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Survey Duff & Phelps: per 4 imprese italiane su 10 nel 2021 i ricavi torneranno ai livelli pre pandemia

Le leve su cui puntare per la ripartenza risultano essere la digitalizzazione (20,9%), il potenziamento delle filiere nazionali (13,9%), la flessibilità dell’organizzazione e la valorizzazione dei giovani talenti (entrambe al 13%).

Mercato e Lavoro
Duff & Phelps, una divisione di Kroll, società che opera nella fornitura di servizi e prodotti digitali legati alla governance, alla mitigazione del rischio e alla trasparenza, ha annunciato i risultati della survey realizzata su un campione di aziende rappresentative dei principali settori produttivi italiani per analizzare lo scenario imprenditoriale nazionale dopo il lockdown e le prospettive di ripresa per i prossimi mesi e oltre.
I principali risultati mostrano che, nonostante il difficile anno appena trascorso abbia avuto un impatto molto significativo sul tessuto imprenditoriale e produttivo nazionale, a causa delle restrizioni introdotte per contenere la diffusione della pandemia di COVID-19, le aziende italiane guardano con un certo ottimismo al futuro: il 39,1% degli intervistati ritiene infatti che già nel 2021 il giro d’affari ritornerà ai livelli pre-crisi, recuperando il gap causato dalla pandemia.
Per raggiungere questi obiettivi, secondo 1 imprenditore su 5, occorrerà puntare in modo massiccio sulla digitalizzazione, riconosciuta come una leva fondamentale per rendere più efficienti i processi, soddisfare le nuove esigenze dei consumatori emerse durante l’emergenza sanitaria e cogliere appieno le potenzialità della ripresa.
L’indagine è stata condotta tra dicembre 2020 e gennaio 2021 su un campione rappresentativo di oltre 100 figure manageriali in ruoli apicali (Amministratori Delegati, Direttori Generali, Direttori Amministrazione e Finanza, Responsabili pianificazione e controllo, Responsabili M&A e Business Development, Consulenti di Direzione e M&A e Advisor Legali) appartenenti ad aziende attive nei principali settori produttivi del nostro Paese (manifatturiero, servizi finanziari, telecomunicazioni, ICT, utilities, distribuzione alimentare) in regioni con un significativo impatto sul PIL nazionale quali Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna e Lazio.
La survey ha fatto emergere come i mesi di lockdown forzato della primavera dello scorso anno abbiano lasciato un forte segno su attività e fatturato aziendali. I due terzi del campione ha infatti riportato di aver registrato una contrazione del fatturato nel 2020, nella maggior parte dei casi tra il 10% e il 50%, ma risulta interessante notare che il 21% non ha segnalato impatti significativi sul giro d’affari e il 13% ha addirittura registrato una crescita dei ricavi.
Guardando al futuro, non mancano però gli spunti positivi: la percentuale più ampia - il 41,7% degli intervistati - prevede infatti un aumento del fatturato nei prossimi 6-12 mesi, mentre per il 21,7% i ricavi rimarranno stabili; il restante 36,6% prevede invece una diminuzione degli introiti. Il senso di ottimismo lo si ritrova anche in relazione alla previsione su quando il fatturato ritornerà ai livelli pre-crisi: il 40% del campione ritiene che ciò accadrà nel 2022, ma per il 39,1% questo si verificherà già nel 2021. Per il restante 20,9% occorrerà invece attendere oltre il 2022.
Nonostante gli evidenti disagi, la pandemia e le misure di contenimento hanno portato anche alcuni benefici a livello di organizzazione d’impresa, che fanno tutti capo a un utilizzo più pervasivo del digitale: nel 41,7% dei casi hanno promosso un’evoluzione delle modalità di lavoro, con un uso estensivo della pratica dello smart working, nel 25,2% una forte spinta verso la digitalizzazione dei processi e nel 13% hanno permesso di sviluppare nuovi modelli di business.
La digitalizzazione è indicata quale fattore prioritario su cui puntare per la ripartenza (20,9% del campione), seguito dal potenziamento delle filiere italiane, per mantenere il know how, l’innovazione e la proprietà intellettuale all’interno nel nostro Paese (13,9%). Altri elementi importanti risultano essere la flessibilità organizzativa e la capacità di riconvertire e adeguare la produzione, indicato dal 13% degli intervistati, e, con la stessa percentuale, anche la formazione e la valorizzazione dei talenti presenti all’interno delle organizzazioni. Per l’11,3% del campione, inoltre, per una piena ripartenza si deve puntare sugli investimenti in ricerca & sviluppo e su operazioni di fusione e aggregazione.
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