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Vtex: come cambia l'ecommerce italiano

La propensione degli italiani all'ecommerce e i modi in cui la esprimono stanno cambiando, le aziende che vogliono vendere (bene) online devono tenerne conto

Trasformazione Digitale

Man mano che ci allontaniamo dai primi lockdown, ci rendiamo meglio conto che quei mesi sono stati uno spartiacque per il modo in cui gli italiani guardano all'ecommerce. Durante la pandemia tutti, dai più digitali ai più scettici, hanno dovuto spostare i loro acquisti online, più o meno massicciamente. E quelle esperienze hanno cambiato il mercato, sdoganando gli acquisti in rete per praticamente tutte le categorie di prodotti, escluso l'inevitabile (per ora) zoccolo duro dei prodotti freschi.

"Ci stiamo confrontando - spiega Alessandro Villa, Sales VP di Vtex Italia - con un mercato dell'ecommerce che oggi è ben diverso rispetto a un paio di anni fa. Era logico che la pandemia incrementasse la propensione agli acquisti online, l'elemento davvero importante è che gli italiani poi non sono tornati alle abitudini di acquisto precedenti". Per capire quanto e come si siano già radicate nel consumatore italiano le nuove abitudini d'acquisto, Vtex ha realizzato uno studio ad hoc. Le cui conclusioni sono utili a qualsiasi azienda voglia vendere online. Anche perché l'evoluzione ecommerce degli italiani ha diversi importanti risvolti tecnologici.

Indietro non si torna

La ricerca Vtex, in primo luogo, evidenzia quantitativamente l'effetto-pandemia. Il 61% del campione dichiara che nei mesi dei lockdown ha aumentato la frequenza degli acquisti online, ha iniziato ad acquistare online nuovi prodotti o ha iniziato ex novo ad acquistare online. Passata l'emergenza, solo il 18% ha fatto un passo indietro, tornando alle abitudini pre-pandemia o riducendo la frequenza di acquisto online. Così oggi in Italia abbiamo uno scenario nuovo, in cui la fetta maggiore della popolazione (42% del campione Vtex) è fatta di "heavy buyer" che acquistano almeno una volta alla settimana. Seguono al 34% i "regular buyer", che fanno acquisti online almeno due volte al mese, e al 24% i "light buyer", che lo fanno al massimo una volta al mese. Il consumatore online, insomma, è sempre più interessante.Alessandro Villa, Sales VP di Vtex Italia

Ma per conquistarlo bisogna "raggiungerlo" dove preferisce essere. E questo oggi significa raggiungerlo nello schermo del suo smartphone: qui gli italiani in prevalenza si informano sugli acquisti potenziali (e questo era vero già prima) e qui concludono le loro transazioni (il che invece era molto meno vero). L'81% del campione Vtex fa acquisti principalmente via smartphone, una percentuale che sale al 90% per gli heavy buyer e al 93% per gli studenti. Gli acquisti via desktop sono ancora fondamentali (li cita il 74% del campione) ma è chiaro che lo smartphone ha superato il PC come canale di acquisto.

La conseguenza, per Vtex? Che chi vende online deve progettare una presenza digitale ottimale su entrambi i canali: "Non basta più - spiega Alessandro Villa - avere siti fruibili bene da desktop e meno bene da mobile. Bisogna pensare ad entrambi i tipi di piattaforma allo stesso modo. E anzi, i siti mobile devono essere non solo responsive ma anche fruibili con connessioni non ottimizzate e intermittenti. Questo spiega anche il crescente successo delle Progressive Web App".

Oltre al "dove" (digitale) bisogna anche intercettare il "quando" degli acquisti online. Anche qui la ricerca Vtex dà qualche indicazione, confermando una sensazione ben nota: gli acquisti, anche digitali, sono correlati al relax. È quando si è liberi da impegni che ci si dedica di più agli acquisti online: dopo il lavoro, nelle pause dell'ufficio, mentre si va o si torna dal luogo di lavoro, nei weekend. Non è una regola granitica ma una tendenza chiara, che inoltre pone diverse sfumature di dettaglio. Ad esempio, la sera e durante i weekend si concentrano gli acquisti legati all'intrattemimento, al leisure, agli hobby. Durante il giorno e nella settimana è più frequente fare acquisti di beni durevoli o di prodotti necessari e routinari.

