La migrazione al cloud è un dato di fatto, ma per le imprese non è diventata una cosa semplice. E il controllo dei costi preoccupa sempre di più.
Il cloud alla fine piace alle imprese di tutto il mondo, che lo stanno usando sempre più intensamente. Ma le stesse imprese indicano che il cloud sta diventano sempre più complesso e difficile da gestire, con impatti importanti su tutta l'organizzazione. Questo è il succo di quanto circa 750 responsabili IT di tutto il mondo, Italia compresa, hanno raccontato a Flexera per la compilazione del suo report State of the Cloud 2023. Da cui si traggono diversi spunti interessanti.
Il primo è che il cloud è sempre più mainstream: il 65% delle aziende del campione fa un uso intenso del cloud pubblico, mentre il 19% ne fa un uso moderato e il 16% uno "leggero". Nel campione, quindi, nessuno è più fuori dal cloud. Mediamente, il 53% dei workload di un'impresa è già nel cloud pubblico e nel giro di un anno questa percentuale salirà al 59%. Le PMI indicano percentuali superiori (67% oggi, 71% tra un anno) perché tendono più delle grandi imprese a "standardizzarsi" su un singolo public cloud provider, il che garantisce più semplicità di migrazione e operativa.
Attenzione, però: la strada cloud delle imprese è ibrida. Il 72% del campione Flexera ha adottato appunto un ambiente di tipo hybrid cloud e spesso di hybrid multicloud. Il 37% del campione usa infatti più cloud pubblici e più cloud privati, il 19% più cloud pubblici connessi a un solo cloud privato. Quote inferiori (9% e 7% rispettivamente) usano un cloud pubblico con più cloud privati oppure la "coppia chiusa" di un solo cloud privato connesso a un solo cloud pubblico.
Ci sono diverse ragioni per cui le aziende puntano su architetture multicloud invece di consolidare i propri workload. La principale (44% di citazioni) è avere applicazioni diverse su cloud diversi, ma conta ugualmente (42%) la volontà di avere configurazioni di failover o disaster recovery tra cloud diversi. Come anche (37% di citazioni) il fattore elasticità: le aziende vogliono poter spostare workload e dati tra cloud differenti. Non a caso il 30% del campione - un quinto in più rispetto alle valutazioni di un anno fa - vuole opzioni per l'intelligent workload placement.
La migrazione verso il cloud non è comunque banale e nel tempo non è diventata poi tanto più semplice. Il problema principale (49% di citazioni) resta tecnico: comprendere bene le dipendenze tra le varie applicazioni che si usano, in modo da non perdersi qualcosa per strada nel corso della transizione al cloud. Preoccupano poi anche la valutazione della fattibilità tecnica della migrazione (46% di citazioni) e la scelta dell'istanza cloud migliore (42%).
Tra i punti critici seguono poi due considerazioni di tipo economico: valutare il rapporto tra i costi del cloud e quelli dell'on-premise (41% di citazioni) e ottimizzare i costi post-migrazione (37%). Non sorprende quindi che l'iniziativa su cui le aziende vogliono concentrarsi maggiormente per il 2024 sia proprio ottimizzare i costi del cloud (62% di citazioni). A seguire: avanzare nella propria strategia cloud-first (55%), portare più workload in cloud (44%), passare dal software on-premise al SaaS (43%).
Per affrontare questa complessità le aziende si stanno strutturando ad hoc. Il 56% ha creato un Cloud Center of Excellence centralizzato, il 56% ha definito un team FinOps che ottimizzi i costi del cloud, il 27% ha delegato parte della complessità del cloud a un Managed Service Provider. In questo senso, contrariamente a quanto molti pensano, la tendenza a usare MSP è più marcata nelle grandi imprese che nelle piccole, perché le prime hanno ambienti cloud decisamente più complessi.
La complessità del multicoloud peraltro promette solo di aumentare, perché le imprese stanno differenziando la platea dei cloud provider da cui intendono fornirsi. Il divario tra i principali player sta riducendosi, con Microsoft e AWS che - tra uso effettivo o pianificato e sperimentazioni - sono praticamente alla pari (90% e 88% di citazioni, rispettivamente). E Google e Oracle sembrano guadagnare terreno per la propensione delle imprese a provare i loro servizi: raggiungono rispettivamente il 71% e il 54% di citazioni.
Lo scenario cambia se guardiamo solo alle PMI - che, attenzione, nell'analisi Flexera sono aziende niente affatto piccole: quelle con meno di mille dipendenti - perché le imprese di minori dimensioni puntano di più su AWS come provider ad ampio spettro. In questa fascia di mercato AWS mantiene quindi un buon margine su Azure, mentre tutti gli altri cloud provider pubblici vedono calare il loro utilizzo da parte delle PMI.
Per alcune delle sue analisi, Flexera ha dato anche un dettaglio europeo. Rispetto alla generica diffusione del cloud pubblico, le aziende europee indicano nel 62% dei casi di farne un uso intenso, il 20% ne fa un uso moderato e il 18% uno "leggero". Le percentuali sono quasi identiche alla media globale, quindi. Anche la risposta organizzativa alla complessità del cloud è allineata con la media: il 50% delle organizzazioni europee ha il suo Cloud Center of Excellence centralizzato, il 50% ha un team FinOps.
Qualche differenza tra Europa e resto del mondo la si nota nella scelta del public cloud di riferimento, perché le aziende europee tendono a privilegiare Microsoft Azure rispetto ad AWS. Il margine comunque non è molto: 8 punti percentuali se si combinano le indicazioni di un uso attuale per "workload significativi" e per "qualche workload", 6 se si considerano anche le sperimentazioni e le intenzioni d'uso.
La Google Cloud Platform e la Oracle Cloud Infrastructure restano ancora indietro nell'utilizzo attuale delle imprese europee ma il 19% del campione sta sperimentando la GCP e l'8% ha in piano di usarla in futuro, cifre che nel caso della OCI calano al 13% e al 5%. La GCP viene quindi tratteggiata come la piattaforma più "appealing" a breve-medio termine. Sempre che Google rafforzi la sua percezione di business cloud provider, un problema che Oracle ovviamente non ha.