Uno studio della Linux Foundation indica che le imprese sanno bene che l'open source non è a costo zero, ma lo considerano comunque vantaggioso rispetto alle alternative
Perché le imprese usano l'open source? Sembra una domanda poco sensata se consideriamo che i progetti open source vedono coinvolte tutte le principali aziende IT e supportano, di fatto, qualsiasi infrastruttura tecnologica. La Linux Foundation però ritiene che non sia mai stata fatta una analisi approfondita e quantitativa su come le aziende percepiscono il valore dell'open source. E quindi ne ha commissionata una, che ha dato risultati - secondo la Linux Foundation - in parte raramente espressi da analisi simili.
Il primo risultato di questo genere è che le aziende sono ben consce del fatto che adottare l'open source ha comunque un costo, perlopiù indiretto, ma questo passa in secondo piano rispetto a un altro vantaggio del codice aperto: la velocità che porta nello sviluppare nuove applicazioni e nuovi servizi.
I principali fattori di costo percepiti collegati all'adozione dell'open source sono due: i costi di supporto nascosti dovuti alla mancanza di un supporto commerciale e i costi collegati a lacune - da gestire - nella sicurezza del codice scelto. In seconda battuta, altri fattori di costo riguardano l'addestramento del personale per acquisire competenze open source, i test del codice per certificazioni che l'open source adottato non aveva in partenza, la gestione di rischi legali collegati alle licenze open source o alla responsabilità legale dello sviluppo interno.
Insomma, le aziende mostrano di aver compreso che avere codice gratuito non vuol dire avere costi complessivamente azzerati. Ciononostante, si nota un netto squilibrio tra chi, alla fine, giudica che i costi dell'open source superino i vantaggi e chi pensa il contrario. Il primo gruppo ha raccolto il 21% del campione, il secondo il 68%. E secondo la maggioranza (49%) del campione il rapporto costi/benefici dell'open source migliora nel tempo, mentre solo il 6% circa indica che il rapporto peggiora.
Ma quali sono questi benefici così importanti? Tre spiccano in maniera evidente: la già citata possibilità di avere uno sviluppo interno più rapido, una maggiore produttività, il fatto di usare componenti standard e interoperabili. Sono citati anche altri fattori "comunitari" dell'open source, come la possibilità di scambiare conoscenze all'interno della community open source e di creare un ambiente di lavoro attraente e motivante.
L'analisi della Linux Foundation ha poi chiesto ai partecipanti di concentrarsi su uno specifico progetto recente in cui l'open source aveva avuto un ruolo importante. L'obiettivo era riuscire ad avere una visione più concreta e quantitativa dei benefici e degli svantaggi dell'open source, rispetto alle due ovvie alternative: l'acquisto di soluzioni commerciali o proprietarie e lo sviluppo completamente in-house.
Lo sviluppo interno è stato indicato come più costoso dell'open source dal 67% del campione, mentre il 21% ha dichiarato che fare tutto da soli sarebbe stato meno oneroso. La fetta maggiore del campione (46%) ha indicato che lo sviluppo in-house avrebbe comportato costi pari ad almeno due volte i costi dell'open source.
Anche tra chi considera l'open source più costoso dello sviluppo interno, poi, molti hanno indicato che comunque avrebbero scelto il primo rispetto al secondo. Perché il codice open source è già pronto, mentre qualsiasi sviluppo interno richiede il suo tempo e occupa risorse che potrebbero non essere disponibili immediatamente.
Acquistare una soluzione commerciale o proprietaria sarebbe stato ancora peggio, secondo il campione dell'indagine. Solo il 13% indica che i costi sarebbero stati inferiori a quelli dell'open source, mentre il 76% ritiene che il software commerciale sarebbe stato più oneroso. La fetta maggiore del campione (31%) indica che un prodotto proprietario sarebbe costato almeno quattro volte i costi dell'open source.