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Full stack observability a prova di business, il know how di NovaNext

La full stack observability è una disciplina sempre più protagonista nell’ambito IT, grazie alla sua capacità di offrire una visione unificata degli ambienti distribuiti che fanno capo alle moderne infrastrutture hardware e software aziendali. Ecco una guida pratica e un caso di eccellenza tutta italiana come NovaNext. Le soluzioni, le idee, le competenze

Cloud

La full stack observability è una disciplina sempre più protagonista nell’ambito IT, grazie alla sua capacità di offrire una visione unificata degli ambienti distribuiti che fanno capo alle moderne infrastrutture hardware e software aziendali.

Grazie alla full stack observability possiamo infatti determinare le cause di un malfunzionamento e risolverlo puntualmente, minimizzando i disagi che ne conseguono. Monitorando nel dettaglio tutti gli elementi dello stack tecnologico possiamo avere una comprensione profonda delle loro interazioni, risolvendo i possibili problemi ancora prima che si manifestino nella loro evidente criticità.

Le soluzioni di full stack observability attualmente presenti sul mercato sono progettate per integrarsi facilmente con le applicazioni aziendali, dialogando alla perfezione con i framework e i linguaggi più diffusi, per collezionare e interpretare tutti i dati necessari. Tuttavia, gli orizzonti osservabili sono a dir poco sconfinati, per cui i team IT devono saper necessariamente restringere il campo e focalizzarsi in modo mirato sulle effettive esigenze aziendali.

Per saperne di più sul tale fenomeno full stack observability abbiamo incontrato Sergio Ribba, CTO di NovaNext, Cisco Gold Partner, che ci spiega quali sono gli aspetti essenziali da considerare quando si parla di full stack observability in azienda e quale sia il valore aggiunto che le aziende dovrebbero effettivamente cercare di trarre dalle varie piattaforme di monitoraggio presenti sul mercato. In questo contesto, a fare la differenza, sono ancora una volta le competenze.







Perché si parla sempre più spesso di osservabilità?

La trasformazione digitale ha introdotto in azienda moltissimi nuovi servizi e ambienti, in particolar modo quelli cloud native, che a dispetto di una notevole semplicità d’uso per l’utente finale, sono caratterizzati da una natura composita, incredibilmente dinamica, che li rende intrinsecamente complessi da osservare e trattare.

Occorrono quindi strumenti specifici per osservare l’intero stack tecnologico di cui le aziende oggi dispongono, considerando il crescente ricorso ai servizi in cloud per soddisfare le esigenze di tutte le linee di business.

In cosa consiste oggi, a livello IT, il concetto di osservabilità e cosa si intende per “full stack”?

L’osservabilità consiste nel collezionare dati dallo stack tecnologico aziendale, coinvolgendo tutte le componenti, per ottenere una visibilità completa di quanto accade sull’infrastruttura IT, per tutto ciò che riguarda l’hardware e il software coinvolto. I sistemi di monitoraggio tradizionali consentono di acquisire e aggregare fondamentalmente tre tipi di dato: metriche, tracce e log.

L’osservabilità non rappresenta pertanto un concetto nuovo, la novità interviene quando si cerca di fare il passo successivo. A questo punto entrano in gioco gli aspetti che ci consentono di osservare in maniera dinamica anche la User Experience (UX), combinando tutti i dati acquisiti in una correlazione che coinvolge tutta la pila tecnologica, per comprendere end-to-end non soltanto gli aspetti informatici, ma anche quelli di natura esperienziale, che incidono direttamente sulla qualità dei servizi erogati, in termini di soddisfazione per l’utente finale.

Quando si è in grado di osservare tutti questi aspetti sull’intera infrastruttura IT parliamo di full stack observability.

Dal punto di vista dell’analisi dei dati, l’approccio full stack è molto più impegnativo, non a caso le moderne piattaforme di osservabilità integrano funzionalità di intelligenza artificiale e machine learning, che consentono al sistema di apprendere e migliorare progressivamente le proprie capacità di correlazione dei dati osservati. Questi strumenti consentono di instaurare, oltre al tradizionale approccio reattivo, anche quello proattivo, basato sulle analisi predittive.



Osservare “manualmente” i servizi e le applicazioni attive on-premise e nei vari ambienti in cloud pubblico e privato è dunque un’impresa che non ha più senso tentare?

Sarebbe oltremodo limitante. Sono troppe le variabili che intervengono ed abbiamo a che fare con numeriche di dati sempre più elevate. Si crea una situazione imponderabile, anche soltanto per effettuare delle valutazioni di tipo reattivo, quando un problema si è già verificato. Le moderne piattaforme di osservabilità consentono di avere una visibilità in tempo reale di tutto ciò che accade sui sistemi e sulle applicazioni monitorate, individuando in anticipo i potenziali problemi, consentendoci di prevenirli. Attraverso i dati di relazione degli utenti è inoltre possibile acquisire quei feedback essenziali per migliorare la qualità dei servizi e delle applicazioni.

