Un’indagine qualitativa fotografa l’impegno delle aziende nel fronteggiare l’emergenza, anche in relazione al loro livello di trasformazione digitale, che è una rivoluzione ormai non più arrestabile
PMI e pandemia. Qual è stata la risposta delle Piccole e Medie Imprese italiane all’emergenza? E con quali assetti stanno affrontando la nuova situazione creata dal Covid-19? Ci ha pensato SAP, in collaborazione con Pepe Research, a fornire qualche risposta a queste domande.
Lo studio, intitolato “L’effetto dell’Emergenza Covid-19 sulla Digitalizzazione delle Imprese” è stato condotto sulla base di 40 interviste personali dirette semi-strutturate, effettuate tra luglio e settembre 2020 sui vertici o sui C-level di un universo di riferimento di aziende italiane con fatturato tra i 30 e i 500 milioni di euro, appartenenti a diversi settori, tra i quali Manufacturing, Hi-tech, Chimico farmaceutico, Food, Logistica/trasporti e Finance.
Limitare i danni
Analizzando nel dettaglio i risultati della ricerca, è innanzitutto emerso il fatto che molte aziende tra quelle intervistate sono riuscite a “limitare i danni”, come ha evidenziato Arianna Della Beffa, Ricercatrice e sociologa di Pepe Research.
Infatti, praticamente tre aziende su cinque, ovvero il 57%, ha subito poche o nessuna perdita di lavoro o fatturato in seguito alla pandemia, in quanto sono state in grado di continuare a lavorare in modo continuato (53%) o ridotto (7%), anche se il restante 43% ha lamentato un calo in entrambi i contesti, con un livello che va da molto (19%) ad abbastanza (24%).
Flessibilità e complessità
Dal punto di vista delle aziende, ha proseguito l’analisi di Pepe Research, il lockdown è stato un periodo caratterizzato da tensione reattiva: è emersa la necessità di adattarsi in tempi molto rapidi a uno scenario completamente nuovo e ciò ha richiesto molta flessibilità, seppur in un momento ricco di complessità. Per il 57% degli intervistati questo ha comportato una riorganizzazione importante del lavoro e delle infrastrutture.
Il cambiamento ha riguardato soprattutto l’ambito organizzativo, e ha coinvolto in primo luogo la gestione del personale. Per il 77% delle aziende, vi sono stati il ricorso significativo allo smart working e la riorganizzazione del lavoro in sede ove necessario, con l’adozione di dispositivi di protezione individuale, distanziamenti, controllo accessi. Ma la riorganizzazione ha comportato anche il riesame dei propri modelli di business e una nuova analisi dei mercati target, con il disegno di nuovi prodotti o servizi, proprio per venire incontro alle esigenze emergenti, rivedendo quindi la gestione dei processi (38%) e della supply chain (42%).
Da due anni a due mesi
Affidarsi alla digitalizzazione è stata identificata dal campione della ricerca SAP-Pepe Research come la strada da intraprendere più diffusa per fronteggiare l’emergenza Covid-19, con il 70% delle aziende che ha messo in campo più progetti contemporaneamente. Nella maggior parte dei casi (64%) la strategia è stata quella di accelerare immediatamente processi previsti per il prossimo futuro, talvolta con un orizzonte temporale che è repentinamente passato da due anni a due mesi, e in alcuni casi andando ad attivare scelte che venivano rimandate da tempo, oppure addirittura non venivano prese.
Emerge in sostanza un’iniezione di innovazione certamente forte, anche se in alcuni casi di livello base, con l’80% degli executive che ha indicato che la pandemia ha dato la giusta spinta alla digitalizzazione. Le principali innovazioni citate dagli intervistati fanno rifermento agli strumenti di collaborazione, come videochiamate come prima citazione, e massiccio ricorso a webinar. Ma non è mancato nemmeno il potenziamento degli strumenti di digital marketing e e-commerce, indicato da due aziende su tre, ovvero il 67%.
Su tutto, spicca però il fatto che l’emergenza ha dato il via a molti nuovi piani di digitalizzazione, che ora sono in programma per il 69% delle aziende intervistate, secondo le quali è avvenuto un vero cambiamento culturale: la rivoluzione si è innescata e non si può arrestare, e quello che prima veniva ritenuto accessorio è ora divenuto tout court fondamentale. Adriano Ceccherini, Direttore Mercato Piccola e Media Impresa di SAP Italia
Resilienza, profittabilità e sostenibilità
Non è quindi per caso che Adriano Ceccherini, Direttore Mercato Piccola e Media Impresa di SAP Italia, fa notare che “durante quest’anno è emersa una grande domanda di digitalizzazione che si è collocata su tre aree fondamentali, che poi sono quelle che caratterizzano il DNA della PMI italiane: resilienza, profittabilità; e sostenibilità”.
Si tratta, ha proseguito Ceccherini, di aspetti che incidono su elementi quali “la focalizzazione sull’integrazione dei processi di business delle aziende una volta che siano stati digitalizzati, come nell’ambito della supply chain, oppure la centralità del dipendente, per conciliare lo smart working con i valori aziendali, basando tutto su decisioni da prendere in tempo reale, ma che traggono origine da analisi puntuali dei dati; e infine il tema della sostenibilità, che vede al primo posto la media impresa manifatturiera, che ha una crescente coscienza sull’impatto nell’ecosistema”.
Infine, accanto al “forte aumento di richieste di soluzioni puntuali per esigenze legate all’emergenza”, durante la pandemia “molti progetti sono andati ‘live’ senza che ci fossero meeting in presenza, circostanza finora ritenuta una ‘conditio sine qua non’ per il successo dell’intero progetto”, ha raccontato Ceccherini, definendo questi casi “quasi una rivoluzione copernicana”. Non solo: si è anche notato un altro cambiamento nelle richieste di progetti, dove la componente di forte personalizzazione dei prodotti e delle soluzioni è passata in secondo piano, sulla spinta della crescente ricerca di soluzioni immediate al posto del classico “tailor made”, ovvero “mi va bene il prêt-à-porter purché mi arrivi subito”, ha sintetizzato Adriano Ceccherini.
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