In base a questo scenario, spiega Villa, si possono ottimizzare le proprie campagne pubblicitarie e di marketing: "Non ha molto senso comunicare in continuazione con la stessa campagna. Meglio concentrarsi sul momento in cui gli utenti sono più propensi ad acquistare la mia categoria di prodotti". Oppure, in una logica diversa, cercare di bilanciare la domanda con comunicazioni mirate "fuori orario" per ridurre i picchi nelle richieste.

L'esperienza di acquisto

Ammesso di aver catturato il consumatore e di averlo portato sul proprio ecommerce, la differenza tra un passaggio senza acquisti e una vendita riuscita la fanno diversi dettagli che, insieme, realizzano una buona esperienza utente. "L'obiettivo dovrebbe essere - spiega Alessandro Villa - realizzare quello che gli anglosassoni chiamano convenience: non la convenienza economica, che pure conta molto, ma la generale comodità percepita nel servirsi di un certo sito rispetto a un altro".

La convenience è fatta di diversi elementi su cui i tecnici possono poco: prezzi vantaggiosi, costi di spedizione congrui e meglio se nulli, politica dei resi, trasparenza dei costi, tempi di consegna e via dicendo. Ma molti altri fattori sono collegati alle "technicality" di un ecommerce: difficoltà di navigazione, ricerche interne poco efficaci, interfacce poco intuitive, registrazioni e identificazioni inutilmente complesse.

Molti di questi elementi contribuiscono alla sensazione di affidabilità di un sito. Questa è il terzo fattore (51% di citazioni) tra quelli per cui un sito si sceglie e il secondo (52%) tra quelli per cui lo si abbandona. Il messaggio per i tecnici è semplice: un ecommerce che funziona male non è di per sé inaffidabile, ma è così che viene percepito. E le due cose, per il cliente potenziale, si equivalgono.

Altro punto chiave: più sistemi di pagamento si supportano, meglio è. Gli italiani si sono abituati ai mezzi di pagamento digitali ma qualche piccola paura nell'usare la carta di credito ce l'hanno ancora. Quindi i mezzi preferiti sono i sistemi alla PayPal (53% di citazioni), le carte prepagate (47%) e solo dopo la classica carta di credito (39%). Ma da non trascurare sono ancora il buon vecchio pagamento alla consegna (15%) e il bonifico (9%).

In ogni caso, attenzione alla omnicanalità, che ormai è un obbligo. "Non si può giocare la partita dell'ecommerce senza un approccio omnichannel", spiega Villa: "Deve esserci una esperienza uniforme tra online ed offline, anche perché le tecnologie abilitanti per una omnicanalità vera esistono e sono disponibili. Non è così complesso implementarle. Paradossalmente, oggi è più facile farlo per una microcatena che deve integrare poche fonti di stock rispetto a un grande retailer".

Le nuove frontiere

Per le aziende che vogliono guardare avanti le nuove frontiere da traguardare, e potendo anche a breve, sono due: live shopping e conversational commerce. Il live shopping è la possibilità di acquistare un prodotto durante una presentazione online in diretta. Durante la presentazione i clienti possono comunicare direttamente con gli addetti alle vendite e spesso hanno sconti e promozioni validi solo per l'evento. Qui, spiega Alessandro Villa, "è importante farsi trovare pronti perché il live shopping non è il classico influencer che fa una sua diretta, è proprio un sistema nuovo per superare la barriera tra vendita assistita e non assistita".

Il conversational commerce è invece la possibilità di effettuare acquisti interagendo con un assistente virtuale, ad esempio via instant messaging, con un chatbot su sito web o con un assistente vocale come Alexa. Si tratta di un sistema che in altre nazioni è diffusissimo (in Cina WeChat fa scuola in questo senso) e che presenta diverse comodità, perché supera la barriera tra linguaggio naturale ed ecommerce. Ma un limite importante: "Oggi - racconta Villa - paghiamo il cattivo exploit di diversi chatbot messi in campo più o meno di recente e che non hanno funzionato bene. I loro limiti tecnici hanno generato una sensibile diffidenza per questo strumento". L'interesse dei consumatori però c'è e le tecnologie sono molto migliorate. Quindi vale la pena riprovarci.

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