L'ecommerce piace anche alle PMI italiane, bloccate però da questioni tecnologiche e dalla necessità di maggiori informazioni
Il rapporto tra le PMI italiane e le
opportunità della vendita online è stato a lungo problematico. Lo scenario è migliorato nel corso dei lockdown, quando anche le PMI si sono rese conto che l'ecommerce è una fonte di introiti capace di bilanciare,
almeno in parte, eventuali cali delle vendite fisiche. Aprendo inoltre nuovi potenziali mercati che vanno oltre quelli più tradizionali e di prossimità. Nel post-pandemia, assicurano gli analisti, la propensione dei consumatori ad acquistare online
resterà molto elevata. Le PMI sono oggi in grado di seguire questo trend?
Secondo una indagine condotta da UPS,
qualche gap importante da colmare c'è ancora. Tra le piccole-medie realtà italiane coinvolte, poco meno della metà si occupa di e-commerce e, di queste, due terzi esporta. Per chi vende online, l’export conta in media solo per il 20% delle vendite, il che indica che c’è un’opportunità per aumentare l’e-commerce e le esportazioni.
Oggi le aziende sono
consapevoli dell’importanza del canale online. Per l’84% delle PMI che hanno partecipato alla ricerca di UPS, iniziare a vendere online
aumenterebbe le loro vendite, il 59% sarebbe motivato per attrare nuovi clienti e per il 47% l’ecommerce agevola l’espansione in nuovi mercati.
Ma se da una parte le PMI sono motivate ad aprire il proprio ecommerce, dall’altra devono affrontare
diverse barriere per vendere i propri prodotti oltreconfine. Le principali sfide dell’ecommerce indicate dalle aziende sono legate ai costi doganali, alla complessità di raccogliere le tasse dai clienti e/o presentare l'IVA alle aziende, e quelle relative alla protezione dei diritti della proprietà intellettuale. Inoltre, per il 38% delle PMI le
merci contraffatte del marchio “Made in Italy” rappresentano una minaccia per le esportazioni ecommerce.
Le altre barriere per le PMI interessate a espandersi alle vendite online spaziano dall’
accesso affidabile a Internet, all’impostazione dei
pagamenti elettronici alla logistica - tra imballaggio, stoccaggio dell'inventario e spedizioni - fino alla gestione delle vendite online con un accenno anche all’accesso ai finanziamenti. Tre poi le aree in cui le PMI
chiedono supporto al Governo per espandersi nelle vendite online: tasse e dazi, accesso alle informazioni di mercato di altri paesi, informazioni sui benefici degli accordi commerciali.
Cosa potrebbero, o dovrebbero, fare le istituzioni? Secondo chi ha partecipato all'analisi UPS, ci sono diverse direttrici di intervento possibili. In primo luogo
il tema infrastrutturale: migliorare le condizioni e possibilità di accesso a connessioni Internet stabili e performanti per le PMI nell’ecommerce, supportando queste ultime attraverso l’attuazione della strategia nazionale per la banda larga.
C'è poi il tema della
formazione specifica per sostenere l’ecommerce delle PMI, favorendo sia l'acquisizione di competenze, sia l'accesso a informazioni di mercato. Sviluppando magari una rete di centri locali per lo sviluppo delle PMI online, in collaborazione con le organizzazioni di imprese e gli enti locali.
Un tema ancora più specifico da affrontare è
l'ecommerce verso l'estero. Anche qui serve formazione mirata e in particolare bisogna diffondere la conoscenza sui programmi esistenti di promozione dell’export via ecommerce. A partire da quello che già fanno, direttamente sul territorio come anche online, l’Istituto del Commercio Estero e le agenzie di promozione nazionali.
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