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Ascom UMS: l'innovazione è un gioco di squadra

Le aziende italiane sono consapevoli dei vantaggi che la digitalizzazione può portare, ma anche che molto delle competenze e degli stimoli necessari a crescere digitalmente viene da figure esterne

Trasformazione Digitale

"C'è un gap importante tra quello che il mercato può offrire e quello che le aziende sanno di poter mettere in campo. Se le normative di settore sono note, le potenzialità delle tecnologie digitali lo sono molto meno". Così Patrich Villa, Head of Channel Sales di Ascom UMS, riassume una delle conclusioni più significative di una indagine che l'azienda ha condotto su un campione di oltre 500 imprese italiane con almeno 10 milioni di euro di fatturato.

L'indagine ha esaminato tre tra i principali settori di mercato per Ascom (industria, logistica, retail) e si è dedicata in particolare al tema della sicurezza, ma dà più in generale indicazioni utili a capire come stia davvero andando la Digital Transformation in Italia, nel suo progressivo passaggio dalla parte IT a quella delle Operations nel senso più ampio del termine.

Alcune conclusioni sono, fortunatamente, in linea con le aspettative. Ad esempio, non stupisce che nelle imprese italiane la digitalizzazione e l'automazione siano ampiamente "sdoganate" per le appplicazioni che oggi in fondo sono le più collaudate: il monitoraggio (61% di citazioni) e la manutenzione (42% preventiva, 21% correttiva) dei macchinari. Altre applicazioni di particolare interesse, come la localizzazione e il tracciamento degli asset, sono meno gettonate, ma prevedibilmente.

Le aziende italiane insomma stanno sì cogliendo i segnali della digitalizzazione, il problema è che non tutte riescono a razionalizzare questi input per metterli in pratica al meglio. "L'approccio di molte aziende - racconta Villa - è ancora prevalentemente tattico. Tranne che nelle imprese più grandi e strutturate, c'è difficoltà a sviluppare una visione strategica e prospettica".

Sono, in parte, dolori di crescita. Anche l'indagine Ascom UMS sottolinea che alcuni elementi "storici" - come il ruolo dei sistemi informativi in quanto soggetto abilitante per l'entrata in azienda delle nuove soluzioni e l'importanza dell'accoppiata tra contenimento dei costi e maggiore efficienza dei processi operativi come obiettivi primari - valgono ancora oggi. Nonostante il maggiore coinvolgimento di figure come i responsabili di produzione e di impianto o la crescente attenzione alla sicurezza delle attività operative.

Anche per questo "nell'autovalutazione complessiva del livello di digitalizzazione e di automazione - racconta Villa - le aziende italiane medio-grandi si danno un voto sostanzialmente di sufficienza piena, anche qualcosa in più". Ma alcuni segnali di criticità si notano, specialmente per l'integrazione tra sistemi informativi, di business e operativi. Come anche per il livello di digitalizzazione dei sistemi di controllo.

Come si investe in innovazione

Quello della digitalizzazione peraltro è un cammino lungo, lo sanno anche le aziende italiane. Che oggi si differenziano non solo per ambito - "Il settore industriale è più maturo, mentre retail e specialmente logistica evidenziano quote di miglioramento più ampie: la digitalizzazione qui è fortemente polarizzata su alcuni settori operativi", commenta Villa - ma soprattutto nel loro approccio ai possibili investimenti.

In questo senso l'indagine Ascom UMS mostra che le aziende che intendono investire nel biennio 2023-24 hanno in mente obiettivi ben precisi: attività svolte in meno tempo (37% di citazioni), meno fermi macchina (36%), più efficacia dei processi (27%), strategie in stile Industry 4.0 (23%). "Chi prevede di investire - sintetizza Villa - punta soprattutto sulla gestione digitalizzata e automatizzata di tre aspetti: la manutenzione nelle sue varie forme, i flussi di lavoro in generale, le procedure dei lavoratori in funzione della sicurezza".

