Il PNRR stanzia diversi fondi per lo sviluppo tecnologico e sostenibile delle città italiane. I suoi tempi potrebbero però non essere in linea con una crescita armonica delle Smart City.
Nel gran parlare che si fa sull'innovazione del sistema-Italia e sull'effetto di spinta del PNRR, spesso ci si dimentica del "come" gli italiani potranno poi vivere questa innovazione. Si colmano le lacune delle infrastrutture, che però sono un "dietro le quinte" non sempre percepito dai cittadini. Il luogo dove l'innovazione si dovrebbe invece presentare prima e in maniera più evidente è, indubbiamente, la città. Anzi, la Smart City.
Grandi e piccoli centri italiani devono, ciascuno con le sue specificità, adottare approcci da Smart City. Cercando di allineare le loro strategie di sviluppo con quello che i loro cittadini davvero pensano sia importante nelle città intelligenti. In questo senso, una ricerca Intel - Pepe Research ha di recente cercato di dare una indicazione di dettaglio sugli aspetti che secondo gli italiani rendono smart una città.
Uno dei messaggi di questo studio è che la tradizionale visione tecnologico-efficientista delle Smart City sposa in effetti solo una parte della visione dei cittadini. Certamente gli italiani amerebbero vivere in città intelligenti dove i servizi, gli spazi pubblici e le infrastrutture sono gestiti in maniera più efficiente. E magari anche più economica.
Ma - spiega Elena Salvi, Partner presso Pepe Research - se la Smart City rimanda "all'idea della città che rende in generale più facile la vita", questa idea si collega sì al tema dell'innovazione tecnologica ma immediatamente anche a quello della sostenibilità. "L'essere ecologici - sottolinea Salvi - è un aspetto che gli italiani collegano molto all'idea della città moderna". Tanto da essere il più evidenziato tra le caratteristiche chiave di una Smart City.
La centralità della tecnologia, per dire, è solo il quinto aspetto per frequenza di citazione, non tanto lontano da temi molto più "umanistici" come l'affermazione del modello delle "15 minutes city" o come la possibilità per i cittadini di incidere sulle scelte di governo.
Un altro segnale importante della ricerca Pepe è che gli italiani si identificano molto con una visione positiva delle Smart City. Nessuno si sente escluso dall'evoluzione dei centri urbani: "tutte le categorie di intervistati hanno la percezione che la Smart City comunque porterebbe loro un giovamento", sottolinea Salvi. Solo, la città smart non deve essere fonte di nuove disparità: "le diffidenze verso le Smart City sono legate più che altro alla eventuale necessità di skill tecnologici per usarne i servizi", spiega Salvi.
È un piccolo segnale che la visione genericamente positiva della Smart City si frammenta poi in diverse visioni "personali", con aspettative e timori anche molto diversi. Tutta la tematica "smart quindi green" è la più apprezzata dai giovani. Gli anziani puntano in prevalenza alla ricerca di una maggiore sicurezza. La smart mobility è importante per chi già vive nelle grandi città ed ha quindi esperienza diretta dei problemi del traffico. Imprenditori e liberi professionisti sono interessati al generico "smart living", inteso come una maggiore facilità di accesso ai servizi.
Ognuno, in fondo, ha una sua propria idea della Smart City che vorrebbe. Idea che, a quanto pare dall'indagine, deriva anche dalla non-intelligenza della città in cui vive. "Oggi le città italiane non sono percepite come smart, in generale... La percezione degli italiani è che le altre grandi capitali internazionali siano sicuramente più evolute", spiega Salvi. Così, per molte città italiane che ambiscono a diventare Smart City "i cittadini fanno fatica a immaginare uno stato futuro davvero soddisfacente", commenta Salvi.
Ma essere una vera Smart City può cambiare le carte in tavola per un centro urbano. Oggi, complice anche la libertà che abbiamo "conquistato" con lo sdoganamento del remote working, le grandi città sono sempre meno attraenti. Anzi, il trend delineato dall'indagine Pepe farebbe pensare addirittura a un progressivo spopolamento delle metropoli nostrane: solo il 27% di chi non ci abita valuta possibile l'idea di trasferirvisi, mentre il 37% di chi ci vive ha intenzione di lasciarla.
Ma se il centro in questione fosse una Smart City? Allora le cose cambierebbero molto: il 61% del campione afferma che si trasferirebbe in una città intelligente, se questa si trovasse nella sua Regione. E la percentuale sale al 79% se fosse nell'ambito della Provincia. In sintesi, la Smart City ha un deciso appeal su chi non ci vive, un normale grande centro urbano invece no.
Il PNRR può avere un ruolo positivo nella trasformazione dei grandi centri italiani in Smart City? L'idea è quella. Tanto che nel Piano le parole chiave principali delle Smart City ci sono tutte: inclusione, rigenerazione urbana, smart mobility, riqualificazione, sicurezza, l'ovunque indispensabile digitalizzazione.
E non mancano nemmeno i fondi. Gli interventi più focalizzati allo sviluppo smart delle città italiane fanno capo ai 9 miliardi che la Missione 5 dedica alla "rigenerazione urbana". Ossia a una nuova pianificazione dello sviluppo dei grandi centri visti come entità che nel loro evolversi non devono creare divari tra aree smart e zone vulnerabili. È lo scopo dei Piani Urbani Integrati, che nelle intenzioni avranno anche sinergie e co-innovazione tra pubblico, privato e terzo settore, tra grandi centri e piccoli Comuni limitrofi.
Anche pescando nel resto del PNRR si trovano sono molti altri fondi che faranno bene alle grandi città. Ad esempio i due miliardi assegnati alle voci "servizi digitali e cittadinanza digitale" della Missione 1. Gli stanziamenti della Missione 2 per il trasporto locale sostenibile (8,5 miliardi), l'efficientamento energetico degli edifici (15 miliardi), la tutela del verde urbano (330 milioni). Oppure i 25 miliardi della Missione 3 sulle infrastrutture per la mobilità sostenibile e la logistica integrata.
I fondi insomma si trovano, l'interesse delle PA locali per i bandi PNRR sinora pubblicati è stato elevato e tutto fa pensare che lo resterà. Ma la perplessità degli addetti ai lavori è la stessa che si sottolinea per molti altri settori "spinti" dal Piano: procedere a tappe quasi forzate, pena la scomparsa della tranche successiva di fondi europei oppure onerose penali, non è affatto l'ideale per chi deve tradurre in realtà gli obiettivi "alti" del PNRR.
Una Smart City è un ecosistema complesso, tecnologicamente e per la capacità che deve avere di combinare gli interessi e le aspettative di molte controparti. Per svilupparla al meglio servono quindi visione d'insieme, obiettivi chiari, competenze tecniche, capacità di pianificazione, risorse, sinergie tra le parti. Tanti fattori che è difficile mettere insieme in tempi brevi. Bene che vada, qualche "dolore di crescita" per i nostri centri urbani dovremo metterlo in conto.