Al Technology Summit svoltosi a fine marzo a Milano, alla ribalta le piattaforme per il cloud e per i dati, oltre alle testimonianze dei clienti Anas, Cerved e CSI Piemonte
A suo modo è stato un evento storico. Perché il Technology Summit organizzato a fine marzo a Milano da Oracle si è svolto in presenza. Ed ecco che la densa giornata ha assunto un nuovo significato, non solo per i numerosi spunti che ha offerto agli intervenuti, ma anche per l’essersi svolta finalmente “dal vero” dopo oltre due anni. Più che comprensibile quindi che il padrone di casa Alessandro Ippolito, Country Manager e VP Technology di Oracle Italia, sia partito proprio da questo dato per aprire la giornata, ammettendo senza alcuna retorica “l’emozione nel ritornare in pubblico dopo più di due anni di eventi virtuali” e sottolineando che “ci troviamo in un momento magico, nonostante si esca da due anni di pandemia e lo scenario internazionale si presenti oggi complesso, perché siamo davanti alle notevoli opportunità di innovazione legate ai progetti previsti dal Pnrr”.
Il mood tecnologico della giornata è stato messo a fuoco da Michele Porcu, VP Business Value Services & Strategies EMEA di Oracle, che ha ricordato come oggi la strategia dell’azienda poggi su due pilastri fondamentali: i dati e il cloud infrastrutturale. A proposito di quest’ultimo, Michele Porcu ha tenuto a precisare che “Oracle non è un follower nel cloud, nonostante il fatto che vi siamo arrivati dopo altri, ma è un nuovo entrato che soddisfa un fabbisogno che in questo momento non è ancora affrontato dagli altri provider, e lo fa con un cloud che è di seconda generazione, ovvero reingegnerizzato per avere massimi livelli di efficienza, sicurezza e flessibilità”.
In sostanza, il cloud di seconda generazione Oracle non guarda solo ai workload periferici, ma soprattutto a quelli business critical: e “visto che l’80% dei carichi critici è ancora on-premise, c’è un grande spazio di crescita a disposizione di chi intende sfruttarlo, purché disponga delle tecnologie adatte”, ha proseguito Michele Porcu. In effetti le credenziali del cloud targato Oracle sono davvero di tutto rispetto, con soluzioni di cloud infrastrutturale (IaaS) e di PaaS che rispondono a ogni tipo di esigenza, compresa anche la possibilità di realizzare un cloud pubblico nel perimetro dell’infrastruttura aziendale, con i modelli Cloud @Customer e Dedicated Region. Oracle mette a disposizione ben 37 cloud region nel mondo, tra cui quella inaugurata a Milano lo scorso dicembre, che offrono lo stack IT completo, dal bare metal al SaaS, ovvero le applicazioni aziendali cloud-native, e soprattutto propone anche un approccio multi-cloud, sempre più interessante per le aziende che ricercano modelli best-of-breed, offrendo interconnessione o integrazione con i cloud di altri provider.
“Sotto la superficie della nostra infrastruttura cloud ci sono performance di connettività e rete ai massimi livelli, un alto livello di automazione per garantire la governance, una ricchezza di opzioni che permettono ai clienti di portare in cloud anche i livelli più profondi della loro infrastruttura e della piattaforma senza doverli riscrivere, sicurezza integrata fin dalla progettazione e un livello di controllo per mitigare ogni rischio; il tutto è affidato alle competenze approfondite dei nostri professionisti e di una rete di partner formata e con ampia esperienza”, ha proseguito Michele Porcu, sottolineando che “prevediamo anche modelli commerciali molto lineari, di facile gestione, nei quali trovano spazio anche strumenti di supporto agli investimenti nella migrazione cloud: che si tratti di rehosting, di PaaS, di modelli Lift & Shift o di scelte cloud-native”.
L’altro pilastro della strategia Oracle è la gestione dati, dove “notoriamente siamo gli incumbent: però non siamo quello che alcuni ancora pensano, ovvero ‘quelli del database relazionale’, ma proponiamo una piattaforma dati multi-modello, multi-convergente, multi-workload e multi-tenant”, ha tenuto a ribadire Michele Porcu, spiegando che si tratta di una data platform che “adotta i modelli semantici più diversi facendo in modo di garantire consistenza e coerenza; è aperta e consente di gestire tutti i tipi di carichi di lavoro, e tutti gli approcci di sviluppo; anche con l’Autonomous Database: un modello che sfrutta a 360 gradi il potenziale dell’automazione per la gestione, la protezione, l’aggiornamento e allineamento in tempo reale di un universo dati sempre più ricco e complesso”.
Successivamente, il Tech Summit ha visto una tavola rotonda che ha coinvolto tre clienti italiani di Oracle, ovvero Anas, CSI Piemonte, un consorzio che riunisce 130 società ICT di ambito pubblico a livello locale e nazionale, e Cerved Group, che si sono confrontati sulle principali sfide che stanno affrontando.
Infine, la densa mattinata del Technology Summit ha poi visto, tra gli altri, anche l’intervento di Maria Costanzo, Senior Director Technology Software Engineering South-Emea di Oracle, che ha illustrato i nuovi approcci alla gestione dati. “Dal data warehousing tradizionale all’avvento dei concetti di data lake e data science, si è passati a un primo cambio di paradigma, che è rappresentato oggi da modelli di sviluppo a microservizi, funzionali all’agilità e alla specializzazione richiesta per la gestione dei diversi tipi di dato”, ha spiegato Maria Costanzo, sottolineando che “questi modelli si affiancano ai database transazionali ‘tradizionali’ ma serve un passo in più perché, pur garantendo la consistenza e coerenza del dato, si possa realizzare una data platform non solo completamente convergente, ma anche in grado di gestire il dato quando è in movimento in tempo reale da un database all’altro e da un servizio all’altro”.
La risposta a questa sfida è il “data mesh”: “un modello che rispetta le esigenze di gestione dei dati dei diversi domini aziendali ma riesce a metterli a disposizione in modo trasversale ovunque ce ne sia bisogno in azienda. Chi produce dati può fornirne in tempo reale una copia univoca, etichettata in modo da definirne con esattezza contenuto e scopi, che diventa disponibile come fosse un prodotto su uno scaffale, a cui attingere per alimentare processi, applicazioni e analisi”, ha concluso Maria Costanzo.