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Thierry Breton delinea il futuro delle TLC europee

Il Commissario al mercato interno avvisa: le promesse della digitalizzazione richiedono investimenti che non possono essere tutti sulle spalle solo di Telco e Governi

Trasformazione Digitale

In un suo intervento in Finlandia, Thierry Breton, attualmente Commissario UE per il mercato interno, ha illustrato alcuni punti chiave su come l'Unione Europea vede il futuro possibile delle telecomunicazioni. In un discorso sulle "ambizioni digitali" dell'Unione, Breton ha infatti sottolineato che la connettività è la spina dorsale di tali ambizioni: senza reti con performance elevate non c'è prospettiva di crescita digitale. Ma queste reti non si stanno sviluppando, in Europa, come dovrebbero.

Come in altri campi, anche per quello delle telecomunicazioni l'Europa punta a un ruolo importante sullo scenario globale del prossimo futuro. Tra l'altro, con l'obiettivo esplicito di porsi in prima fila nelle attività di "definizione e standardizzazione delle tecnologie 6G". Restare indietro in questa corsa per la standardizzazione delle nuove tecnologie sarebbe un brutto colpo per il settore europeo delle telecomunicazioni. "Dobbiamo tenere bene in mente il rischio che viene dagli attori non europei, specialmente cinesi, nel processo di standardizzazione del 6G", spiega Breton.

Se le telecomunicazioni mobili e wireless sono certamente quelle di cui si parla di più, Breton mette in evidenza anche quanto sta accadendo nell'ambito delle reti fisse. Qui le cose non stanno andando affatto come l'UE sperava: c'è da accelerare nella costruzione di nuove infrastrutture a banda larga e questo richiede, ormai, un intervento comunitario.

L'idea è quella di lanciare un nuovo Gigabit Infrastructure Act che si pone l'obiettivo di velocizzare e rendere più economico lo sviluppo delle reti broadband. Questo attraverso tre passi: facilitare i processi amministrativi di autorizzazione per la costruzione di nuove reti, agevolare la condivisione delle infrastrutture fisiche per chi crea reti 5G, spingere l'installazione di nuove reti in fibra ottica.

Il Gigabit Infrastructure Act, spiega Breton, "è quello che definirei una soluzione a breve termine". A lungo termine c'è da pensare a una rivisitazione del mercato TLC, in funzione delle evoluzioni tecnologiche dell'IT e delle telecomunicazioni. "Virtualizzazione della rete e network slicing sono sempre più comuni e connettività, computing – inteso come High Performance Computing, cloud o edge computing – e storage stanno convergendo", spiega Breton.

Tutto quindi diventa più complesso, tecnologicamente e come andamento dei mercati (Breton parla di una "Internet value chain" sempre più articolata). Per questo, secondo la UE, gli operatori Telco vedono progressivamente cambiare il loro modello di business: quelli che sinora sono stati investimenti incrementali diventano più spese operative, mentre l'offerta delle Telco non riguarda più solo la connettività in sé ma si fa un vero e proprio IaaS.

Serve una consultazione

Le norme europee che regolano il mercato delle telecomunicazioni non sono in linea con questo scenario, devono quindi evolvere. Per questo sarà lanciata, già questo mese, una consultazione pubblica "sul futuro della connettività e delle infrastrutture". Con l'obiettivo di definire due questioni chiave: quali investimenti servono per dare all'Europa l'infrastruttura necessaria alla digitalizzazione del prossimo futuro, come garantire che questi investimenti si concretizzino per tempo.

In sostanza, sintetizza Breton, si cercano le risposte a due domande: dove si deve investire, come si dovrebbe farlo? E la terza domanda, implicita ma non troppo, è: su chi deve ricadere il peso degli investimenti che saranno necessari? Un peso che, si sottolinea, "non dovrebbe essere solo sulle spalle dei Paesi Membri o del budget UE".

Ecco quindi affiorare un tema non nuovo: le "tech company" di tutto il mondo stanno cavalcando la digitalizzazione globale facendo grandi profitti ma assumendosi, quando si tratta di infrastrutture, pochi oneri e pochi rischi. Già oggi sono proprio queste aziende a usare la maggior parte della banda delle nuove infrastrutture di telecomunicazioni e questo accadrà certamente anche in futuro. In confronto, le Telco se la passano decisamente peggio e vedono i loro margini ridursi quasi continuamente. Il che non aiuta certo lo sviluppo, da parte loro, di nuovi investimenti infrastrutturali.

Così Breton ricorda che "tutti gli attori del mercato che si avvantaggiano della digitalizzazione dovrebbero dare un equo e proporzionato contributo ai servizi e alle infrastrutture pubbliche". Come a dire: lo sviluppo delle - come si diceva una volta - "autostrade digitali" va pagato anche da tutti quelli che poi le usano. Comprese le tech company.

Sullo sfondo c'è poi l'intenzione di creare un Mercato Unico per le telecomunicazioni. Perché la frammentazione dell'Unione in tanti piccoli mercati nazionali ha portato, secondo Breton, a modelli di business non ottimali - l'esempio citato è quello delle aste nazionali per lo spettro radio - che impediscono all'Europa di esprimere il suo potenziale. E, aggiungiamo noi, le sue economie di scala.

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