Lo European Wind Power Action Plan serve a stimolare il mercato UE dell'eolico, non solo per aiutare l'ambiente ma anche per rafforzare i produttori europei nella "wind economy" globale
In Italia siamo poco portati ad associare la Green Economy con l'eolico, che ci sembra sempre una caratteristica (energetica) un po' marginale e più da nazioni del Nord. Nelle strategie europee di sviluppo economico la "wind economy" ha invece un ruolo importante. Per raggiungere l'obiettivo UE di una quota di energie rinnovabili pari ad almeno il 42,5% entro il 2030 - ma c'è l'ambizione di arrivare al 45% - la capacità eolica installata in Europa è un elemento chiave. E in prospettiva un po' deficitario: dovrebbe passare dai 204 GW del 2022 a oltre 500 GW nel 2030.
Senza un nuovo impulso di sistema, questa crescita viene giudicata improbabile dalla Commissione Europea. Il perché è presto detto: a causa di tutte le difficoltà che l'eolico incontra storicamente, ossia soprattutto una domanda insufficiente e poco prevedibile, autorizzazioni complesse per i nuovi impianti, gare d'appalto nazionali altrettanto complicate, uno skill shortage di settore.
L'eolico è anche un mercato che interessa molto Bruxelles perché i produttori tecnologici dell'Unione Europea vi giocano un ruolo importante. Lato turbine, ad esempio, dei dieci principali produttori mondiali (quelli che insieme fanno l'80% del mercato globale) quattro hanno sede in Europa. Altrettanti in Cina, che oggi rappresenta il principale competitor delle aziende europee e la cui crescita è un fattore di ulteriore allarme per la UE. Ecco quindi nascere lo European Wind Power Action Plan, un piano di sviluppo pensato ad hoc per dare un colpo al cerchio delle rinnovabili e uno alla botte della wind economy europea.
Lo European Wind Power Action Plan parte dal presupposto che gli ostacoli alla wind economy si possono superare con una risposta comune europea. Di sicuro serve coordinamento tra le politiche nazionali di sviluppo dell'eolico. Le aziende di settore devono poter prevedere l'andamento della domanda e i tempi per la realizzazione degli impianti, tempi che tra l'altro devono essere ridotti. Per questo si punta su digitalizzazione delle procedure di autorizzazione per gli impianti, migliore visibilità sulla riserva di progetti, pianificazione a lungo termine dello sviluppo dell'eolico, aste più trasparenti.
Servono però anche, come sempre, fondi. Così la Commissione vuole migliorare l'accesso ai finanziamenti da parte della wind economy, in particolare attraverso il Fondo per l'Innovazione e la Banca Europea per gli Investimenti. Alle aziende dell'eolico sono rivolte anche alcune iniziative per lo sviluppo delle competenze di settore e per riqualificare i lavoratori. In particolare, le accademie europee delle competenze nel settore dell'industria a zero emissioni nette svilupperanno contenuti e materiali didattici con l'obiettivo di formare 100 mila persone nei primi tre anni.
Ai vendor di settore arriva anche un'altro segnale: la forte crescita delle aziende cinesi dell'eolico non è passata inosservata. I 462 milioni di euro di deficit commerciale del 2022 con la Cina, nel settore dell'eolico, sono stati un serio campanello d'allarme: il timore è che questo deficit possa ripetersi e persino aumentare, anche a causa di pratiche commerciali sleali. Serve monitorare il mercato per evitarle, garantendo allo stesso tempo che le aziende europee possano accedere ai mercati esteri senza essere penalizzate. E anche qui il richiamo, indiretto, è alla Cina.