Queste piattaforme consentono dunque di automatizzare le operazioni necessarie per monitorare in tempo reale lo stack tecnologico?

L’automazione è indubbiamente uno degli elementi essenziali per gestire i dati provenienti dalle fonti osservate, soprattutto quando si utilizzano sistemi dotati di funzionalità AI, che altrimenti rimarrebbero del tutto sottoutilizzate. L’automazione consente il totale controllo dell’ambiente operativo.

I principali elementi dell’automazione di un sistema di osservabilità sono essenzialmente quattro: discovery, instrumentation, baselining e update.

Per discovery intendiamo l’individuazione automatica, in tempo reale, di tutti gli elementi da osservare.

Per instrumentation ci si riferisce alla capacità di controllare gli elementi dello stack tecnologico senza la necessità di dover configurare o parametrizzare le operazioni di raccolta dei dati (metriche, tracce, log e UX), in quanto queste operazioni vengono svolte automaticamente, in maniera dinamica, ogni talvolta che si manifesta un nuovo evento.

Sono contestualmente necessarie operazioni di baselining, per stabilire quale sia nel tempo il normale funzionamento da cui intercettare le devianze. Devono essere inoltre rese implicite le operazioni di update, per ridurre ai minimi termini le operazioni manutentive e ottenere dal sistema di observability un ambiente costantemente aggiornato, sicuro ed efficiente nel fornire le risposte richieste.

Perché un’azienda oggi non dovrebbe rinunciare all’osservabilità?

Come detto in precedenza, l’osservabilità deve abbinarsi all’abilità nello sfruttamento dei dati derivanti. È fondamentale che la piattaforma impiegata sia in grado di garantire visibilità sull’intero stack delle tecnologie impiegate e di valutare direttamente la UX. Garantendo inoltre l’individuazione attraverso AI della causa dei problemi. Se siamo in grado di fare questo, e di farlo correttamente, possiamo ottenere dei vantaggi davvero importanti, in grado di generare benefici non soltanto al reparto IT, ma all’attività di tutte le linee di business.

L’interpretazione del risultato fornito dall’elaborazione dei dati, visto il vasto coinvolgimento di tecnologie, richiede competenze poliedriche. Gli ambienti IT sono sempre più complessi, ed occorre saper interpretare in modo corretto i risultati delle analisi. Un sistema di osservabilità, grazie alle correlazioni della AI può offrirci scenari predittivi relativi alla sfera del networking, del computing, degli elementi allocati in cloud oppure nei processi del software di elaborazione o nei database.





Un sistema di full stack observability, per quanto evoluto e completo nelle proprie funzionalità, rappresenta dunque soltanto il punto di partenza per una corretta procedura di osservabilità in azienda?

È naturale pensare che l’impiego della giusta piattaforma di osservabilità, oltre a rispondere ai principi già citati, si abbini ad un apporto consulenziale, scegliendo un partner tecnologico che abbia le competenze richieste per coprire le necessità derivanti dall’osservazione dell’intero stack tecnologico. Difficilmente le aziende dispongono internamente di tutte queste competenze.

Una realtà come NovaNext dispone di un dimostrabile know-how al fianco di molte decine di aziende, con la sua pluridecennale esperienza in progetti diversificati sull’intera pila tecnologica e le competenze distinte in contesti come reti, sicurezza, computing e multi-cloud.

Sulla base di questa esperienza possiamo garantire una serie di servizi gestiti che consentono di implementare in modo corretto ed efficace una piattaforma di full stack observability in azienda, fornendo i giusti strumenti con la sensibilità e le competenze indispensabili per valutare in maniera sia strategica che puntuale tutte le situazioni che si presentano.

All’atto pratico, un consulente esperto in fatto di osservabilità, quali servizi deve garantire alle aziende che gli affidano la gestione di questi aspetti?

Deve saper innanzitutto identificare proattivamente l’insorgere di qualsiasi potenziale problema. Deve fornire al suo cliente una completa comprensione delle dinamiche osservate nelle transazioni, in modo da valutare interventi migliorativi.

In altri termini, la diagnosi dei possibili problemi e la loro analisi nella prospettiva dell’intera pila tecnologica consente di ottenere risultati concreti, senza perdere inutilmente tempo con analisi dispersive, che nella quasi totalità delle situazioni non consentono di rilevare nulla di significativo, pur comportando un importante dispendio di risorse.

