L’ecosistema digitale italiano al centro dello studio 'Next Generation DigITALY', realizzato con Ambrosetti e presentato in occasione del Forum di Cernobbio assieme ad alcune proposte
Che il capitale umano digitale sia oggi tra le emergenze in Italia è cosa purtroppo nota. Ma uno studio elaborato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Microsoft Italia mette in fila alcuni numeri precisi che non lasciano spazio a dubbi.
La carenza di competenze rischia infatti di essere un vero e proprio freno alla competitività del Paese: sono circa 2,1 milioni i lavoratori a cui sviluppare skill digitali di base entro il 2026 per stare al passo con le esigenze di mercato, mentre sono addirittura 20 milioni i cittadini a cui l’Italia deve fornire una formazione digitale di base entro il 2030, per centrare l’obiettivo del Decennio Digitale Europeo di raggiungere l’80% della popolazione con skills digitali di base entro il 2030. Il problema del Paese non sono solo le skills digitali di base, ma anche quelle avanzate: l’Italia è ultima in UE per numero di iscritti a corsi di laurea in materia ICT in rapporto alla popolazione: 0,7 ogni mille abitanti, contro i 5,3 della Finlandia, leader in Europa.
Lo Studio “Next Generation DigITALY: come promuovere l’integrazione e lo sviluppo di un ecosistema digitale per accelerare l’innovazione e la crescita del Paese”, presentato a inizio settembre nell’ambito del Forum Ambrosetti di Cernobbio sul Lago di Como, si è posto l’obiettivo di definire una strategia Paese legata allo sviluppo dell’industria digitale italiana e all’integrazione di queste nuove tecnologie in tutti i settori.
Per definire le proposte chiave, nell’ambito del percorso di ricerca si è analizzato in profondità le politiche e le strategie esistenti a supporto del digitale, in Italia e in Europa; per poi mappare tutto l’ecosistema del digitale italiano e contrapporre i risultati dell’analisi rispetto ad alcuni best case internazionali individuati. Inoltre, nell’ambito della ricerca è stata lanciata una survey che ha coinvolto circa 130 imprese, quantificandone gli orientamenti ed i livelli di adozione del digitale. La survey ha evidenziato come i più grandi ostacoli all’adozione di tecnologie digitali in Italia siano la mancanza di una cultura digitale in azienda (52% delle aziende sondate) e la carenza di competenze (48%).
La ricerca non ha mancato di evidenziare tre messaggi chiave per il Sistema-Paese per promuovere l’integrazione e lo sviluppo di un ecosistema digitale: accrescere il capitale umano digitale, dotare il Paese di una politica industriale del digitale, e avanzare decisi con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Nel dettaglio, indica lo studio, l’Italia deve dotarsi di una politica industriale specifica per il digitale. Attualmente, il comparto ICT italiano risulta sottodimensionato rispetto ai competitor europei: non tanto nel numero di aziende, dove il Paese è quarto in Europa dietro a Polonia, Francia, Germania; ma è soprattutto nel dimensionamento medio delle aziende che l’Italia stenta, in nona posizione in UE. Il dimensionamento ridotto delle aziende italiane è un fattore di debolezza per crescere sui mercati internazionali e per creare valore e occupazione in tutto il Paese. Se, infatti, le aziende ICT italiane avessero un fatturato medio pari a quello delle aziende tedesche, l’Italia generebbe 249 miliardi di Euro di PIL in più, pari al 14% del PIL del 2021.
Ma non è solo l’industria del digitale ad essere debole: anche l’integrazione delle tecnologie digitale negli altri comparti è uno degli ambiti di miglioramento del Paese, specie tra le aziende di piccole dimensioni, in cui il 44% mostra una totale assenza di utilizzo di tecnologie digitali. Questo nonostante il digitale sia il più potente acceleratore di innovazione: lo evidenzia la survey, in cui le aziende evidenziano come il principale impatto del digitale sia quello di favorire innovazione di prodotto o di processo (73% dei rispondenti) e ricerca e sviluppo (67%).
Infine, il Paese deve continuare ad avanzare con decisione sul Pnrr, che rappresenta un’opportunità storica per accelerare sulla digitalizzazione del Paese, grazie ai suoi interventi per la digitalizzazione delle PA e per lo sviluppo di infrastrutture digitali moderne e competitive. L’85% delle aziende sondate ha infatti fiducia che il Pnrr possa accelerare la digitalizzazione del Paese. Dal PNRR le imprese si aspettano un impatto trasformativo che porti a più banda, meno carta e più competenze: ovvero maggiore connettività, dematerializzazione dei processi e skills digitali.
“Il digitale è una forza di crescita e sviluppo, sostenibile e inclusivo, per il nostro Paese. In particolare oggi, in una fase in cui, anche grazie agli investimenti e azioni del Pnrr, possiamo colmare il gap di innovazione con altre nazioni e sfruttare tutte le leve che la tecnologia offre a imprese e Pubblica Amministrazione per modernizzarsi e affrontare le nuove sfide globali. Siamo pronti a unire le forze con tutti gli attori in campo per rendere concrete le tre azioni proposte: competenze digitali per il capitale umano italiano, un comparto digitale made in Italy e infine accelerazione sul Pnrr, semplificando accesso ai programmi e fondi”, ha commentato Silvia Candiani, Amministratore Delegato di Microsoft Italia.