Solo il 23% di chi opera nei beni di largo consumo e il 28% dei retailer ritengono la propria supply chain sufficientemente agile per soddisfare la continua evoluzione delle esigenze di business
Qual è stato l’impatto dei cambiamenti che hanno interessato nell’ultimo anno le supply chain del settore Consumer Products and Retail (CP&R)? Un report del
Capgemini Research Institute prova a dare una risposta, rilevando che nei prossimi tre anni
il 66% delle aziende prevede di apportare cambiamenti significativi alla propria strategia per adattarsi alle conseguenze della pandemia. Di più:
solo il 23% delle organizzazioni attive nel settore dei beni di consumo e il 28% dei retailer ritengono che la loro supply chain sia sufficientemente agile da soddisfare la continua evoluzione delle esigenze di business.
Lo studio, dal titolo
“The wake-up call: Building supply chain resilience in consumer products and retail for a post-COVID world” e condotto su 400 aziende di tutto il mondo, Italia compresa, ha evidenziato come la pandemia Covid-19 abbia rappresentato un campanello d’allarme per le aziende del settore CP&R:
l’85% delle organizzazioni operanti nel settore dei beni di consumo e l’88% dei retailer affermano infatti di aver affrontato situazioni critiche, mentre rispettivamente il 63% e il 71% sostiene di aver impiegato un
orizzonte temporale di almeno tre mesi affinché le proprie catene di approvvigionamento superassero i problemi che le hanno interessate. Di conseguenza, le aziende stanno ridefinendo le proprie strategie per concentrarsi sulle tre aree specifiche di seguito esaminate.
L’ora del demand sensing
Oltre due terzi delle organizzazioni (68%) affermano di aver incontrato
difficoltà a livello di pianificazione a causa della scarsità di informazioni accurate e aggiornate sulla fluttuazione della domanda dei clienti durante la pandemia.
Per migliorare la previsione, il 66% delle aziende intende
segmentare le catene di fornitura in base ai pattern di domanda, al valore del prodotto e alle dimensioni regionali a seguito della pandemia, mentre il 54% afferma che si avvarrà di analytics, AI e machine learning per prevedere la domanda e fronteggiare l’impatto del Covid-19.
Visibilità ancora più essenziale
Il 75% delle aziende operanti nel settore dei beni di consumo ha incontrato
difficoltà quando ha dovuto incrementare o diminuire con una certa rapidità la capacità produttiva per via della pandemia. Secondo il report, aumentare la visibilità è fondamentale per consentire ai produttori di avere l’agilità necessaria per rispondere ai cambiamenti improvvisi della domanda e prendere decisioni strategiche, tattiche e operative in tempo reale.
Le organizzazioni sono inoltre c
onsapevoli di quanto sia importante investire nel digitale per migliorare la visibilità. Il 58% dei retailer e il 61% delle aziende attive nel settore dei beni di consumo stanno infatti pensando di incrementare gli investimenti nella digitalizzazione delle proprie supply chain. In particolare,
il 47% delle aziende ha intenzione di investire nell’automazione, il 42% nella robotica e il 42% nell’intelligenza artificiale. Le aziende che hanno preso parte all’indagine hanno anche stimato di utilizzare massicciamente l’intelligenza artificiale e il machine learning per l’ottimizzazione rispettivamente dei trasporti (64%) e dei prezzi (63%).
Globalizzazione vs localizzazione
Per prevenire future interruzioni, le organizzazioni stanno riconoscendo
l’importanza della localizzazione, investendo attivamente in questo campo. Le aziende CP&R stanno attraversando una
fase di transizione dalla globalizzazione alla localizzazione per quanto riguarda fornitori e produzione: il 72% delle aziende operanti nel settore dei beni di consumo e il 58% dei retailer affermano infatti di aver iniziato a investire attivamente per spostare o avvicinare la produzione su base regionale o locale.
Il 65% delle aziende del settore CP&R sta inoltre
investendo nella regionalizzazione e localizzazione del proprio bacino di fornitori, percentuale che sale all’83% nel Regno Unito e al 73% in India. In linea con queste strategie, tra tre anni i fornitori a livello globale rappresenteranno solo il 25% della capacità dei retailer, rispetto all’attuale 36%.
Nel settore dei beni di consumo, i produttori globali rappresenteranno solo il 17%, rispetto all’attuale 26%. In linea con la transizione mirata alla localizzazione, i dark store, che conducono attività indipendenti e che sono più vicini ai luoghi di consegna, si stanno convertendo in un’alternativa sempre più utile per evadere gli ordini online, in scia al calo del numero di persone che visitano gli store fisici.
“
Le aziende del settore Consumer Products & Retail sono consapevoli che potrebbero verificarsi ulteriori interruzioni e hanno quindi bisogno di avere l'agilità e la resilienza necessarie per garantire l’intera catena della supply chain”, sottolinea
Alessandro Kowaschutz,
CPRD & EUCS Director di Capgemini in Italia. “
La pandemia ha accelerato il cambiamento e fornito molti insegnamenti: le organizzazioni hanno capito che le nuove tecnologie possono garantire una maggiore agilità, dalle previsioni della domanda al rifornimento dei magazzini, fino a consegne più veloci nell’ultimo miglio, con una notevole riduzione dei costi. Investendo ora, le aziende si mettono in condizione di supportare i consumatori in ogni momento, in totale sicurezza anche nelle situazioni più impreviste.”
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