La complessità crescente e le richieste dei nuovi consumatori richiedono una piattaforma tecnologica unica e integrata, parola di Manhattan Associates.
Bello poter cambiare le condizioni di spedizione di un ordine in corso. Bello poter restituire un capo dopo averlo usato per quindici giorni e averlo ricevuto in due giorni lavorativi. Il retail cambia, aggiunge funzionalità alle piattaforme per la supply chain, perché il cliente lo chiede, anzi lo pretende, altrimenti non perde un attimo e va dalla concorrenza.
Ma dare la possibilità di cambiare indirizzo di spedizione a un ordine già partito è una di quelle condizioni che fanno crashare un sistema di delivery, se non si fa trovare pronto. E cosa dire del wardrobing? Che fare del capo restituito? Quanto costa un reso in termini economici e di sostenibilità? È di questo, ma anche di massimi sistemi tecnologici, di organizzazione e cultura aziendale, che si è parlato a Exchange 2023, l’evento annuale di Manhattan Associates che riunisce clienti e partner attorno al tema delle tecnologie per la supply chain.
Il big mondiale del comparto, che ha servito finora più di mille clienti del retail di grandi dimensioni, tra cui molti brand italiani soprattutto nel fashion, vede una prospettiva complessa e irta di ostacoli, a causa di fattori esterni e non prevedibili. In primo luogo, le abitudini mutevoli dei consumatori, che cambiano notevolmente a seconda della fascia d’età, ma anche della collocazione geografica, che portano a costruire intorno a loro le nuove funzionalità, oltre ai fattori esterni imprevedibili, come una pandemia, una guerra, un tasso di inflazione che erode il potere d’acquisto.
L’approccio, inevitabile, illustrato dal presidente e Ceo Eddie Capel prevede un cambio di mentalità per le aziende clienti che segua il principio dell’organizzazione secondo il concetto di flusso introdotto dallo psicologo Mihály Csíkszentmihályi nel suo saggio “Flow”. Un approccio in cui ogni azione è una logica conseguenza dell’azione precedente secondo un modello operativo fluido, appunto, e dinamico che si basa sull’osservazione e sull’esperienza.
Una supply chain fluida non può prescindere da una soluzione tecnologica unificata, nella fattispecie la Manhattan Active Platform, che cura tutte le fasi della catena di distribuzione. Manhattan Active Omni per la gestione omnicanale, Manhattan Active Wharehouse Management per il magazzino, Manhattan Active Transportation Management per la gestione dei partner di delivery, fino al Manhattan Active Yard Management, per la cosiddetta “gestione del piazzale”, ovvero l’ottimizzazione della merce nei mezzi di trasporto e delle partenze dai magazzini.
Un’unica piattaforma cloud native completamente ripensata che si appoggia sull’infrastruttura Google Cloud, e mette a disposizione dei clienti centinaia di microservizi in continuo divenire, senza nessun blocco degli stessi, secondo il classico approccio di sviluppo DevOps che prevede aggiornamenti e nuovi servizi almeno ogni tre mesi. Una tecnologia per un reale Unified Commerce.
“Una piattaforma aperta alle soluzioni dei partner (come lo storico Zebra Technologies per la componente hardware, ndr) e profondamente integrabile via API con tutte le componenti dell’infrastruttura del cliente – spiega ancora Capel”. Perché, se l’ideale è unificare, è anche vero che è difficile chiedere a un cliente di chiudere con il passato. In questo senso, la strategia Manhattan Associates è tipica di chi sa di essere leader assoluto da 15 anni nel relativo quadrante Gartner: approcciare il cliente con una componente, per poi espandersi grazie al ROI e agli ottimi risultati ottenuti.
Il cambio di paradigma, evidente, delle architetture pone il consumatore, e i team interni dedicati, come fulcro dello sviluppo, lasciando in secondo piano il prodotto. Una prospettiva, peraltro, pienamente in accordo con la visione strategica di ogni azienda innovativa in ogni mercato. Dare al consumatore ciò che vuole, insomma, è l’unico modo di differenziarsi rispetto ai concorrenti.
Non solo un sistema di delivery senza sbavature, ma anche nuovi elementi, come quelli introdotti dalla partnership con Google. Si parla, per essere concreti ma anche evidenti, di piccole caratteristiche come l’inserimento dei tempi di consegna o di un indicatore di sostenibilità in un widget Google CSS. Piccole funzionalità che fanno la differenza per i consumatori, ma che richiedono un sistema unico di Warehouse, Transportation e Yard Management, le tre componenti fondamentali della supply chain. “Ci proponiamo di eliminare i ponti – leggi connettori e integrazioni, ndr – tra le tre componenti fondamentali – spiega Brian Kinsella, Senior Vice President, Product Management – per ottimizzare l’intero processo”. E, evidentemente, ottimizzare significa ridurre i costi, sbagliare di meno ed essere pronti a reagire a ogni richiesta del consumatore in tempo (quasi) zero.
Tutti i clienti, da JD Group a L’Oréal e Decathlon, che hanno raccontato le loro storie sul palco di Exchange 2023 di Manhattan Associates evidenziano il salto di produttività ottenuto nell’automazione dei loro magazzini e dell’intero processo di gestione dei trasporti. La tecnologia presente è già ben consolidata, dal tagging RFID per una gestione corretta dell’inventario del punto vendita ai robot che supportano i team di magazzino nello stoccaggio e nella ricerca dei prodotti, fino all’Intelligenza Artificiale nella pianificazione dei carichi e delle consegne. Ma di strada ce n’è ancora tanta da fare: “Le supply chain sono reti complesse, interconnesse e interdipendenti di produttori, distributori e dettaglianti – afferma ancora Capel -. E se l’interconnessione è un valore, dall’altra parte l’interdipendenza le rende particolarmente vulnerabili”. La risposta, a quella percentuale (ancora troppo alta) di retailer che si ostinano a rimanere indietro è solo una: chi ha adottato una strategia di Unified Commerce, registra fatturati da 3 a 6 volte superiori.