Per fare carriera come sviluppatore servono skill legati all’open source ed al multicloud, piuttosto che conoscere alla perfezione poche singole piattaforme
Come per ogni professione, anche per quella dello sviluppatore ad un certo punto conta cosa contiene la metaforica cassetta degli attrezzi che ci si può portare dietro
grazie alla propria formazione ed alle precedenti esperienze di lavoro. Basta guardare il percorso evolutivo dell’IT delle imprese per capire che oggi, nel proprio “toolbox”, è indispensabile avere
competenze collegate agli ambienti cloud. Quasi nessuna azienda può fare a meno della nuvola, tanto che ormai per un’impresa è normale servirsi di più cloud provider.
Ci sono però diversi modi per sviluppare skill legati al cloud, mentre il tempo e le risorse da dedicare alla propria formazione non sono certo infinite.
In che direzione è meglio muoversi? Secondo una ricerca commissionata da IBM - e quindi un po’ di parte, anche se l’analisi appare decisamente sensata - è meglio adottare un approccio a largo raggio.
Specializzandosi non nei dettagli delle singole piattaforme cloud ma in generale approfondendo le tecnologie open source che
ne sono alla base. L’idea è che in questo modo si acquisiscano competenze
più longeve e spendibili nel lungo termine: le singole implementazioni delle tecnologie open source di base possono variare e persino scomparire, ma gli skill collegati a tali tecnologie si possono applicare comunque in vari ambiti.
Gli sviluppatori
sono spinti verso l’open source perché lo sono in primis i potenziali datori di lavoro: chi ha le risorse e le competenze per sviluppare in proprio
ambienti cloud-style ma anche chi preferisce adottare, in vario grado, servizi o piattaforme più proprietarie ma comunque basate su componenti open source. In ogni caso, sapere come funziona ciò che si usa è un vantaggio. Tanto che le cifre dell’indagine IBM indicano che chi deve assumere sviluppatori
giudica le competenze open source più critiche di quanto non lo facciano mediamente i potenziali candidati. Il risultato è che la domanda di competenze open source è in crescita: secondo la Linux Foundation, nel 2020 il 93% delle aziende ha avuto difficoltà a trovare i talenti open source
che cercava, mentre nel 2018 questa percentuale era del 87%.
I componenti da conoscere
L’open source però è un campo molto vasto: oggi su cosa conviene acquisire competenze, in particolare?
Linux sembra essere la base di partenza su cui tutti sono d’accordo: conoscere e saper usare il
sistema operativo è stato giudicato estremamente o molto utile dalla maggioranza (77% circa) degli sviluppatori nel campione di IBM. Una constatazione che vale in particolare per il settore delle telecomunicazioni.
Altre tecnologie oggi molto popolari nelle discussioni tecnologiche sono invece giudicate in maniera ambivalente: quote elevate di sviluppatori indicano che sono importanti in prospettiva ma sono minori quelle che indicano già un impatto deciso sulla loro carriera. Questo vale in primis per i
container: il 68% circa del campione li giudica estremamente o molto importanti ma solo il 46% circa indica che sono stati estremamente o molto di aiuto in carriera. Andamenti simili si registrano per
Kubernetes (53% e 33% circa le rispettive percentuali), per i
database open source (70% e 63%), per le
tecnologie open di AI (33% e 23%).
Guardare in avanti
Lo
scarto tra la valutazione in prospettiva e l’impatto già vissuto è legato quasi certamente alla diffusione graduale che queste tecnologie stanno avendo nel mercato nel suo complesso. In cui non tutte le aziende sono enterprise pronte ad adottare direttamente le
tecnologie degli hyperscaler. Inoltre, IBM sottolinea che il gradimento dato alle singole tecnologie open source da parte delle aziende che assumono è “stabilmente superiore” rispetto alle indicazioni degli sviluppatori. Segno, ancora una volta, che
le imprese stanno guardando spesso più avanti dei loro potenziali candidati.
In ogni caso, una volta sviluppati skill adeguati in campo open source
è molto meglio metterli in pratica da subito. L’indagine IBM indica infatti che una buona fetta (65%) delle aziende considera più interessanti i candidati che hanno già
contribuito ad uno o più progetti open source. È un effetto collaterale delle dinamiche positive della
community open source, in cui la reputazione personale è legata alla capacità di contribuire costruttivamente ai progetti e quindi, in definitiva, alla capacità di mettere in pratica le competenze che si sono maturate.
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