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Deloitte: aziende italiane nel mirino, ma anche più consapevoli

Il report di Deloitte “Future of Cyber" delinea uno scenario in cui le conseguenze delle violazioni informatiche sono sempre più serie, ma fortunatamente anche sempre più percepite dal management

Sicurezza

In Italia il 98% delle aziende ha sperimentato almeno una violazione informatica nell’ultimo anno, con danni di entità grave o estremamente grave in circa 2 casi su 3. È quanto emerge dal report di Deloitte “Future of Cyber: una visione cyber-first per la sicurezza e la creazione di valore – Il punto di vista delle aziende italiane”. Il report presenta i risultati emersi dalle interviste a un campione di dirigenti italiani, condotte nell’ambito di uno studio globale di Deloitte, appartenenti a organizzazioni con almeno 1.000 dipendenti e 500 milioni di dollari di fatturato annuo.

Secondo il report, le conseguenze delle violazioni informatiche non si limitano solamente alla perdita di fatturato o alla riduzione del valore di mercato dell’azienda - lo indicano rispettivamente il 40% e il 36% dei dirigenti italiani intervistati - ma possono incidere sulle organizzazioni anche dal punto di vista normativo, comportando multe e sanzioni per inadempienza rispetto alle procedure in essere o per le violazioni dei regolamenti sulla cybersecurity, come riportato dal 52% degli intervistati.

Grave anche il rischio reputazionale, in termini di ripercussioni negative sull’immagine dell’azienda, secondo il 44%, con il possibile crollo della fiducia da parte della clientela paventato dal 46%. Una medesima percentuale (46%) sottolinea il rischio tecnologico, ovvero la possibilità di minore fiducia nella “tech integrity” dell’azienda. Infine, un 42% segnala le conseguenze strategiche ed operative, come il rischio di minori budget a supporto delle iniziative strategiche o le possibili interruzioni delle operations.

Il dato positivo è che la cybersecurity sta progressivamente assumendo un ruolo fondamentale all’interno delle aziende, garantendo sempre più il raggiungimento degli obiettivi di business e la creazione di valore per i propri stakeholder. Tutto questo si riflette anche sulle strategie d’investimento delle aziende stesse. "L'analisi dei dati relativi allo scenario attuale in materia di cybersecurity nel nostro Paese mette chiaramente in evidenza una crescente consapevolezza che queste violazioni impattano le aziende da molteplici punti di vista", dichiara Matthew Holt, Cyber Strategy and Transformation Leader di Deloitte.

Due terzi del campione intervistato da Deloitte in Italia prevede di investire di più in cybersecurity, segnalando un trend più marcato nel nostro Paese rispetto alla dinamica rilevata a livello globale (55%). Tali investimenti sono necessari anche per implementare con successo le iniziative di trasformazione digitale: nei prossimi 3 anni, infatti, le soluzioni tecnologiche considerate prioritarie saranno quelle di cloud computing, come dichiara più di un’azienda su 2, e a seguire quelle di Intelligenza Artificiale (38%), IoT (38%) e Data Analytics (36%).

La gran parte - 9 su 10 - dei dirigenti italiani intervistati ha dichiarato che le questioni legate alla cybersecurity sono regolarmente all’ordine del giorno del loro CdA, con cadenza settimanale (36%), mensile (30%) o trimestrale (24%). I CdA delle aziende desiderano infatti essere sempre più coinvolti sul tema tanto che, come emerge nel report, in 3 casi su 4 il Board riceve aggiornamenti regolari in merito allo stato dei programmi di cybersecurity.

Questo approccio consente all’organo direttivo di poter definire efficacemente le strategie e investimenti futuri, integrando al meglio il Risk Management nei processi aziendali. Non è un caso che addirittura 8 aziende su 10 stiano rivedendo la composizione del loro CdA per garantire all’interno dell’assemblea la presenza di professionalità con solide conoscenze tecnico-specialistiche in ambito cyber e con forti capacità di interazione nelle discussioni consiliari in grado di comprendere lo scenario attuale e futuro delle minacce cyber e le loro ricadute sul business.

L’importanza di una visione “cyber first”

Un’adeguata strategia di cybersecurity supporta le aziende nel generare valore, non solo in termini di crescita dei ricavi, come indicato dal 78% dei rispondenti, ma anche e soprattutto di “brand reputation” (92%), fiducia dei clienti (92%) e modello di business resiliente (82%) e agile (80%). Sfruttare appieno tale potenziale, rendendo la cybersecurity un vero e proprio fattore abilitante per il raggiungimento degli obiettivi aziendali, è possibile solo se questa viene integrata nella più ampia strategia di business.

Secondo il 62% dei dirigenti italiani coinvolti nell’indagine, l‘integrazione della cybersecurity all’interno delle strategie aziendali migliora l’efficienza nella gestione delle priorità di business sotto il profilo del risk management (94%), dal punto di vista della creazione di digital trust (92%), ma anche ai fini della trasformazione digitale (88%), poiché permette alle aziende di intraprendere percorsi di digitalizzazione con una maggiore sicurezza.

Al di là dell’impatto sulle priorità di business, l’adozione di un approccio strategico e integrato alla cybersecurity, secondo gli intervistati, affina la capacità delle organizzazioni di anticipare l’identificazione dei rischi (54%), di prendere decisioni in modo rapido e agile (48%) e di adattarsi prontamente all’evoluzione del contesto competitivo (46%).

La cybersecurity richiede comunque un’attenta pianificazione strategica: secondo lo studio di Deloitte, infatti, 8 aziende italiane su 10 rivedono e aggiornano i propri piani di cybersecurity su base annua. La quasi totalità delle aziende italiane (94%) ha già definito o sta definendo un piano olistico per la protezione da minacce cyber.

Le imprese italiane affermano di sviluppare e implementare piani operativi che valutano le modalità di protezione dai rischi cyber in ogni fase della gestione del trattamento di dati sensibili (96%) e dichiarano di includere in ogni valutazione, o di essere quasi pronte a farlo, la più ampia rete di stakeholder, monitorando ad esempio la “security posture” di partner e fornitori per i propri programmi di valutazione del rischio cyber (92%).

"La formulazione di strategie di cybersecurity in grado di mitigare efficacemente i rischi e generare valore aziendale passa necessariamente da una solida pianificazione. Da questo punto di vista le aziende italiane si stanno dimostrando particolarmente consapevoli. Quella della pianificazione è una fase essenziale per sviluppare e implementare strategie “zero-trust” rispetto alla cybersecurity, in grado di rafforzare la sicurezza degli ambienti aziendali digitali, semplificandone la gestione e migliorando la customer experience", commenta Holt.

Resta peraltro la questione dello skill shortage. Il tema della formazione delle professionalità qualificate nel campo della cybersecurity è centrale per le aziende italiane. La mancanza di talenti in questa area, riconosciuta da 4 leader italiani su 10 intervistati, richiederà la collaborazione di attori pubblici e privati per la sua soluzione. Non a caso, la quasi totalità delle aziende italiane ritiene la formazione delle proprie risorse e dichiara di aver già implementato dei programmi di training per i dipendenti (92%).

Affinché questi risultino efficaci, le organizzazioni devono però garantire che tale formazione sia erogata in modo continuativo, sia sempre aggiornata, sia coerente al “risk appetite” dell’azienda e offra percorsi differenziati e personalizzati. Circa 2 aziende italiane su 3 indicano che i programmi di formazione sono sì utili per dotare le aziende delle giuste competenze, ma sono anche uno dei principali strumenti per coinvolgere, trattenere e sviluppare i talenti.

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