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Panduit: l’importanza dell’infrastruttura, oltre il data center

Panduit spinge l’innovazione nel suo classico campo da gioco, ossia l’infrastruttura IT, ma puntando anche a un futuro prossimo in cui le tecnologie IT si affermeranno in altri ambiti sempre più smart

Tecnologie

Nel company profile di Panduit c’è una frase che sintetizza bene l’attitudine con cui è nata – e soprattutto si è sviluppata – l’azienda: “scegliere di innovare invece di imitare”. Considerando che il campo da gioco di Panduit è la parte eminentemente infrastrutturale dell’IT, quella cioè che si vede di meno e che spesso nemmeno viene percepita dagli utenti, l’idea di innovazione in questo caso ha un significato più sottile che in altri. Sta molto nel semplificare, anche affrontando dettagli minimi, i problemi di chi le infrastrutture le progetta, le realizza e le gestisce. Una semplificazione che poi fa la differenza, perché l’infrastruttura sarà anche poco percepita dagli utenti ma è comunque fondamentale. Anzi, lo è sempre più perché senza una infrastruttura costantemente ottimizzata e performante non c’è digitalizzazione che tenga.

Non guasta che la parte infrastrutturale dell’IT in questi decenni si sia così evoluta e trasformata che a Panduit di certo non è mancato lo spazio per applicare approcci innovativi – la società parla anche di “una passione per il problem solving” - a temi apparentemente consolidati. E l’innovazione premia anche a livello di business, tanto che Panduit stessa sottolinea come quasi un terzo (per la precisione il 28%) delle sue vendite sia legato a prodotti presentati nei cinque anni precedenti, quindi relativamente giovani.

Ma per svilupparsi costantemente serve anche espandersi verso altri ambiti per così dire “confinanti” con quelli già esplorati. Così è accaduto con l’acquisizione di Atlona qualche anno fa, che ha interpretato la crescente convergenza, nella parte infrastrutturale, tra il mondo delle installazioni audio/video e quello più tipicamente informatico. Le direzioni di sviluppo più recenti riguardano più strettamente i data center e la connettività IP e vanno verso gli ambiti alimentazione, management, fibra ottica, sviluppo tecnologico.

Arrivano gli UPS

Per chi è abituato e considerare Panduit come fornitore della parte passiva dell’infrastruttura potrebbe essere una sorpresa il lancio anche in Europa della linea di UPS SmartZone. Lancio che va considerato all’interno di una strategia complessiva più estesa, che sta portando man mano sotto il brand SmartZone tutte le componenti, hardware e software, necessarie per realizzare e gestire una infrastruttura da data center.

Lato UPS, la linea SmartZone comprende diversi modelli per il montaggio in rack, quasi tutti corredabili con batterie esterne. La linea comprende in particolare una famiglia di UPS da 1-3 kVA e una da 5-20 kVA. Tutti i modelli sono dotati di ampie opzioni di connettività ed espansione, come anche di un display che, in pieno stile Panduit, semplifica la vita degli operatori comunicando molte informazioni e permettendo di intervenire su tutti i parametri di funzionamento del gruppo di continuità.

Il meglio però arriva con una scheda di rete per la gestione da remoto. La Intelligent Network Management Card mette in comunicazione (cifrata, sicura) un UPS con varie console di gestione. In realtà ne ha già una sua a bordo, con interfaccia web, ma per ambienti un minimo articolati (ossia con più di uno o due UPS) è meglio sfruttare dashboard più complete come, per restare in casa Panduit, SmartZone mPower MCU o SmartZone Cloud.

Dettaglio importante, installando la scheda INMC in un UPS diventa possibile configurare una gestione ottimizzata e mirata dei suoi carichi in funzione della sua autonomia e del suo stato di funzionamento. In caso di interruzione dell’alimentazione, cioè, l’UPS non gestisce tutti suoi carichi allo stesso modo ma punta a garantire più autonomia ai più critici.

Si può ad esempio definire una policy per cui lo shutdown controllato dei carichi meno importanti avviene subito, con l’avvio della alimentazione a batteria, mentre lo spegnimento dei carichi mediamente critici si ha quando l’autonomia della batteria si è dimezzata. I carichi davvero critici guadagnano così, a “spese” degli altri, minuti preziosi di funzionamento, fino a quando non saranno anch’essi disattivati a batterie quasi scariche. Nel peggiore dei casi.

