La Commissione lancia il Gigabit Infrastructure Act e una consultazione su come facilitare lo sviluppo veloce delle infrastrutture broadband europee
Come aveva già anticipato il Commissario Thierry Breton, la Commissione Europea ha messo in atto due interventi che mirano, nelle intenzioni, a potenziare il settore europeo delle telecomunicazioni. Il primo intervento riguarda la connettività a banda larga e intende fare da impulso per gli Stati membri perché potenzino le loro infrastrutture di rete fissa. Il secondo intervento riguarda le dinamiche del mercato Telco; l'Unione Europea vuole definire nuovi modi in cui i grandi Service Provider che usano le reti pubbliche contribuiscano materialmente al loro sviluppo.
Il primo intervento comprende in realtà due azioni parallele. La più importante è la presentazione della bozza del cosiddetto Gigabit Infrastructure Act, una nuova normativa comunitaria che dovrebbe accelerare lo sviluppo delle reti broadband in Europa. Insieme a questa bozza, la Commissione ha anche presentato la nuova Gigabit Recommendation, una collezione di linee guida che le Authority nazionali delle telecomunicazioni dovrebbero seguire in merito alla condivisione delle infrastrutture di rete.
Il Gigabit Infrastructure Act parte dalla constatazione che la digitalizzazione in corso richiede la presenza di connessioni a banda larga in una quantità e con una diffusione che al momento, in Europa, mancano. La Broadband Cost Reduction Directive del 2014 era nata per favorire lo sviluppo delle infrastrutture broadband, ma non ha funzionato a dovere e realizzare reti fisse a larga banda resta un processo lungo e costoso. I singoli Stati hanno sviluppato proprie normative per agevolare tale processo, ma questo ha portato a uno scenario eurpeo nel complesso frammentato e poco efficiente.
Il Gigabit Infrastructure Act cerca di sbloccare la situazione introducendo alcuni punti fermi comuni, a livello UE e non solo nazionale, che agevolano lo sviluppo delle infrastrutture. Ad esempio, l'accesso da parte di un operatore alle reti pubbliche o di un altro operatore deve essere in linea di massima sempre garantito, a prezzi equi, per evitare di duplicare gli sforzi infrastrutturali. I dati realitivi alle reti già installate devono essere accessibili e condivisi. Le opere civili necessarie per realizzare nuove reti potranno essere coordinate direttamente dagli operatori di telecomunicazioni, per semplificarne l'iter complessivo.
Altre misure definite dal nuovo regolamento spingono per velocizzare la concessione dei permessi legati ai lavori di rete. Le autorità pubbliche, ad esempio, non potranno "limitare, sfavorire o rendere economicamente meno attraente l'installazione di qualsiasi componente delle reti ad alta capacità". In particolare non potranno rallentare la concessione dei diritti di passaggio. Inoltre, per legge tutti gli edifici di nuova progettazione (i cui diritti di costruzione sono stati concessi almeno un anno dopo l'entrata in vigore del Gigabit Infrastructure Act) dovranno avere un proprio cablaggio in fibra ottica realizzato secondo specifiche ben precise e comuni a livello UE.
La Gigabit Recommendation è destinata alle Authority che regolano i mercati nazionali delle telecomunicazioni e che per questo devono decidere su questioni come la concorrenza, l'accesso equo degli operatori alle rispettive infrastrutture, la definizione delle aree cosiddette a fallimento di mercato, i prezzi wholesale della connettività, i modelli usati in generale per definire le dinamiche di costo del settore TLC, l'abbandono progressivo (e regolato) delle vecchie reti in rame. Su tutti questi temi la Commissione Europea dà ora delle nuove linee guida da seguire per favorire l'ammodernamento generale delle reti broadband.
La novità che fa probabilmente più notizia è però un'altra: l'ufficializzazione della Consultazione attraverso cui la UE intende capire come e quanto può portare i Service Provider, con in prima fila i grandi nomi statunitensi, a investire direttamente nello sviluppo delle reti europee. La Commissione europea ovviamente non la mette su questo piano ma annuncia una "ampia consultazione esplorativa sul futuro del settore della connettività". L'obiettivo esplicito della consultazione è definire di che tipo di infrastrutture broadband la UE abbia bisogno nei prossimi anni e come queste possano essere finanziate al meglio.
La Commissione parla di "un dialogo aperto con tutti gli stakeholder" ma è anche chiara sul punto chiave: potenzialmente, tutti quelli che traggono vantaggio dalla digitalizzazione dovranno contribuire agli investimenti necessari a realizzare le reti broadband che la sostengono. Un contributo definito "equo" ma che rappresenta un fatto nuovo, una questione che la Commissione ammette essere complessa. E che richiede una analisi approfondita prima di poter stabilire se esiste effettivamente il bisogno di un intervento specifico. Sempre tenendo conto che non è in discussione il principio della net neutrality.
Come potrebbero reagire i grandi nomi della Rete, che non sono mai citati esplicitamente ma sono le principali parti coinvolte loro malgrado? Le Google e le AWS del caso hanno sempre sostenuto che in realtà loro investono largamente in infrastrutture, facendo riferimento alla costruzione della rete globale di cavi sottomarini che trasportano dati tra le varie parti del mondo. Se venisse loro chiesto di investire anche nelle classiche reti fisse broadband potebbero riversare i relativi costi direttamente sui loro clienti. Oppure, è stato ipotizzato, agire più direttamente e acquisire piccoli operatori Telco locali. Se proprio si deve investire in infrastrutture nazionali, è il principo, allora tanto vale farle anche proprie.