Va evidenziato che la quota prevalente degli investimenti previsti in digitalizzazione è, secondo il campione, dedicata all'aggiornamento delle soluzioni già in uso, non alla loro sostituzione. Nella imprese pare quindi esserci la consapevolezza che la soluzione già adottata è quella giusta. Un'impressione rafforzata da un altro spunto dell'indagine: chi non indica una intenzione di investire a breve lo fa soprattutto (55% di citazioni) perché è soddisfatto delle soluzioni in uso, solo marginalmente (15%) per problemi di budget.

È un buon segno, ma anche un rischio che lo staff aziendale resti sin troppo convinto delle proprie scelte e strategie, anche nel medio-lungo termine. Anche per questo, sottolinea Villa, "diventa importante il ruolo delle figure esterne, che possono portare nuova conoscenza e nuove idee".

In quest'ottica vanno considerate altre due evidenze dell'indagine di Ascom UMS. La prima è che le aziende italiane, nelle soluzioni potenzialmente interessanti, cercano tanto il prezzo quanto il supporto consulenziale di chi le propone. La seconda è che i consulenti esterni (professionisti autonomi o piccole realtà) sono di gran lunga (65% di citazioni) le figure che supportano maggiormente l'innovazione in azienda. Restano ben indietro i team interni (25% di citazioni), i vendor (22%), i system integrator (ancora 22%) e persino i CIO (20%).

Questa dinamica vale in tutti i contesti, conferma Villa: "Il CIO opera piuttosto come orchestratore, gioca sulle competenze esterne e attiva un buon coinvolgimento dei team interni". E le competenze, di processo e consulenziali, sono i primi aspetti che si cercano nei fornitori. Che su questo tema, evidentemente, giocano la loro partita: "le competenze saranno l'elemento chiave abilitante per portare nuova innovazione", conferma Villa.

Dalla teoria alla pratica delle soluzioni

Se il messaggio chiave dell'indagine è che la digitalizzazione serve, in generale, a far scorrere meglio i processi interni garantendo l'operatività e la sicurezza dei lavoratori, Ascom UMS qui può far valere una doppia anima: quella industriale storica di Ascom e quella legata agli ambienti critici ospedalieri acquisita con UMS una decina di anni fa. La filosofia di fondo è però la medesima in entrambi i campi: per prendere decisioni informate, anche in situazioni di emergenza, serve che le informazioni critiche arrivino al destinatario più idoneo e nel momento giusto. Fare in modo che ciò accada è il macrocompito della Ascom Enterprise Platform, che fa da strato software di interconnessione con tutte le infrastrutture legate all'operatività, in modo da veicolare le informazioni in modo coordinato.

In estrema sintesi, la piattaforma gestisce un circolo ideale che va dalla raccolta dei dati alla loro trasformazione in informazioni fruibili, passa per la distribuzione "garantita" di queste informazioni all'interlocutore corretto (e a dispositivi ad hoc, altro campo specifico di Ascom UMS) e arriva al monitoraggio continuo di queste operazioni e della loro correttezza. Con un focus specifico sulla citata "garanzia" di trasferire informazioni nel modo corretto: assicurare la certezza della comunicazione infatti è fondamentale negli scenari in cui le soluzioni Ascom UMS operano.

Da brava piattaforma, quella di Ascom UMS è poi in grado di integrarsi con componenti hardware e software di terze parti, mediante connettori standard o anche sviluppati ad hoc. Questo garantisce che le informazioni critiche siano davvero trasversali rispetto ad applicazioni, infrastrutture e dispositivi.

La Enterprise Platform può eseguire l'orchestrazione di flussi di lavoro di qualsiasi tipo. Operativamente, i responsabili creano i vari workflow con una interfaccia visuale drag-and-drop con cui mettere in sequenza le singole operazioni ed eventuali test condizionali. Gli operatori sul campo ricevono segnalazioni e notifiche sui loro device, rispondendo di conseguenza. La piattaforma così offre una timeline in tempo reale del processo per tutti gli operatori coinvolti. Tutte le operazioni vengono tracciate per la parte di reporting, che aiuta le aziende utenti ad avere una visione di sintesi - ma sempre "quantificata" - delle loro operations.

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