Il data center gestito in cloud

Della famiglia SmartZone fa parte anche SmartZone Cloud, una piattaforma di DCIM (Data Center Infrastructure Management) che era stata lanciata qualche mese fa e adesso è stata rinnovata e potenziata. Ora si presenta come una soluzione ancora più trasversale, che punta a monitorare e gestire tutti gli aspetti infrastrutturali di un data center: UPS, UPD, cablaggio, accesso ai rack, connettività, asset management.

L’idea è dare allo staff operations dei data center tutte le informazioni necessarie, in tempo reale, per controllare lo stato dell’infrastruttura e intervenire rapidamente quando è necessario. Le funzioni di monitoraggio non sono limitate ai prodotti Panduit ma possono comprendere qualsiasi dispositivo o sensore che dialoghi con i principali protocolli standard. Elementi di capacity planning aiutano anche nella gestione della crescita dell’infrastruttura. SmartZone Cloud è una soluzione SaaS erogata via Azure e può essere utilizzata con dispositivi desktop e mobile. Gli accessi alla piattaforma sono ovviamente ben controllati e protetti, con funzioni di autenticazione, cifratura delle comunicazioni, log per l’auditing, permessi e privilegi a più livelli.

Un’altra novità riguarda un aspetto più classicamente “da Panduit”, ossia la gestione del cablaggio. Parliamo in questo caso di un tema delicato per i data center manager: gli Optical Distribution Frame per l’interconnessione delle reti in fibra ottica. Un punto essenziale per le meet-me room, ad esempio, in cui le fibre provenienti dall’esterno vengono splittate nei singoli collegamenti verso i dispositivi interni.

In questo ambito Panduit ha lanciato il nuovo FlexCore ODF, un frame modulare diviso in tre blocchi ad accesso frontale capace di ospitare sino a 3.168 fibre. Tanta banda “frammentata” in poco spazio, ma soprattutto la possibilità per i team operations, grazie alla costruzione dell’ODF e dei suoi moduli interni, di gestire e modificare le connessioni in fibra riducendo la possibilità di errori e soprattutto il rischio di rompere fibre e connettori. Tra l’altro tutti i componenti interni, patch cord compresi, sono identificabili attraverso un codice a barre e questo permette di evitare pericolose configurazioni errate nelle operazioni di modifica della connettività.

Uno sguardo al futuro

Panduit sa molto bene che sempre più parleremo di reti, cablaggio, infrastruttura e connettività ad alte prestazioni in ambiti che c’entrano poco con il classico data center. La crescita che ha caratterizzato, in pochi mesi, la piattaforma di monitoraggio e gestione SmartZone Cloud è un esempio di come Panduit traguardi un futuro anche prossimo in cui le sue competenze si declinano in un continuum di ambiti che vanno dal grande data center sino ai più piccoli ambienti di edge computing. Tutti gli ambiti “smart qualcosa” sono potenzialmente interessati: Smart Factory, Smart Home, Smart Car, Smart Building e via dicendo.

Non è detto che i nuovi ambienti della futura IT richiedano anche nuove tecnologie infrastrutturali, ma certo presentano spesso requisiti propri, diversi da quelli dei grandi data center. Requisiti storici che magari sinora sono stati soddisfatti da tecnologie oggettivamente limitate e datate, dal punto di vista odierno, ma per le quali non esisteva un sostituto considerato convincente. È il caso della connettività stile Fieldbus, ampiamente diffusa in ambito industriale e dell’automazione di edificio. Per vari motivi – tecnici, ma anche quelli culturali non sono da poco - Ethernet classica ha fatto fatica a scalzare Fieldbus, ora Panduit sta spingendo con maggiore forza, in questo senso, la proposta Single Pair Ethernet (SPE).

Per lunghezza massima dei link e banda, Ethernet a coppia singola pareggia o supera largamente le prestazioni di Fieldbus. Ma soprattutto porta i molti vantaggi del cablaggio strutturato che nel mondo IT si conoscono benissimo, tanto da darli per scontati. Tra cui in particolare la piena compatibilità fra prodotti di vendor diversi e la garanzia a priori che un collegamento di rete avrà determinate prestazioni, se implementato secondo il suo standard. Elementi che non sono ovvi nel mondo Fieldbus e che diventano sempre più importanti per chi progetta nuovi edifici o nuove installazioni industriali.

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