Industry 4.0 non è stato una moda passeggera per le imprese italiane del manufacturing, che sono pronte a cogliere le opportunità del PNRR
Il rilancio digitale dell'Italia delineato dal PNRR passa per una diffusione massiccia e capillare delle tecnologie del digitale.
Il manufacturing è un osservato speciale: è fondamentale per il nostro Paese e deve continuare a
modernizzarsi sfruttando tutte le opportunità. In questo un segnale positivo viene dall'Osservatorio Transizione Industria 4.0 della School of Management del Politecnico di Milano. Le aziende manifatturiere italiane, rivela l'indagine,
conoscono bene le possibilità offerte dal Piano Nazionale Transizione 4.0. E questo lascia ben sperare anche per le altre iniziative in arrivo.
L'83% delle 175 grandi imprese e PMI intervistate dall'Osservatorio conosce il
credito d'imposta per gli investimenti in beni strumentali. Le percentuali scendono, ma mai sotto il 50%, quando si tratta invece degli investimenti in ricerca e formazione. D'altronde appare chiaro che le aziende sono interessate soprattutto a come
poter investire di più con sgravi fiscali. A breve termine per il costo del lavoro e le assunzioni, nei prossimi due anni per i beni strumentali e
immateriali.
La predisposizione agli investimenti in innovazione tecnologica, quindi, è ben presente nelle aziende italiane. Tanto che il mercato nazionale delle soluzioni e dei servizi genericamente Industry 4.0
è cresciuto anche nell'anno della pandemia. Nel 2020 ha cubato 4,1 miliardi di euro, con una crescita dell'8% rispetto al 2019. Meno delle previsioni pre-lockdown - si puntava ad un +20% - ma ben più delle stime effettuate durante il primo lockdown (-5%).
La fetta maggiore (58,5%) di questa spesa è legata ai progetti di connettività e acquisizione dati in stile
Industrial IoT. Segue, come volume di investimenti, la parte di
analytics (16,7%), sempre più connessa al machine learning. Poi il
cloud manufacturing (9,5%), soprattutto per il monitoraggio e la diagnostica degli impianti da remoto. Più staccati i servizi di
consulenza e formazione (6,7%);
l'automazione evoluta (5,2%), tra cui i cobot; l'
Additive Manufacturing (2,2%), specie nei settori automotive e aerospaziale; le applicazioni di
Advanced Human-Machine Interface (1,2%) come i wearable. Tutti settori per cui il 2021 sarà un anno di crescita, per far superare a tutto il mercato quota 4,5 miliardi di euro.
Cifre positive, certamente.
Industry 4.0 non è stata una moda passeggera ma un concreto cambio di approccio. Il punto ora è andare oltre le applicazioni di base, ormai ben diffuse. La necessità di un ulteriore salto in avanti la si vede ad esempio nella
mancata diffusione della tanto propagandata "servitization". Trasformare i prodotti in servizi è ancora un approccio poco recepito, secondo l'Osservatorio.
Solo un quarto del campione usa
servizi informativi associati ai macchinari, come l'individuazione di guasti o malfunzionamenti, o servizi di manutenzione preventiva basati sulle condizioni della macchina. Meno di un decimo usa servizi per una migliore gestione energetica delle macchine. Meno di un ventesimo usa soluzioni di manutenzione predittiva. Il
Manufacturing-as-a-Service (MaaS) è ancora sconosciuto a due terzi delle imprese, anche se le opportunità di usarlo per l'approvvigionamento di parti meccaniche già ci sono.
Sarebbe però sbagliato pensare che il segmento del manufacturing non sappia cambiare il modo in cui opera,
quando ne vede l'utilità e ha gli strumenti tecnologici che permettono di farlo. Ne è una prova la diffusione del remote working anche nelle imprese manifatturiere. Nel corso dei lockdown
sono state remotizzate quote significative di attività anche critiche: controllo qualità, monitoraggio impianti, manutenzione, gestione delle officine, collaudo delle macchine. Tutto questo grazie alla diffusione di tecnologie digitali: IoT per la raccolta dati, dashboard di monitoraggio, piattaforme per la collaborazione a distanza, strumenti di cyber security.
Altro cambiamento importante: buona parte delle imprese manifatturiere sono consapevoli del
vantaggio competitivo che può offrire un forte impegno
per la sostenibilità. Le tecnologie digitali aiutano le aziende a conoscersi meglio, soprattutto monitorando indicatori collegati alla sostenibilità, come gli scarti dei processi produttivi o quanto questi consumino acqua, materie prime ed energia. Per andare oltre queste prime azioni servono ancora tempo e, soprattutto, una
cultura del valore della sostenibilità.