Da una ricerca emerge che dipendenti e decision maker delle imprese del nostro Paese hanno una diversa percezione in materia di ‘workplace experience’
Una ricerca Ricoh rivela che dipendenti e decision maker delle imprese del nostro Paese hanno una diversa percezione in materia di “workplace experience”: per fare un solo esempio, oltre tre quarti (76%) dei responsabili decisionali dichiara di implementare processi e tecnologie che tengono conto dell’experience dei dipendenti, ma di questi solo il 62% concorda con questa affermazione.
La ricerca, commissionata da Ricoh alla società di analisi Opinium, per capire se le aziende sono in grado di sviluppare ambienti di lavoro che rispondono alle esigenze dei dipendenti, ha coinvolto un campione di 1.000 lavoratori e 250 responsabili decisionali in tutta Italia, mentre i risultati sono stati successivamente analizzati da CEBR, Centre for Economics and Business Research.
È anche emerso che più di un terzo (35%) dei dipendenti sostiene che le innovazioni introdotte nell'organizzazione non si traducono poi in un impatto positivo sul modo di lavorare. Ciò significa che molte imprese non riescono a comprendere e a rispondere ai bisogni delle persone quando si tratta di trasformazione digitale. Di conseguenza, è probabile che gli investimenti tecnologici che dovrebbero migliorare l’esperienza lavorativa non portino ai risultati sperati.
Le organizzazioni che non cambiano questo approccio mettono a repentaglio produttività e crescita del business, nonché l’acquisizione e la retention dei talenti. Questo risulta ancora più rilevante se si considera che un dipendente su tre (31%) cita l’ambiente di lavoro e l’experience come fattori determinanti per rimanere in un’azienda. Da notare che la sostituzione dei talenti più validi può essere molto dispendioso in termini di risorse economiche: la ricerca ha infatti rilevato che il costo medio in Italia è ogni volta di 10.800 euro in media.
Nonostante ciò, il tasso di adozione di tecnologie per digital workspace volte a migliorare l’esperienza delle persone è ancora basso. Attualmente, un’azienda italiana su tre non utilizza software a supporto della produttività e del project management (37%) e nemmeno soluzioni per l’automazione dei processi (36%) o tecnologie per riunioni in cui alcuni partecipanti sono in presenza mentre altri lavorano da remoto (33%), nonostante i dipendenti ne richiedano l'implementazione.
Per creare un workplace attrattivo e che invogli le persone a farne parte, le aziende non devono solo consultare i propri dipendenti, ma assicurarsi di tenere conto dei loro feedback nella scelta delle soluzioni tecnologiche. L’implementazione di strategie e di tecnologie incentrate sulle persone migliora l’esperienza e la fidelizzazione dei talenti, consentendo al tempo stesso alle imprese di ottimizzare il modo di lavorare e di conseguire importanti risultati. La ricerca suggerisce che i dipendenti sono assolutamente consapevoli del ruolo delle tecnologie: la maggior parte degli intervistati (72%) afferma che sarebbe in grado di apportare valore aggiunto alla propria organizzazione se avesse a disposizione strumenti più adeguati.
“Le aziende stanno investendo in strumenti e tecnologie in grado di garantire crescita e competitività costanti. Il nostro studio mostra però come questi investimenti non riescono a rispondere alle esigenze dei dipendenti e a rendere il lavoro più semplice, più efficiente e, in molti casi, più coinvolgente. I decision maker non possono permettersi di indugiare: senza un ambiente di lavoro ottimale, i dipendenti potrebbero iniziare a guardarsi intorno. Le persone devono essere poste al centro di qualsiasi trasformazione del workplace. Occorre comprendere i loro bisogni e le loro difficoltà ed agire di conseguenza. Questo è vitale per attrarre e trattenere i talenti, migliorare la produttività e la collaborazione e garantire un senso di soddisfazione e di coinvolgimento in tutta l’organizzazione”, commenta Nicola Downing, CEO di Ricoh Europe.