Un consulente esperto in materia di osservabilità sa analizzare le esigenze di business di ciascuna azienda e la sua esperienza sul campo, oltre alla conoscenza tecnologica degli strumenti utilizzati, risulta determinante per individuare le soluzioni più efficaci. Non è possibile generalizzare, bisogna procedere caso per caso, in quanto ogni realtà dispone di un contesto molto specifico.

In particolare, ritengo che il valore aggiunto della consulenza vada ben oltre il risultato nella sfera tecnologica, agevolando vari aspetti del business aziendale, fornendo risposte nella prospettiva del miglioramento degli obiettivi di mercato, garantendo vantaggi competitivi attraverso l’erogazione di servizi ed applicazioni in grado di incidere sulla positiva esperienza del loro utilizzo, creando la giusta percezione qualitativa e fidelizzando la clientela.

I sistemi di full stack observability consentono dunque di monitorare una varietà e una quantità pressoché infinita di dati e applicazioni, ma di fronte a questo sconfinato universo analitico, cosa devono fare le aziende per ottenere le valutazioni effettivamente utili e funzionali per il loro business?

Dovrebbero innanzitutto pensare ai loro obiettivi di business, senza focalizzarsi soltanto sugli aspetti IT, che dovrebbero rimanere nell’orbita strumentale dell’osservazione. Le avanzate tecnologie di cui attualmente disponiamo dovrebbero essere impiegate per dotare l’IT di un nuovo ruolo, che consiste nel veicolare alle varie linee di business tutte le informazioni utili per il business, per migliorare i servizi, grazie alle valutazioni oggettive che derivano dall’analisi dei dati relativi alla UX.

In quali termini è possibile osservare la UX lungo l’intero customer journey?

Vanno essenzialmente tenuti in considerazione due fattori. In primo luogo, dobbiamo concentrarci nell’osservare la soddisfazione che l’utilizzatore di un servizio da noi erogato dimostra nel suo effettivo impiego. Si tratta di considerazioni prevalentemente tecniche ed informatiche, che devono darci delle risposte concrete circa la qualità delle applicazioni.

Faccio un esempio pratico. Se monitorando le nostre applicazioni e-commerce rilevassimo che un’alta percentuale di utenti non finalizza un acquisto online dopo aver inserito i prodotti nel carrello, potrebbe esserci un problema tecnico valutabile in back-end, come un malfunzionamento, un tempo di attesa eccessivo o il fatto che il sistema di pagamento online abbia dei problemi nelle sue fasi procedurali, che derivano da servizi esterni alla nostra applicazione.

Le possibilità sono tantissime, ma osservando in tempo reale l’applicazione siamo facilmente in grado di diagnosticare i possibili problemi per offrire spunti decisivi ai progettisti. Questo può fare davvero la differenza in termini di business.

Il secondo fattore fondamentale in cui l’osservabilità può supportare in maniera propositiva il business invece quando si manifesta?

Oltre agli aspetti informatici, attraverso gli strumenti di osservabilità, possiamo finalmente osservare anche gli aspetti di design dell’esperienza, per capire se ci sono eventuali problemi dovuti ad un’esperienza utente problematica, come accade nel caso in cui i servizi erogati non soddisfino le esigenze dei clienti, o riescano soltanto in parte nel loro intento, generando delle evidenti criticità per il business.

In questo caso, il problema non si manifesta a livello tecnico e informatico, ma siamo comunque in grado di analizzare le interazioni che gli utenti instaurano con i canali aziendali per offrire alle linee di business competenti tutti gli elementi necessari per migliorare la qualità del loro operato, funzionalmente agli obiettivi di business aziendali.

La full stack observability diventa quindi una disciplina in grado di dialogare con tutti gli attori aziendali, compresi i decisori non tecnici?

Per migliorare i risultati aziendali oggi non possiamo più prescindere da questo aspetto, dobbiamo saper trovare delle risposte a tutto sesto e l’osservabilità full stack ci consente di farlo. La trasformazione digitale sta portando tutte le attività a generare in tempo reale dati analizzabili per comprendere nei minimi dettagli qualsiasi dinamica di business.

Limitare l’osservazione agli aspetti informatici sarebbe riduttivo, perché gli strumenti di cui disponiamo, se utilizzati in maniera consapevole, ci consentono di ottenere molto di più, ottimizzando l’investimento nell’IT per soddisfare una gamma di esigenze molto più ampia. I servizi e le applicazioni aziendali devono funzionare in maniera corretta, ma devono essere contestualmente coerenti con le esigenze di business. Per questo dobbiamo essere in grado di esprimere i risultati analitici dell’osservazione in una lingua comprensibile a tutti gli attori aziendali.

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