lavoro da remoto, anche se i dipendenti si sentono condizionati dall'essere “always on”. Non solo: quasi il 70% delle aziende ritiene che l’aumento della produttività legato al lavoro da remoto sia sostenibile anche una volta terminata la pandemia.

È quanto emerge da un nuovo report del Capgemini Research Institute, che rileva anche che per mantenere i benefici del lavoro da remoto e soddisfare le aspettative dei dipendenti, le aziende devono trovare il modello operativo più adatto per introdurre un approccio ibrido che risulti equilibrato, ripensando l’efficacia delle strutture esistenti e abbattendo i silos organizzativi e le barriere tra i team. 

La ricerca “The future of work: from remote to hybrid”, condotta tra settembre e ottobre 2020 su 500 aziende in tutto il mondo, Italia compresa, con almeno 1 miliardo di dollari di fatturato e 5.000 dipendenti, ha indicato che il 63% delle organizzazioni afferma che la produttività dei dipendenti abbia subito un incremento nel terzo trimestre del 2020, grazie alla riduzione dei tempi necessari per raggiungere il luogo di lavoro, alla flessibilità degli orari lavorativi e all’adozione di validi strumenti di collaborazione virtuale.  

capgemini lavoro 1
Le funzioni IT e digitali guidano la classifica della produttività (68%), seguite dal servizio clienti (60%) e da vendite e marketing (59%), tutte aree aiutate dalla digitalizzazione e dall’utilizzo di tecnologie come l’intelligenza artificiale. Ambiti come produzione e manufacturing, ricerca e sviluppo/innovazione e supply chain, che comportano una maggiore presenza in loco e una più alta percentuale di lavoratori blue collar, hanno invece riportato un modesto aumento della produttività secondo le organizzazioni intervistate (solo il 51%).          

Le aziende stimano un aumento complessivo della produttività del 17% nei prossimi due o tre anni, e negli ultimi tre o quattro mesi l’88% degli intervistati ha inoltre registrato risparmi sui costi immobiliari grazie al lavoro da remoto, mentre il 92% prevede di realizzare un ulteriore risparmio nei prossimi due o tre anni.  

Un altro dato chiave è che quasi il 70% delle organizzazioni ritiene che l’aumento della produttività legato al lavoro da remoto sia sostenibile anche una volta terminata la pandemia. Questo però dipenderà in gran parte dalla velocità con cui le aziende faranno tesoro di quanto appreso durante questo periodo e saranno in grado di rivedere la propria organizzazione, tenendo conto dei cambiamenti nella mentalità dei dipendenti e nella costruzione della resilienza individuale e organizzativa

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Emerge infatti che le aziende e i dipendenti si aspettano che il lavoro da remoto venga utilizzato anche dopo la pandemia, ma passando a un modello ibrido. Nei prossimi due o tre anni, circa tre organizzazioni su dieci si aspettano che più del 70% dei loro dipendenti lavori da remoto, rispetto a poco più del 10% registrato prima dell’avvento del Covid-19, e quasi la metà (48%) stima una riduzione del 10% dello spazio complessivo da destinare a uso ufficio. Inoltre, circa il 45% dei dipendenti prevede di passare tre o più giorni alla settimana lavorando da remoto, fattore che riflette la rapida ascesa di un trend che va sempre più verso un luogo di lavoro ibrido e collaborativo.  

Ma c’è un ma: nonostante il recente aumento della produttività, i dipendenti hanno espresso preoccupazioni in merito alla possibilità di svolgere l’attività lavorativa da remoto sul lungo periodo. Circa il 56% teme infatti che venga loro richiesto di essere “always on”, e i lavoratori più giovani hanno bisogno di maggiore sostegno per affrontare lo stress associato all’incertezza, una percentuale che raggiunge il 60% per i dipendenti di età compresa tra i 26 e i 35 anni. Queste preoccupazioni fanno sorgere dubbi sulla possibilità di mantenere un aumento della produttività sul lungo periodo attraverso un modello di lavoro ibrido di successo.  

In sintesi, i limiti del lavoro totalmente da remoto indicano un futuro basato su un modello ibrido, il cui equilibrio viene raggiunto con un mix di lavoro da casa e presenza in ufficio, che mira a differenziare l’azienda e costruire la sua employee proposition. Le organizzazioni devono trovare il giusto equilibrio attraverso un approccio ibrido e i manager devono mettere in discussione le strutture esistenti, riconsiderare l’efficacia dei modelli operativi e abbattere i silos organizzativi e le barriere tra i team.  

“I sistemi di performance management devono essere aggiornati in modo da misurare produttività e risultati, piuttosto che produzione e ore inserite”, ha sottolineato Alessandro Annese, HR and Organization Director di Capgemini in Italia. “La nostra ricerca mostra che l'impatto sul benessere psicofisico dei dipendenti in un contesto di lavoro da remoto può anche essere dannoso. I leader aziendali devono intervenire attivamente per offrire maggiore supporto e creare un ambiente in cui le persone possano parlare apertamente delle loro preoccupazioni, favorendo un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata. Per costruire legami più forti è inoltre necessario comunicare chiaramente i valori dell'organizzazione e rafforzare il senso di fiducia della forza lavoro, il tutto supportato da un'infrastruttura digitale che consenta di lavorare senza soluzione di continuità e favorisca l'efficienza dei dipendenti e il sostentamento di un modello ibrido”.
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