Thierry Breton, Commissario europeo per il mercato interno, spinge per approcci nuovi ai mercati delle Telco
Se il titolo del keynote di Thierry Breton, Commissario europeo per il mercato interno, al Mobile World Congress è stato "Changing the DNA of our connectivity infrastructure", un motivo c'è. Più di uno, anzi, visto che il Commissario è stato abbastanza "prodigo" di indicazioni sul perché il mercato europeo delle telecomunicazioni non riesce ad avere uno sviluppo adeguato, o quantomeno lo sviluppo che si prevedeva qualche anno fa.
Il tema è particolarmente sentito al MWC 2024. Se tutti i grandi operatori Telco stanno investendo nella modernizzazione delle loro reti e ne parlano ben volentieri, il metaforico convitato di pietra è il mancato boom del mercato dei servizi innovativi basati sul 5G. È da qualche MWC che in effetti si aspetta un rilancio dei servizi a valore aggiunto - proprio grazie al 5G - rispetto alla guerra dei prezzi sulla connettività pura. Guerra che in questi anni non ha fatto bene a nessuno e che di fatto ha tolto agli operatori introiti che avrebbero potuto essere dirottati proprio sullo sviluppo delle reti 5G.
Pre-pandemia questo era un punto già chiaramente espresso dalle Telco europee, post-pandemia qualcosa si sta muovendo, in meglio, anche grazie ai fondi dei vari PNRR. Il problema è che questa ridotta accelerazione non basta e, ha ammesso Breton, le normative e la filosofia di mercato europee non hanno aiutato. Di base, ha spiegato il Commissario, c'è il problema che il tanto desiderato Digital Single Market europeo non si è davvero concretizzato. Almeno, non nella misura in cui ci si aspettava. Così le - tante, troppe - Telco europee non possono davvero rivolgersi a un grande mercato europeo e si devono muovere in mercati nazionali troppo frammentati.
"Gli operatori di telecomunicazioni devono poter operare in maniera trasversale in tutti i mercati europei", auspica invece Breton. Ma per fare questo serve per prima cosa, aggiunge, applicare anche alle telecomunicazioni il principio della nazione d'origine. Quel principio, cioè, secondo cui un operatore internazionale, nell'erogare un servizio, deve osservare solo le norme e le leggi della sua nazione e non anche quelle delle alre nazioni in cui quel servizio viene offerto.
Senza il principio della "country of origin" per le Telco diventa troppo complicato operare a livello UE, quindi qualcosa in questo senso andrà fatto. Con una logica conseguenza che gli operatori auspicano da tempo: un consolidamento del mercato europeo su un numero molto più contenuto di operatori. I numeri d'altronde sono impietosi: l'Europa è un mercato potenziale paragonabile a quello statunitense, dove però ci sono giusto 3-4 operatori mobili di rilievo rispetto alle decine della Vecchia Europa.
La concorreza fa bene, tutela i consumatori e la UE l'ha sempre sostenuta, stavolta però non ha aiutato il mercato e quindi non dobbiamo temerne una evoluzione-rivoluzione. "Dobbiamo bilanciare i bisogni del consumatori con la necessità di sviluppare l'economia", ha sottolineato Breton. E tra l'altro va abbandonata l'idea di definire a priori un equilibrio ideale del mercato: "Un numero magico di operatori attivi sul mercato europeo semplicemente non esiste".
Sono tutte lezioni che il mercato europeo deve imparare e mettere a frutto rapidamente, in particolare ben prima che si proceda alle future aste per le frequenze del 6G. "Non possiamo permetterci lo stesso risultato del 5G, che dopo sei anni dalle concessioni non rappresenta ancora una transizione completata", ha avvisato Breton. Che è stato esplicito: nel caso del 5G le aste dello spettro radio sono state usate dagli Stati europei per riempire le loro casse, senza lungimiranza.
Così le Telco hanno pagato le frequenze a caro prezzo e non hanno, dopo, avuto abbastanza fondi per sviluppare bene subito le reti 5G. Per il 6G serve un approccio molto diverso: "la spectrum policy deve avere una vera ottica europea" - ha sottolineato Breton - e l'assegnazione delle frequenze deve privilegiare non gli operatori semplicemente disposti a pagare di più subito ma quelli "che intendono investire per un vero svilupoo delle reti".
Ovviamente, non ci sono solo il 5G e il 6G sul tavolo delle telecomunicazioni europee. Innanzitutto, entro il 2030 le linee in rame devono essere dismesse a favore delle reti ottiche, il che - sottolinea Breton - richiede anche una nuova legislazione che faciliti lo sviluppo di queste ultime. E anche in questo caso le considerazioni di mercato non sono banali.
C'è poi da lavorare sulla sicurezza delle reti, che per la UE in questo momento implica anche un lavoro comunitario sulla cifratura quantistica. Lo sviluppo del quantum computing procede, anche se per molti appare ancora come un computing assai futuribile, quindi è opportuno muoversi per tempo in modo da evitare che più capacità di calcolo comporti rischi per la protezione delle informazioni. "Dobbiamo sviluppare una quantum-safe encryption europa, in particolare uno standard che sia implementato a livello UE", ha sottolineato Breton.
Insomma, le questioni sul tavolo sono molte e complesse. Serviranno interventi comunitari importanti, tanto che Breton auspica un Digital Network Act europeo ad ampio raggio. "Ci siamo vicini", ha avvisato il Commissario, indicando che una nuova normativa sarebbe a vantaggio di tutti, utenti e service provder allo stesso modo.